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Lo scandalo UE-Qatar si allarga: ma che importa? Più sono coinvolti, più facile sarà voltare pagina

Siamo o non siamo nel tempo degli eroi negativi? Della vicepresidente europea Eva Kaili non si dice che è una presunta ladra, ma che è fascinosa; della moglie di Soumahoro, non che stava in una famiglia cui contestano la sparizione di 63 milioni di euro, ma che era “elegante”. Adesso danno un programma anche a Wanna Marchi e figlia: ma cosa è mai questa voglia, tra il mefistofelico e lo straccione, di esaltare il peggio del peggio?

20 Dicembre 2022

Lo scandalo UE-Qatar, come previsto, si allarga e allaga le istituzioni: ma che importa? Più sono coinvolti, più facile sarà voltare pagina. E ricominciare come prima

Presunti corrotti di Bruxelles

Che effetto fa spendere la vita tra fuoriserie e panfili? Messa così, sa un po' troppo di coglionaggine: è la vita che sotto sotto sognano tutti, anche gli anarcoinsurrezionalisti. Allora proviamo a riformulare la domanda: che effetto fa spendere la vita tra fuoriserie e panfili essendo di sinistra, coinvolti in ONG che hanno a cuore i “diritti umani”? Se pensate che sia fonte di imbarazzo, o siete ingenui o non siete di sinistra: “Antonio, ma non possiamo fare vacanze da centomila euro”, diceva in tono finto scandalizzato la moglie del sindacalista cigiellino piddino e poi speranzino Panzeri. “Come non possiamo!”, rispondeva lui tronfio. Povera donna, non si rendeva conto, non si è mai chiesta da dove venisse tanto lusso fra le mani di un sindacalista e adesso scarica il marito: lei cosa ne sapeva di tutti quei maneggi, della ONG “Fight Impunity”, pensate un po', combattere l'impunità, anche lo spiritoso faceva questo. La stessa che passava quattromila euro al mese al commissario Avramopoulos, il greco, vedi caso in rotta per il Golfo Persico. Questione di feeling. L'altra greca, la Eva, nominata vicepresidente del Parlamento europeo per accontentare i munifici qatarini e marocchini, più avvezza alle suite tropicali che alle celle carcerarie, si è subito messa a cantare. Prima ha cercato di scaricare il moroso palestrato, alla fine ha ammesso: sapevo tutto, cosa faceva lui, cosa facevo io (sic!) e anche della casa farcita di bigliettoni, del padre che cercava di portarne il salvo il più possibile. Questa, secondo voi, è gente che può provare vergogna?

Eh già, l'affare si allarga, adesso salta fuori, anzi dentro, anche la Commissione, nel solito effetto-domino di tutti quelli presi, è il caso di dirlo, con le mani nel sacco. Eva Kaili tira in ballo la superiore, la presidenta Roberta Metsola, quella che lanciava l'allarme, e subito si è capito perché; quest'ultima chiama in causa l'altra capa, della commissione, Ursula la Baronessa: sapeva tutto, mi ha incaricato lei eccetera. Come volevasi dimostrare. Ma chi ci crede che il più grande scandalo dell'Unione Europea (fino al prossimo) si esaurisse con questi quattro arraffoni? Sessanta solo gli europarlamentari, pare, senza contare commissari e burocrazia varia. Insomma a vario titolo ci stanno dentro tutti e non per dire bene dei regimi antidemocratici, si basi, ma per influire pesantemente sui traffici, i commerci, fino ad alterare le nomine, le procedure più o meno democratiche in seno all'Unione. Un organismo di palta, confermatosi più poroso di una vecchia spugna.

Fallirà questa Unione truffaldina e malavitosa? Difficile, è troppo grossa lei e troppo grandi sono i suoi affari loschi: questione di far volare gli stracci e poi si ricomincia, “con più fame che pria”. Del resto, è o non è il tempo dei malviventi, glorificati, esaltati, impancati a maestri di vita? Di questa Eva gli psicogarantisti estetici dicono: sì, avrà pure rubato, però guardala. Della cosca in capo a madame Mukamitsindo, la suocera del cialtrone con gli stivali, gli stessi alienati pseudogarantisti continuano a dire: li torturano perché neri. Erano loro a torturare i migranti, che sostenevano di salvare, loro che han fatto sparire 63 milioni di euro, loro che custodivano il mobilio dei mafiosi Casamonica, ma che importa? I garantisti questi dettagli li disprezzano, loro ascoltano le voci di dentro, voci garantiste. La lady tiktok si è presentata al giudice addobbata come per una diretta Instagram, non ha detto una parola ma ha preso a scaricare la madre, i fratelli, alla maniera grottesca della figlia del Mascetti: sparecchiavo... Da parte sua, il compagno galosce ribadisce il diritto all'eleganza della moglie, o compagna, vai a capire, ma sembra che a questo punto sia lei a distaccarsi da lui. Le femmine sono pratiche, vanno al sodo.

Le grandi truffe, le rapine a man salva vengono ammantate di garantismo, anche se palesi, anche se i protagonisti non forniscono uno straccio di spiegazione di ammanchi colossali e bugie evidenti; e c'è sempre quella voglia, tra il mefistofelico e lo straccione, di riabilitare il peggio, adesso danno un programma pure a Wanna Marchi e figlia, reduci da dieci anni di galera. Una sorta di Telethon per i carcerati, organizzata su Telelombardia dal gruppo radicale “Nessuno tocchi Caino” che dell'impunità ha fatto la sua bandiera. Vecchia storia: Caino è interessante, è intrigante, è lui la vera vittima, si ripete; Abele resta un debole, se non un imbecille e del resto è proprio Abele che regolarmente si precipita di corsa incontro a Caino, lo rivaluta, lo ascolta, lo stringe nell'osceno embrassons nous che piace tanto ai garantisti e ai revisionisti marpioni. Ma sì, che sarà mai. Rubavano, facevano la vita da sceicchi, pagati da sceicchi, ville, vacanze, resort, panfili e fuoriserie, ma così, per la famiglia, dei corrotti alla buona. “I soldi li ho presi ma per darli al sindacato”, come diceva quell'altro appena cacciato dal PD. Anzi, più sono i coinvolti e più è facile l'autoassoluzione di gruppo. Dentro tutti, pro domo, ciascuno a suo modo, faccendieri, familiari, lobbisti, ONG, politicanti, turbanti, presidentesse, commissarie, tutti senza imbarazzo Dice Letta, segretario a scadenza del PD più disastroso di sempre: “Nessuno si permetta di giudicarci, siamo noi le vere vittime, siamo parte lesa”. Dove, esattamente? E di chi? Sì, sarà mancata “un po' di attenzione”, ma che sarà mai, un po' di autocritica al selz, il solito paragone con la destra da trogolo, sporca e grufolante, e tutto va a posto. “C'erano dei rumors” ha detto quel capogruppo piddino a Bruxelles, il Brando Benifei dalla capigliatura situazionista, “secondo i quali Eva Kaili stava trasferendosi nelle destre”. Da studio hanno riso tutti, e, alla fine, rideva pure lui.

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