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Estate 1992. La fine della Prima Repubblica

Francesco Cossiga aveva anticipato in modo istituzionale traumatico la fine della “Prima Repubblica”, infatti nell’incipit della primavera precedente, prendendo atto della sconfitta del Governo dell'epoca, e che aveva difeso per “combattere il degrado economico e il terrorismo”, e registrando l’incapacità del parlamento di varare le riforme necessarie, inferse un colpo mortale all’immobilismo e alla debolezza dei governi sottoposti a “estenuanti liturgie e alchimie partitiche"

19 Luglio 2023

Falcone e Borsellino

Fonte: Facebook, profilo MultiRadio Massafra

Il 19 luglio 1992, dopo aver pranzato a Villagrazia di Carini con la moglie Agnese e i figli Manfredi e Lucia, Paolo Borsellino, con la sua scorta, raggiunse la via D'Amelio, dove abitavano la madre e la sorella Rita. Alle 17 circa una Fiat 126 imbottita di tritolo, lasciata parcheggiata sotto l'abitazione della madre, perché non era stato predisposto un semplice provvedimento di polizia locale di divieto di sosta e di rimozione d’auto?, esplose al passaggio del magistrato, uccidendo oltre a Borsellino anche i cinque agenti di scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L'unico sopravvissuto fu l'agente Antonino Vullo, salvo perché al momento della deflagrazione stava parcheggiando uno dei veicoli della scorta. Il 24 luglio migliaia di persone parteciparono ai funerali privati di Borsellino, la famiglia non volle il rito di Stato: la moglie Agnese, infatti, accusava il governo di non aver saputo proteggere il marito, e volle una cerimonia privata senza la presenza dei politici, celebrati nella chiesa di Santa Maria Luisa di Marillac, scarsamente decorata e sita in periferia, dove Borsellino talvolta assisteva alla liturgia eucaristica. L'orazione funebre fu pronunciata da Antonino Caponnetto, l’anziano giudice che aveva diretto l'ufficio di Falcone e Borsellino: “Caro Paolo, la lotta che hai sostenuto dovrà diventare e diventerà la lotta di ciascuno di noi”. Pochi i politici: il presidente Scalfaro, Francesco Cossiga, Gianfranco Fini, Claudio Martelli. Il funerale è commosso e composto, interrotto solo da qualche applauso. Qualche giorno prima, i funerali dei 5 agenti di scorta si erano svolti nella Cattedrale di Palermo, ma all'arrivo dei rappresentanti dello Stato, con il neopresidente della Repubblica Italiana Oscar Luigi Scalfaro eletto sotto la pressione degli attentati di mafia a cadaveri istituzionali ancora caldi, una folla furibonda e stanca abbatté le barriere create dai 5.000 agenti organizzati per mantenere l'ordine, i palermitani, strattonando e spingendo, gridavano: "Fuori la mafia dallo Stato". Il Presidente della Repubblica venne tirato fuori a stento dalla calca, venne spintonato e schiaffeggiato con il il capo della polizia dell’epoca. La salma venne tumulata nel Cimitero di Santa Maria di Gesù a Palermo. Pochi giorni prima di essere ucciso, durante un incontro organizzato dalla rivista MicroMega, così come in un'intervista televisiva con Lamberto Sposini, Borsellino aveva parlato della sua condizione di "condannato a morte". Sapeva di essere nel mirino di Cosa Nostra e sapeva che difficilmente la mafia si lascia scappare le sue vittime designate. Antonino Caponnetto, che subito dopo la strage aveva detto, sconfortato, "È finito tutto", intervistato anni dopo da Gianni Minà ricordò che "Paolo aveva chiesto alla questura, venti giorni prima dell'attentato, di disporre la rimozione dei veicoli nella zona antistante l'abitazione della madre. Ma la domanda era rimasta senza risposta. Ancora oggi aspetto di sapere chi fosse il funzionario responsabile della sicurezza di Paolo, se si sia proceduto disciplinarmente nei suoi confronti e con quali conseguenze" (chi erano i padrini professionali e i riferimenti politici del funzionario di questura in quistione?). Riguardo all'ultima intervista concessa dal magistrato e i tagli relativi alla sua versione televisiva, furono citati anche dal tribunale di Palermo nella sentenza di condanna di Gaetano Cinà e Marcello Dell'Utri. Paolo Guzzanti aveva sostenuto che l'intervista trasmessa da Rai News 24 era stata manipolata, i giornalisti della rete gli fecero causa, ma fu assolto. Vi era concordanza tra la cassetta ricevuta e il contenuto trasmesso, ma non con il video originale. Alcuni enunciati erano stati omessi e alcune risposte estratte dalle domande e decontestualizzate. Quando Borsellino parla di "cavalli in albergo" per indicare un traffico di droga, non si riferiva a una telefonata fra Dell'Utri e Mangano come poteva sembrare dalla domanda dell'intervistatore (che faceva riferimento a un'intercettazione dell'inchiesta di San Valentino, che Borsellino aveva seguito solo per poco tempo), ma a una fra Mangano e un mafioso della famiglia Inzerillo. Nella sentenza Dell'Utri fu poi riportato il brano dell'intervista relativo all'uso del termine "cavalli" per indicare la droga e sulle precedenti condanne di Mangano, in una versione ancora differente rispetto alle due già diffuse, trascritta dal nastro originale. La versione dell'ultima intervista a Borsellino venne mandata in onda nel 2000 era di trenta minuti, quella originale era invece di cinquantacinque minuti. L'intervista integrale è stata pubblicata sul sito web 19luglio1992.org. Francesco Cossiga aveva anticipato in modo istituzionale traumatico la fine della “Prima Repubblica”, infatti nell’incipit della primavera precedente, prendendo atto della sconfitta del Governo dell'epoca, e che aveva difeso per “combattere il degrado economico e il terrorismo”, e registrando l’incapacità del parlamento di varare le riforme necessarie, inferse un colpo mortale all’immobilismo e alla debolezza dei governi sottoposti a “estenuanti liturgie e alchimie partitiche”. Cossiga si dimise dalla Presidenza della Repubblica il 28 aprile 1992, simbolicamente due mesi prima della scadenza del mandato.

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