14 Giugno 2021
Fonte: Facebook
Sulla scomparsa di Sara Pedri, la ginecologa di cui si sono perse le tracce da qualche giorno, si è fatta sentire la sorella Emanuela. "Mia sorella non me la riporta più nessuno, ma spero di poter smuovere le coscienze raccontando questa storia, perché il silenzio non porta a nulla. Mi auguro che la storia di Sara possa salvare la vita di tante altre persone, prima che avvenga un’altra catastrofe". Dopo tre mesi di cui non si sa più nulla, Emanuela Pedri, la sorella della ginecologa trentunenne di Forlì scomparsa lo scorso 4 marzo a Cles, in Trentino, lancia un appello perché si faccia luce sulla vicenda. Le sue parole sono state riportate da Il Corriere della Sera.
Sara "era paralizzata dal terrore e la mattina si svegliava con l’ansia perché non voleva andare in quel posto (il reparto di Ginecologia dell’ospedale di Santa Chiara a Trento, ndr)", racconta Emanuela. "Mia sorella ha avuto un’involuzione, che si è verificata a livello lavorativo e non personale, perché ha un fidanzato e una famiglia che la amano. Le sue colleghe ci hanno segnalato le stesse cose che ci ha raccontato lei: turni di lavoro massacranti, abusi di potere, minacce continue".
E ancora: "Noi abbiamo visto pochissimo Sara nei tre mesi e mezzo in cui è stata a Trento. Perché sono riuscita a portarla a casa solo l’ultima settimana di febbraio, quando ho realizzato davvero quello che stava vivendo. Anche se mi ero già resa conto che c’era una difficoltà importante, perché ci sentivamo spesso. Lei che ha sempre avuto un tono di voce molto squillante, ha iniziato a sussurrare. Non dormiva la notte e non mangiava più".
"Sara era abituata ai cambiamenti, alla distanza e alla solitudine", continua la sorella. "Aveva vissuto il primo lockdown a Catanzaro (dove stava seguendo la specializzazione, ndr). Era vivace e sempre attiva. Ha raggiunto obiettivi importanti, senza mai lamentarsi. Quando è tornata a casa a fine febbraio, abbiamo visto una persona deperita, con il viso scarno. Era paralizzata dal terrore: tremava, si mangiava le unghie fino alla pelle, aveva l’orticaria. Io sono convinta che mia sorella si sia ammalata di burn-out. Urla, pianti e terrore: le sue colleghe sono state la maggiore e la migliore testimonianza, anche loro sono vittime di un incubo".
"La situazione è questa: incutono paura, minacciano il licenziamento, umiliano", queste invece le parole di una collega di Sara rimasta anonima. "Lo fanno per avere il rispetto del personale. Sono passati anni e la cicatrice è ancora aperta". "La vicenda di Sara mi spezza il cuore. Io sono stata aiutata dal gruppo delle ostetriche dell'ospedale, un gruppo meraviglioso. Ma concordo con quanto è stato detto".
Infine: "Ci si sente umiliati, mai all'altezza. In più Sara ha iniziato nel periodo del Covid, con ulteriore stress che si aggiunge alla pressione lavorativa".
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