24 Maggio 2022
"Andreotti vicino ai mafiosi" è il giudizio contenuto in un report del 1992 del Dipartimento di Stato americano. La rivelazione è contenuta nel libro del professore della Luiss Andrea Spiri "The end, 1992-1994. La fine della prima Repubblica negli Archivi segreti americani". Nell'opera lo studioso svela il contenuto di un dispaccio risalente al 19 giugno 1992 realizzato dal Dipartimento di Stato Usa, l'equivalente del nostro ministero degli Esteri. Il documento è indirizzato ai desk diplomatici dei Paesi Nato, alla Casa Bianca, alla Cia e all'Fbi. Il discusso leader democristiano viene definito in maniera chiara dagli osservatori statunitensi come una personalità che ha rapporti con personaggi vicini alla Mafia. Legami poco limpidi che secondo gli americani sarebbero costati ad Andreotti la presidenza della Repubblica.
Il dispaccio risale a settimane estremamente difficili per la Repubblica italiana. Il Paese è nel caos politico e istituzionale più assoluto: la Democrazia cristiana e il Partito Socialista sono in calo di consensi, il Partito Comunista non esiste più e dalle sue ceneri sono nati il Partito Democratico della Sinistra e Rifondazione Comunista. Il 25 aprile, dopo le elezioni e con un governo ancora da formare, a sorpresa il presidente della Repubblica Francesco Cossiga si dimette prima della fine del mandato.
Il 23 maggio la Mafia dichiara guerra allo Stato col primo della serie di atti terroristici: a Capaci viene ucciso con una potentissima carica di tritolo il giudice anti-mafia Giovanni Falcone. È sull'onda emotiva della tragedia che il Parlamento esce dal pantano e al sedicesimo scrutinio elegge come capo dello Stato il democristiano Oscar Luigi Scalfaro. Andreotti, che alla vigilia ambiva alla poltrona più prestigiosa, fu sconfitto.
Un fallimento politico che secondo gli analisti americani non fu casuale: "Le ultime speranze di Andreotti sono svanite con l'assassinio di Falcone, per via dei rapporti che il capo del governo intrattiene con figure sospettate di essere in odore di mafia", si legge testualmente nel documento. Chiaro anche il giudizio verso il braccio destro di Andreotti in Sicilia, Salvo Lima, ucciso dalla criminalità organizzata nel marzo del '92: "fungeva da mediatore tra le famiglie mafiose e il governo".
Nove mesi dopo, nel marzo del 1993, Andreotti ricevette un avviso di garanzia dalla procura di Palermo con l'accusa di concorso in associazione a delinquere di stampo mafioso. Fu lui a rinunciare all'immunità parlamentare rinunciando all'autorizzazione a procedere per farsi processare. In primo grado il politico democristiano, allora senatore a vita, fu assolto perché il fatto non sussisteva. In appello, nel 2003, la Corte ribaltò parzialmente il verdetto del tribunale riconoscendo invece l'associazione a delinquere che però si era estinta per prescrizione.
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