31 Maggio 2023
La cultura comunista era deleteria, schematica manichea moralistica, ma era una faccenda seria, la subcultura della nuova sinistra è solo sciagurata e a distanza di sessant’anni non tramonta: sempre quel ribaltamento osceno, il delinquente come santo, la vittima come carnefice, le dotte cretinerie dei francofortesi, dei Marcuse, la stupida redistribuzione morale di Marx, a ciascuno secondo i bisogni, da ciascuno secondo le possibilità, che si torceva, e non poteva essere altrimenti, nel contrario, a ciascuno secondo le pretese, da nessuno secondo le possibilità. Una subcultura chiesastica che si sposava all’intransigenza opportunistica cattolica originando quel cattocomunismo alla base dei deliri psicosociali, del terrorismo brigatista. E non passa, anzi esplode col woke, che è la nuova religione visionaria che gli apprendisti marxisti rivendicano senza capire o fingendo di non capirne lo sbocco, una fatale sottomissione al mercato delle pulsioni e delle vanità: un viado che si esibisce davanti a una scuola e poi dà di matto diventa “una ragazza”, un’eroina e tutti sono pronti ad amputarne i comportamenti, la pericolosità sociale; ad Abbiategrasso, narcolettico hinterland milanese, un moccioso prepotente accoltella un’insegnante, terrorizza con la pistoletta giocattolo i compagni e immediatamente assurge in fama di vera vittima, di perseguitato. A tanto riesce una testatina da showbusiness come questa Fanpage, il cui impareggiabile direttore è riuscito a sostenere, da ultimo giapponese, che le amministrative sono state un trionfo per Elly Schlein. Prendono la solita psicologa ultrà e le lasciano dire senza argine di decenza che “un brutto voto può creare disagio negli adolescenti”. Insomma se questo ha cercato di far fuori la prof, è lei che se l’è cercata: un’altra volta imparasse a non dar voti o almeno a dare sempre 10 e lode.
Quante volte le abbiamo sentite simili puttanate? Che poi è quanto pretendevano gli universitari e i liceali di fine anni ‘60, i movimentisti, i casinisti di facoltà: accontentati, coi risultati che si sarebbero constatati. Prendevano 30 e lode agli esami di gruppo dove non si parlava della materia ma della rivoluzione cambogiana e poi scendevano in strada con le chiavi inglesi a spaccar crani “fascisti”. E non si sarebbero mai pentiti perché non gli serviva: coccolati dagli Alberoni, dagli Acquaviva, dalla pletora di docenti che per opportunismo o per viltà si erano messi a capo delle proteste oniriche, e che, ottimi a fiutare i venti, si sarebbero poi riconvertiti le mille volte, socialisti da bere, postcomunisti, berlusconiani, leghisti, meloniani, schleiniani, buoni per tutte le stagioni, per ogni stagione. Era la peggio gioventù viziata, cattiva e ignorante, destinata però a venire imbucata per la forza delle famiglie, del censo, delle raccomandazioni, delle reti di potere, in politica, nelle redazioni, nelle edizioni: da Lotta Continua a Mediaset, ai panfili di De Benedetti, sempre con la solita spocchia, sotto la quale un vuoto culturale, morale, spaventoso. Ma sono campati una vita nel mito autoriflesso dei migliori, nel quale è cascata anche una destra succube e rancorosa.
La tendenza alla deresposabilizzazione, allora come oggi, all’impunità censitaria o compassionevole, viene spacciata per garantismo, un garantismo spumeggiante ma foriero di sicuri cortocircuiti, alla Sansonetti che difendeva il terrorista pluriassassino Cesare Battisti agitando inesistenti persecuzioni giudiziarie: e quando il delinquente si decise a confessare tutto, ammettendo che la magistratura lo aveva trattato coi guanti bianchi, ha fatto finta di niente, è passato a garantire altri benemeriti, uno degli ultimi l’incredibile Soumahoro, quello con gli stivali infangati che nessuno ha mai visto nel fango. “Tu sei obiettivamente fascista ma io ti lascio parlare” recita il garantismo di Sansonetti; peccato nessuno mai gli risponda “e tu sei obiettivamente un ammazzagiornali”, che è una formula gentile, probabilmente troppo indulgente, ma che almeno manda uno a uno e palla al centro. Ma forse non è fattibile, di solito i meglio garantiti sono i garantisti. Tra i garantendi, i politici ladroni, o quelli inetti, o quelli che lasciano la natura libera di devastare e poi strillano ai cambiamenti climatici e, già che ci sono, chiedono altri soldi, altro potere; i terroristi ambientali, in fama di martiri, che saggiamente in Francia, in Olanda, in Germania trattano da fuorilegge pericolosi, sapendone le tentazioni e i burattinai, mentre da noi li invitano ai talk show dove danno prova di intolleranza pari solo all’ignoranza abissale; i grandi manager, grandi nelle ruberie e nei disastri, nei ponti che crollano; le madri cannibali; i figli che fanno il tiro al bersaglio coi massi dal cavalcavia o torturano i loro coetanei deboli o malati o anche gli animali o fanno morire di crepacuore un anziano solo e disabile, come qualche anno fa a Manduria lo straziante caso del pensionato Antonio Cosimo Stano, torturato e infine ucciso da una babygang in larga parte di maggiorenni, così giustificati dal paese: “Lasciateli stare, sono i nostri figli, qui non c’è niente, in qualche modo devono pur divertirsi”. Anche a Fermo capitò il caso del nigeriano Emmanuel accoppato a pugni da un picchiatore seriale, Amedeo Mancini: tutta la città al suo fianco, dal sindaco ai pizzaioli, e allo stadio compariva uno striscione con il suo volto epicizzato. Alla vittima diedero sì e no cristiana sepoltura. Mancini venne poi condannato a una intollerabile pena di 4 mesi, patteggiati e non scontati, e per poco la brava gente di Fermo non assaltava il Palazzo di Giustizia.
Che faccio, continuo? Per quanto, per una Biblioteca di Alessandria? Il paese è questo e noi siamo questi: un mostro di donna, una strega, non chiamatela madre, Alessia Pifferi, per andare a uomini lascia crepare la figlia di diciotto mesi da sola in una culla, una settimana a 40 gradi in una casa surriscaldata, le hanno trovato pezzi di federa del cuscino in corpo, mangiava quelli nel delirio: sono riusciti a dire che è una “mamma sfortunata”, che è una perseguitata, ha cercato di uscir di galera con la scusa di far visita alla tomba, il giudice ha detto no, ma poi dirà di sì perché il nostro perdonismo cattocomunista è ignobile, è laido. Quando un deviante si abbandona a comportamenti spaventosi, il perbenismo sociale lo esorcizza: è una persona fragile, è da sostenere, “curare non punire”. Ma curare come? Col grande business del salvacondotto virtuoso? Alberto Genovese, che alle feste stuprava le diciottenni cocainomani alle feste, rischia di uscire di galera dopo pochi mesi per una serie di intrugli giuridici, e fa pure l’offeso, non gli va di andare dal prete sociale a fare barchette di carta, lui vuole tornare alle sue occupazioni, alle sue feste. Fabrizio Corona, con 3 condanne definitive e 74 capi d’imputazione, molte recidive, fu tratteggiato come una specie di Gobetti, di Pellico, di Giordano Bruno al grido “non ha fatto niente”; e a stravolgere la realtà c’era un fronte traversale che andava da Filippo Facci al diversamente manettaro Travaglio. E Corona diceva: se apro gli archivi, se parlo, mi seguono tutti. Difatti è sostanzialmente libero, ha anche annunciato ill suo sbarco in politica e c’è da giurare che se lo contenderanno. Eh, che bello il garantismo spartito. Anni fa vado alla presentazione del libro del mio amico Massimo Coco, il figlio del giudice trucidato dalle BR, e si fa vedere l’allora vicesindaco di Milano Ada de Cesaris, PD: “Andiamoci piano” dice “con le colpevolizzazioni, avranno sbagliato ma le intenzioni erano buone”. E Coco sorrideva tristemente, lui ha inventato un termine, “viptime”, per dire che quasi sempre le vittime vanno d’accordo coi carnefici, li abbracciano, li perdonano, anzi “si perdonano a vicenda”, meglio se davanti a qualche telecamera. I radicali pannelliani, che riposano in memoria di benemeriti ma seppero essere a volte vergognosi, fondarono una delle loro intraprese deliranti, “Nessuno tocchi Caino”, per dire che il delinquente aveva sempre ragione, cazzi di Abele: è servita a spedire in Parlamento terroristi, pluriomicidi, infine la Bonino, quella col Turbante finanziata da Soros, ne ha fatto il suo strumento elettorale e ha imbarcato la coppia di terroristi neofascisti Mambro e Fioravanti responsabili di crimini tra i più efferati della nostra storia cosiddetta democratica.
Noi siamo questi e oggi davanti a uno stronzetto sedicenne che gioca ai rapper criminali e cerca di far fuori a coltellate la prof dobbiamo prendere atto che “è lui la vera vittima”, che arrestarlo per tentato omicidio “è una barbarie” (vedrete che l’accusa cadrà subito), che ha ricevuto un brutto voto e quindi ha reagito. Bravo, si attendono gli emuli, tanto todos caballeros. Che è, una novità? Non ci sono già le spedizioni quotidiane dei clan familiari a massacrare i professori che non si sottomettono ai bulli? Ma quei professori sono al 99% piddini, quindi debbono prendere atto che raccolgono quanto seminato. Non c’è la consegna, implicita ma notoria, per le scuole di non ribellarsi mai, di consentire tutto, tanto resistere è inutile, è velleitario? Destra o sinistra, ogni governo non fa del realismo rassegnato la propria strategia pur di durare? Avete mai sentito dire di uno stupratore clandestino che è colpevole? No, la colpa è “della società”, del colonialismo, dell’uomo bianco maschio tossico sessista e oggi inquinatore. Tremilacinquecento anni di etica, di didattica, di puro buon senso nel cesso e tirare la catena. Il PD non ha già depositato alcune proposte di legge per abolire i voti, poi anche i giudizi, poi anche le sanzioni se uno dà fuoco alla scuola? Uno come Nichi Vendola non faceva intere campagne elettorali col seguente argomento, sentito da chi scrive: “Il merito a scuola non ci deve entrare, merito è una parola fascista, i bambini sono come violini, come le nuvole di Pasolini”? Sparafucile, retori, imbonitori, tromboni hanno sempre avuto vita facile in questo paese, facile e ben remunerata. Sono le persone serie a prendersela nel culo. Niente voti, niente valori, niente distinzioni; vale la percezione: dite che la società non funziona così, che arriva la resa dei conti, che nessuno su queste basi assumerà mai nessuno per nessun lavoro? Che una comunità organizzata non può reggersi sulla pretesa del più violento, quella è la mafia, è la regressione allo stato presociale? Che ci frega, noi li chiamiamo fascisti, facciamo una bella legge che obbliga all’inclusione e tutto va a posto. Siamo o non siamo garantisti? C’è una cosa, si potrebbe eventualmente approfondire quella curiosa faccenda per cui dopo gli assurdi, repressivi lockdown con annessa didattica a distanza, le patologie psichiatriche giovanili sono esplose del 1200% cioè non si è salvato nessuno, una violenza concentrata, compressa che alla prima occasione sarebbe esplosa come da un colossale vaso di Pandora. Ma qui il garantismo si ferma sulle ragioni del regime: tutti colpevoli nessun colpevole, la procura di Brescia scagiona Conte e Speranza, Bergoglio premia Mattarella, e più non dimandare.
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