17 Febbraio 2022
Fonte: Facebook Nicola Lupo
Erano le 17.30 di lunedì 17 febbraio 1992 e al Pio Albergo Trivulzio in via Marostica 8 a Milano c'era un grande caos: Mario Chiesa, socialista, veniva arrestato per concussione per una tangente da 14 milioni di vecchie lire che gli era stata consegnata dall'allora giovane imprenditore Luca Magni. Quel giorno segnò l'inizio di Mani Pulite, scandalo che ancora oggi, a distanza di 30 anni, continua a far parlare di sè. L'operazione - messa a punto dall'allora sostituto procuratore Antonio Di Pietro e dal capitano dei carabinieri Roberto Zuliani - smascherò per primo l'ex presidente del Pat e diede il via alla più clamorosa inchiesta giudiziaria italiana: Tangentopoli.
Fu nel 1993, un anno dopo quel 17 gennaio, che Tangentopoli arrivò alla sua massima espansione. La mafia era tornata a spaventare gli italiani, l'Italia intera era terrorizzata da stragi e attentati improvvisi, il Paese attraversava una pesante crisi economica e in molti non vedevano più la luce in fondo al tunnel. Furono ben 70 le Procure che, da Nord a Sud Italia, avviarono filoni sulla corruzione nella pubblica amministrazione. 12mila le persone raggiunte da procedimenti, indagini e accuse di vario titolo. Milano era al centro. La Procura del capoluogo lombardo non risparmiò nessuno: fece luce sul "sistema Milano" e proseguì con provvedimenti a carico dei vertici della DC e del PSI. Nel mirino delle indagini finirono persino i colossi dell'economia italiana: Fiat, Eni, Enel, Olivetti, Montedison, e per la prima volta nella storia, anche il gruppo Fininvest di Silvio Berlusconi.
Antonio Di Pietro, Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo furono i componenti del pool Mani Pulite. I tre lavoravano alla Procura guidata da Francesco Saverio Borrelli. Lo scandalo di Tangentopoli ebbe un impatto mediatico mai visto e i volti di Di Pietro, Colombo e Davigo finirono in prima pagina su tutti i giornali. L'opinione pubblica era sdegnata al punto che il 17 gennaio 1992 fu anche la data che segnò l'inizio del crollo della cosiddetta Prima Repubblica e l'inizio della Seconda. Nel giro di un paio di anni infatti partiti storici come la Democrazia Cristiana e il Partito Socialista Italiano si sciolsero per sempre per non riformarsi mai più.
In tutta Italia proseguirono decine e decine di inchieste, le quali offrirono un panorama fatto di corruzione diffusa, dal quale nessun settore della politica nazionale o locale appariva immune. Politici e imprenditori di primissimo piano furono inquisiti e travolti da una pioggia di avvisi di garanzia. Così, sulla spinta delle crescenti proteste popolari, il governo Amato arrivò addirittura a sollecitare le dimissioni di ogni suo componente raggiunto da un avviso di garanzia. Il sistema politico insomma, arrivò a un punto di vero collasso. Fra i nomi più eccellenti colpiti dal pool mani pulite spuntò Bettino Craxi, primo socialista ad aver rivestito l’incarico di Presidente del Consiglio dei Ministri. Dichiarato latitante il 21 luglio 1995, Craxi fuggì ad Hammamet, in Tunisia, dove mori anni dopo.
Dopo anni di dure inchieste, arresti inaspettati e scandali di ogni tipo, ad Antonio Pietro giunse - stando alle sue stesse parole - una terribile voce: pare che qualcuno gli stesse preparando "una polpetta avvelenata". Così, dopo essersi consultato con i colleghi del pool, il magistrato fu costretto a prendere una drastica decisione: togliersi la toga e dimettersi dalla magistratura con una lettera accorata. "Me ne vado in punta di piedi con la morte nel cuore", scrisse a chi aveva lavorato con lui e agli italiani che seguirono lo scandalo. Fu questa allora la fine di Mani Pulite.
Di Giorgia Belfiore
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