16 Marzo 2023
A questo punto abbiamo un problema. Un problema di ordine pubblico. Un problema di istituzioni. Un problema di polizia, di ministro dell'Interno che, sia detto a prescindere dalle strumentalizzazioni di sinistra, si conferma drammaticamente inadeguato. Dopo Napoli non sussiste più il minimo dubbio. Perché Napoli arriva dopo i rave, dopo gli anarchici, dopo lo sfascio di Torino, dopo i vandali in nome di Cospito lasciati liberi. Dopo proclami puntualmente rimangiati. Dopo un modo di comunicare, ma questo è l'ultimo dei problemi, che ha del disastroso. La politica ministeriale, di Meloni per il tramite di Piantedosi ha dello sconcertante: cedere, mollare, contenere, farsi duttili su qualsiasi cosa nel timore, nel terrore di passare da fascisti. Il risultato è che il governo lassista sulle devastazioni passa per fascista: che senso ha? La subalternità del nuovo potere di destra alle code di paglia della sinistra è desolante: a Napoli in seicento, ottocento, quelli che sono, inscenano una assurda guerriglia, siamo stati facili profeti ieri, per una partita di pallone e il governo non sa metterci una pezza che sia una. Sì, d'accordo, il balletto delle istituzioni, lo scaricabarile o palleggio italiano fra prefetto, Tar, con l'avallo dell'UEFA che lascia libera circolazione a un'orda di matti e di delinquenti. Tutto quello che si vuole, ma alla fine un ministro di polizia che ci sta a fare se si arrende regolarmente alle escandescenze politiche o sportive?
A questo punto ad avere un problema siamo noi, noi cittadini di Torino Milano Napoli Roma ma è anche il premier la quale sa di non poter continuare in questo modo. A Napoli, perso per perso, andavano prese misure drastiche, misure militari senza star tanto a calcolare che i cosiddetti tifosi dell'Eintracht fossero di matrice “antifascista” e quindi difficili o delicati da reprimere: siamo al governo o su “Scherzi a parte”? Balordi raggiunti da altri balordi, quelli dell'Atalanta in falange che ce l'hanno, ricambiati, coi napoletani. E Napoli è l'ultima città dove lasciar scorrere le violenze di piazza tant'è vero che subito ci si sono buttati i casinisti, i situazionisti, gli anarcoidi e i camorristi in una situazione alla fine ingovernabile, un puttanaio incontrollato. Ma non si può decentemente sostenere che un simile esito fosse inevitabile: va detto con la massima onestà che trattavasi di scenario atteso alla luce dell'incompetenza di un ministro di polizia e dell'attendismo suicida del suo diretto superiore che è il capo del governo: la faccenda, poi, si può proiettare su svariati altri ambiti della sicurezza pubblica. Dopo disastri del genere la stampa di soccorso, e ovviamente al potere non manca mai sia di sinistra, di destra o trasmigrante dall'una all'altra parte, per non lasciar capire niente e per scusare tutto indulge nei dettagli tecnici, nei sofismi, nei bizantinismi, negli specialismi da iniziati. Ma alla fine onestà impone di usare il rasoio di Occam: le cose sono chiare, sono lì, c'è un ministro di polizia che per qualsiasi accadimento o escandescenza non sa intervenire e non fa intervenire. “Perché non fate niente?” chiedevano i torinesi, atterriti, terrorizzati davanti alla furia anarcoide. E le forze di sicurezza li guardavano ma non si muovevano, avendone ricevuto ordine in tal senso. A disastro caldo il prefetto o questore locale ha pronunciato una frase incredibile: “Chi l'avrebbe detto”. Davvero era impensabile lo scempio urbano da centinaia di balordi a tempo pieno, ritrovatisi per la causa di uno stragista in galera, nella città del centro sociale più violento e farabutto d'Italia, l'Askatasuna?
Ecco, è precisamente la logica del “chi l'avrebbe detto” che ha rotto i coglioni. Voi, dovevate dirlo e dirlo prima; se ci arriva il cittadino con tutte le sue approssimazioni, i suoi luoghi comuni che lo intossicano, se ci arriva lui col rasoio di Occam maldestramente adoperato al “vedrai che succede un casino” a maggior ragione deve arrivarci un funzionario che ha il polso della situazione, ha le informazioni che gli servono e gli provengono dagli apparati di sicurezza, dagli infiltrati, dagli organi di controllo in loco. Se non ci arriva, se non è in grado, va rimosso sia prefetto, questore o ministro. E, per favore, lasciassero perdere i dettagli poco utili, le scoperte dell'acqua calda, la eterna voglia dei mascalzoni di giocare alla guerra, le alleanze delle tifoserie, gli odii incrociati, la fatidica latitanza “di una legge ad hoc” quando di leggi ce ne stanno a josa e magari anche troppe, lasciassero stare i precedenti in Italia e in Europa che servono sempre al benaltrismo dell' “e allora quelli? E allora l'altra volta?” e così il rimpallo coi governi di prima. Le cose alla fine sono chiare, le macerie sono chiare e niente le giustifica. Le cose stanno che non possono essere sette o ottocento esaltati tedeschi, affiancati da compari bergamaschi, a invadere una città, a distruggerla, ad andarsene praticamente indisturbati; o almeno non possono essere più, visto che è già successo. Le cose stanno anche che se un ministro è incapace non lo rendi adeguato tenendolo, va tolto prima che succeda l'irreparabile. Oggi tutti dicono che a Napoli non c'è scappato il morto per miracolo. In caso, con quello sarebbe perito anche il governo e per ottime, oggettive ragioni. Piantala, Piantedosi. O meglio: piantelo Piantedosi, Meloni, perché una volta può andare di lusso, due volte pure, ma una terza occasione non c'è.
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16 Marzo 2023 - 16:50
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