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Benedetto Croce «Il Giornale d'Italia» (10 agosto 1943)

Il pacifismo è morto

Il pacifismo – come l’amore – è un sentimento vivo, che deve essere alimentato. Se si dà per scontato, muore.

23 Luglio 2023

Il pacifismo è morto

foto @Twitter

Non parlare mai di amore e di pace: un uomo ci ha provato e lo hanno crocifisso (Jim Morrison).
Il pacifismo è morto. Per troppo tempo, in Italia, abbiamo pensato che la pace fosse qualcosa di scontato. “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Nella celeberrima alternativa tra burro e cannoni, fino a pochi anni fa nessuno avrebbe scelto i cannoni. Poi, il pacifismo è morto. “Senza un’informazione basata sui fatti e non manipolata, la libertà d’opinione diventa una beffa crudele”. (Hannah Arendt). Persino i più convinti pacifisti – manipolati da un’informazione che occulta i fatti, mistifica e fa propaganda – hanno scelto i cannoni.
Il pacifismo – come l’amore – è un sentimento vivo, che deve essere alimentato. Se si dà per scontato, muore. Assuefatti a questa perdita, indifferenti, diventiamo complici del male.
Essere agnostico non significa vivere privi di un’etica: la mia è un’etica laica che distingue ciò che è bene da ciò che è male e la guerra, non ho il minimo dubbio, è sempre il male:
“Che cosa ne sarà e che mi importa dell’umanità, della beneficenza, della modestia, della temperanza, della dolcezza, della saggezza, della pietà, quando una mezza libbra di piombo tirata da seicento passi mi fracassa il corpo, e io muoio a vent’anni in tormenti inesprimibili, in mezzo a cinque o seimila moribondi, quando i miei occhi, che si aprono per l’ultima volta, vedono la città in cui sono nato distrutta dal ferro e dal fuoco, e gli ultimi suoni che odono le mie orecchie sono le grida delle donne dei bambini che spirano sotto le rovine, il tutto per i pretesi interessi di un uomo che non conosciamo?” (Voltaire)
Sul mio balcone non sventola il ridicolo vessillo colorato. Ho sempre detestato gli ingenui che esponevano la bandiera della pace accanto al lenzuolo con la scritta “andrà tutto bene”.
Decine di migliaia di morti, più di dieci milioni di profughi, parte di una nazione devastata, “tormenti inesprimibili”.
Rileggo le parole di Bertrand Russell, il famoso manifesto pacifista scritto insieme ad Albert Einstein ma anche "War and Non-Resistance" (agosto 1915, The Atlantic Monthly): "Avremmo dovuto mettere Shakespeare sul monumento a Nelson, e dare Apsley House a Darwin. Ma i cittadini che ogni nazione onora di più sono quelli che hanno ucciso il maggior numero di stranieri".
La mia etica laica non può tollerare questo orrore. Sento il sangue caldo, di altri esseri umani, colarmi sulle mani, immagino i corpi dilaniati, il dolore dei feriti e lo strazio dei loro cari, il pianto dei genitori di ragazzi mandati a morire nella guerra più oscena, una guerra per l’egemonia geopolitica.
Mi sento complice, direttamente responsabile eppure impotente. Griderei “Not in my name”, abbraccerei gli ultimi esseri umani capaci di pietas, l’ultima speranza per l’umanità.
Pietas, il più nobile dei sentimenti, quello che nasce negli esseri umani che sanno ancora apprezzare lo straordinario miracolo dell’unicità di ciascun essere vivente.
L’imperativo è Sieg oder Tod, vittoria o morte. Il lato rivoltante, osceno, animalesco dell’uomo è rispuntato. Un’ideologia che nega il significato della vita individuale, che vede nel numero il problema, che teorizza la necessità di sterminare quattro miliardi di sorelle e fratelli (“i mangiatori inutili”) per il bene comune si è ormai diffusa tra le élite.
Nessun miracolo sarà possibile, nessun Grande Risveglio potrà contrapporsi al Great Reset fino a quando l’odio prevarrà sull’amore.
Quando il mondo rivela all’uomo
La sua brutalità
E non ci sono parole per descriverne l’orrore.
Quando la crudeltà dell’uomo
Lascia un bimbo mutilato
E non ci sono parole per descrivere il suo dolore.
Il poeta prende la penna
E scrive
Amore, amore, amore.

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