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Casa Savoia, l’infinita querelle tra Emanuele Filiberto e Aimone d’Aosta. Quest’ultimo lo accusa di avere una conoscenza della storia distorta: mi dispiace ma ho sprecato del tempo…

Aimone di Savoia critica il cugino: Emanuele Filiberto ha una conoscenza della storia distorta, ho cercato di spiegarglielo ma ho sprecato del tempo...

02 Novembre 2025

Aimone di Savoia-Aosta con Emanuele Filiberto di Savoia

Aimone di Savoia-Aosta con Emanuele Filiberto di Savoia

Non c’è pace tra Emanuele Filiberto e Aimone d’Aosta. Quest’ultimo lo accusa di avere una conoscenza della storia distorta: mi dispiace ma ho sprecato del tempo…

«Confermo, quei gioielli nella Banca d’Italia sono dello Stato, che deve valorizzarli. Debbo confermare la mia opinione sulla proprietà dei gioielli usati dalle regine di Casa Savoia e contenuti nel cofanetto custodito in Banca d’ Italia dal 5 giugno 1945, quando l’allora ministro della Real Casa, Falcone Lucifero ve li depositò per volere dell’ultimo re, Umberto II. Aggiungo che questi gioielli, che nessuno può ammirare, essendo sigillati, dovrebbero essere esposti come avviene con i gioielli della corona negli altri Paesi del mondo». Queste dichiarazioni, rese da Aimone di Savoia-Aosta al Corriere della Sera il 2 Aprile 2025, avevano fatto innervosire Emanuele Filiberto che invece asseriva l’opposto e che il ramo Savoia-Aosta non era erede del patrimonio dell’ultimo Re d’Italia Umberto II che decise alla sua partenza per l’esilio di depositare i gioielli della Corona alla Banca d’Italia. Pochi giorni fa Emanuele Filiberto aveva rilasciato un’intervista in cui parlava della sua vita privata, del tradimento con la moglie Clotilde Courau, con la quale conserva un ottimo rapporto, del suo nuovo amore rappresentato dalla socialite messicana Adriana Abascal e della nascita “traballante” della Repubblica Italiana. “La Repubblica è nata traballando e incolpando i Savoia di ogni cosa – affermava Emanuele Filiberto - lo per primo, tornato in Italia, ho condannato fermamente, con il Rabbino Capo Di Segni, le leggi razziali. II Re firmò un documento vergognoso». Sulle vicende del fascismo rispondeva «È facile giudicare col senno di poi. Fu obbligato. Eravamo nella Seconda guerra mondiale, in alleanza con Hitler per volontà di Mussolini, votato dalle Camere. Il Duce voleva sbattere fuori il re e mettere il Duca d’Aosta, più vicino a lui. Non sdogano quell’atto ignobile, ma va contestualizzato. Oggi preoccupa il vuoto di identità e valori, colmato da estremismi. È triste vedere giovani fare il saluto romano: studiate la storia». Dopo queste dichiarazioni in cui il nipote di Umberto II cita i Savoia-Aosta come pro-fascisti è arrivata, sempre dalle pagine del Corriere, la replica di Aimone di Savoia-Aosta, figlio del compianto Duca Amedeo d’Aosta, da alcuni considerato come il degno successore dell’eredità di Casa Savoia e della Monarchia. Aimone di Savoia Aosta: "Mio prozio Amedeo più vicino a Mussolini? No, criticò lui e le leggi razziali. Le affermazioni di Emanuele Filiberto screditano il casato. Con Olga siamo sposati dal 2008, e vorrei far appassionare i miei figli alla storia d'Italia, del Piemonte e della Savoia” E sulle affermazioni di Emanuele Filiberto sulla nascita discutibile della Repubblica? «La Repubblica è nata in un periodo complicatissimo, il discorso meriterebbe un ragionamento più ampio, ma anche volendo tralasciare le note polemiche sulla conta dei voti, i risultati ufficiali del referendum dimostrarono che, pur con un ampio numero di non votanti, quasi la metà degli italiani si erano dichiarati a favore della monarchia.Tuttavia nel 1946 Umberto II venne esiliato - lui che per evitare spargimenti di sangue tra le diverse fazioni, a causa dei dubbi sui risultati del referendum, lasciò lItalia quando ancora non erano stati analizzati i ricorsi». Emanuele Filiberto ha chiamato in causa direttamente il ramo Savoia-Aosta, come pro-fascita, «è facile giudicare col senno di poi -  sostiene Emanuele Filiberto - eravamo nella Seconda guerra mondiale, in alleanza con Hitler per volontà di Mussolini, votato dalle Camere. II Duce voleva sbattere fuori il re e mettere il Duca d'Aosta, più vicino a lui». La risposta di Aimone di Savoia- Aosta non si fa attendere: «Mio cugino Emanuele Filiberto ha una conoscenza della storia un pochino distorta. Vorrei ricordargli che nel 1938, quando sono state firmate le leggi razziali, il Duca d'Aosta era mio prozio Amedeo, Viceré d'Etiopia, medaglia d'oro al valor militare, che nei suoi diari critica apertamente tali leggi e l'atteggiamento di Mussolini. Nessuno storico ha mai espresso la bizzarra affermazione di mio cugino». Sulla questione Repubblica-Monarchia, Aimone si dichiara rispettoso della forma di governo repubblicana. «Certo, ho sempre ritenuto di dover fare il mio dovere per la Patria, a prescindere dall'istituzione che la regge, come anche mio padre prima di me, al quale re Umberto Il disse: "L'Italia innanzi tutto!" quando mio  padre gli chiese il benestare per servire in armi la Repubblica. lo sono stato ufficiale di Marina sulla fregata Maestrale, ed è stato per me un grande onore oltre che una bellissima scuola di vita. Oggi in Italia c'è una Repubblica e va rispettata; ma la storia d'Italia nasce con la monarchia, per questo ritengo che le affermazioni di mio cugino purtroppo contribuiscano a screditare la storia del casato e dell'Italia stessa. Questo mi addolora: la storia di Casa Savoia è già stata abbastanza stravolta, non stravolgiamola anche noi». Sul ruolo di Casa Savoia oggi il Principe Aimone non ha dubbi: «Come ho cercato di spiegare a mio cugino, sarebbe oggi giusto ridefinire il concetto e la funzione del casato, non contendendoci ruoli che non esistono più, ma lavorando insieme per tutelare la memoria storica dei Savoia. Purtroppo non ha voluto seguirmi in questo percorso per cui sì, ho sprecato del tempo». La risposta non si è fatta attendere da parte di Emanuele Filiberto che in una nota ha dichiarato: "Ho letto con attenzione le dichiarazioni del Principe Aimone, Duca d’Aosta. Ritengo che rileggere e misurarsi con la propria storia familiare, anche quando significa riaprire delle ferite, sia salutare e doveroso per chi, come noi, è erede di una grande tradizione. Io ho sempre cercato di farlo, sulle orme di mia Nonna, la Regina Maria José, che mi ha insegnato che difendere una memoria familiare non significa “adorarne le ceneri” – come usava dire – ma riaprirne le pagine per capire meglio, avendo il coraggio di guardare la storia in faccia. Non mi dilungherò sulla complessità nell’esprimere un giudizio sull’opera di Re Vittorio Emanuele III: non sono uno storico, ma ho cercato di misurarmi con quell’eredità con obiettività e umiltà. Essedo stato il primo Savoia a rompere questo muro, penso che mi vada riconosciuto. Vorrei solo ricordare al Principe Aimone che la posizione storica dei due Rami di Casa Savoia in quella fase storica è molto differente. Vittorio Emanuele III ebbe tutto il peso delle responsabilità costituzionali, mentre gli Aosta rappresentavano un ramo cadetto, con una maggiore libertà di azione. Plasticamente, abbiamo vissuto entrambi il peso di tutto questo in prima persona. Io sono nato e cresciuto in esilio, Aimone è nato e cresciuto in Italia, potendo anche prestare il servizio militare, a me precluso. Non starò certo a controbattere citando il diario di Ciano, la cui rilettura consiglierei ad Aimone, visto che mi attribuisce giudizi in realtà riferiti a quella fonte. Non finiremmo più e penso che tutto questo ben poco interessi agli italiani. Attendo di leggere con vero interesse i diari del Principe Amedeo, Duca d’Aosta (1898-1942), la cui pubblicazione è stata più volte annunciata, ma sempre rinviata. Spero, anzi, potremo presentarli insieme in una circostanza pubblica e riprendere il filo di questo discorso: gli rivolgo questa proposta. Non credo, infatti, che lavorare insieme per portare avanti la memoria di Casa Savoia sia “perdere del tempo” e mi dispiace molto che Aimone abbia detto questo. La vera nobiltà, pur nell’evidente ma legittima diversità di opinioni sul nostro ruolo attuale, sta nel concentrarsi sul nostro dovere e non nell’adorare le ceneri della storia, per citare ancora mia Nonna. Dobbiamo usare il nostro nome per promuovere valori che uniscono, non per viverne solo qualche privilegio nei ritagli di tempo". 

 

 

 

 

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