07 Marzo 2022
fonte: Twitter @momentosera
Con la guerra in corso tra Russia e Ucraina in molti, anche qui in Italia, si stanno informando sullo ioduro di potassio e sulle compresse di iodio per contrastare le radiazioni di un eventuale bombardamento nucleare. Come affermano gli esperti però, una profilassi di questo tipo al momento non è necessaria. Se dovesse emergere un pericolo di questo tipo infatti non basterebbe un semplice integratore allo iodio ma farmaci specifici, che verrebbero distribuiti dalle Regioni e dalla Protezione Civili. Ma qual è il legame tra iodio e protezione dalle radiazioni?
La premessa scientifica su cui si basa l'uso di iodio in caso di attacco atomico è la seguente. All'interno del nostro organismo lo iodio viene di norma usato dalla tiroide per sintetizzare gli ormoni tiroidei, cioè quelli che regolano la crescita dell’organismo e il funzionamento del metabolismo. È proprio nella tiroide che avviene l'accumulo dello iodio, sia nella sua forma naturale che in quella radioattiva che si genera a seguito di un'esplosione nucleare (il cosiddetto iodio-131). Secondo l'opinione comune, mai confermata scientificamente, l'assunzione di compresse di iodio in via precauzionale dovrebbe consentire di saturare la tiroide con l'elemento "buono", impedendo allo iodio radioattivo di intaccare l'organismo.
Si tratta però di una diceria priva di fondamento. Gli integratori di iodio venduti in compresse sono infatti utili soltanto in casi documentati di carenza di iodio. In caso di pericolo radioattivo vengono invece utilizzate compresse di ioduro di potassio, che però possono essere ottenute soltanto dietro prescrizione medica. Come spiega anche Gianluca Aimaretti, ordinario all’università del Piemonte Orientale e presidente eletto della Società Italiana di Endocrinologia: "In caso di incidente nucleare, esiste un piano per rifornire di questi farmaci i target della popolazione più a rischio: gli under 18, le donne incinte e in allattamento. Si partirebbe da loro poiché si è visto che il rischio di sviluppare un tumore della tiroide a causa delle radiazioni cala sensibilmente dopo i 40 anni". Sarebbero però le istituzioni - e non i cittadini - a dover intervenire nel fornire appositi farmaci in grado di apportare iodio in dosaggi superiori anche di 700-1.000 volte rispetto agli integratori. Questo già a partire dalle 6-8 ore successive all'esplosione nucleare.
"Fare la corsa per acquistare integratori a base di iodio - aggiunge poi Aimaretti - non serve. Anzi: può essere dannoso". Considerando infatti l'attuale apporto nutrizionale degli italiani, già ricco di iodio grazie alla possibilità di usufruire di una dieta equilibrata e all'utilizzo del sale iodato per cucinare, un'ulteriore apporto dell'elemento nell'organismo può condurre a un pericoloso sovradosaggio con spiacevoli conseguenze per la salute. Tra queste diarrea, eruzioni cutanee, dolori addominali, reazioni allergiche e alterazione della funzionalità della ghiandola (come iper e ipotiroidismo). L'apporto giornaliero ideale di iodio nell'organismo è di circa 150 microgrammi, che però nelle donne in stato di gravidanza e allattamento deve raggiungere rispettivamente i 220 e i 290 microgrammi giornalieri.
Per il momento in Italia non si sta ancora registrando una corsa allo iodio da parte della popolazione, come conferma anche Roberto Tobia, segretario nazionale di Federfarma e presidente dell’Unione Europea dei Farmacisti: "In questo momento non si segnalano particolari carenze di integratori. Sappiamo però che, con la circolazione di queste notizie, esiste il rischio di una corsa sconsiderata all’acquisto".
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