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Seconda guerra mondiale, il risarcimento dei crimini nazisti in Italia dal '39 al '45 al vaglio della Corte costituzionale

Il 4 luglio la Consulta esaminerà il possibile ristoro dei danni subiti dalle vittime di crimini di guerra del Terzo Reich tra il 1° settembre 1939 e l’8 maggio 1945

03 Luglio 2023

Seconda guerra mondiale, il risarcimento dei crimini nazisti al vaglio della Corte costituzionale

Fonte: Collettiva

L’articolo è il 43, comma 3, del decreto-legge numero 36 del 2022 concernente la disciplina del Fondo istituito per il ristoro dei danni subiti dalle vittime dei crimini di guerra e contro l’umanità per la lesione dei diritti inviolabili della persona compiuti sul territorio italiano (o comunque in danno di cittadini italiani) dalle forze del Terzo Reich nel periodo tra il 1° settembre 1939 e l’8 maggio 1945. E domani, martedì 4 luglio, sarà al vaglio della Corte costituzionale.

Il decreto impone allo Stato italiano di pagare i risarcimenti al posto della Germania

Il decreto, risalente al governo Draghi ed effettuato per evitare che la Repubblica Federale di Germania subisse la perdita di un assetto immobiliare nell'ambito di un pignoramento fissato dal tribunale di Roma in un caso di risarcimento di vittime del Terzo Reich, impone allo Stato italiano di ritenere indenne la Germania dalle pretese delle vittime italiane degli eccidi nazisti e di pagare tutti i risarcimenti al posto dello Stato tedesco.

La dotazione è di 20 mln per il 2023 e di 13 mln l’anno per il triennio 2024-2026

Come? Attraverso un fondo appositamente costituito dal decreto e istituito per decreto attuativo (pubblicato in Gazzetta ufficiale) dal ministero dell'Economia e delle finanze del governo Meloni, di concerto con il ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale e di quello della Giustizia “con una dotazione di 20 milioni di euro per l’anno 2023 e di oltre 13 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026”. Ma la quarta Sezione civile del Tribunale di Roma paventa una possibile violazione degli articoli 2, 3, 24 e 111 della Costituzione, dando così nuovamente la parola alla Corte costituzionale.

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