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Sostenibilità, legalità e innovazione: call-to-action delle istituzioni moda per trovare valori e regole corali e rialzare la leva competitiva di tutta la filiera

Made in Italy e Made in Europe: le strategie per restare competitivi nell’ecosistema moda presentate alla quarta edizione di Venice Sustainable Fashion Forum.

24 Ottobre 2025

Sostenibilità, legalità e innovazione: call-to-action delle istituzioni moda per trovare valori e regole corali e rialzare la leva competitiva di tutta la filiera

Due giorni di incontri con i capitani del mondo della moda e del lusso a Venice Sustanaible Fashion Forum 2025, una quarta edizione aperta al dibattito e al confronto fra le imprese della industria e della filiera di settore, evento nato dalla collaborazione di diversi partner, fra i quali Confindustria Moda, Sistema Moda Italia, TEHA Group e Confindustria Veneto Est.

Riuniti con il titolo Harmonizing Values, agli interventi dei relatori, arrivati a Venezia presso l’Isola di San Giorgio della Fondazione Giorgio Cini, si aggiunge uno studio strategico, Just Fashion Transition, effettuato da THEA-Ambrosetti per dare cornice e dati alle sfide e alle opportunità attuali, verso una trasformazione sostenibile e corale.

Per rimanere competitivo, il Made in Italy ed in generale il Made in Europe, concentrato prevalentemente su sei Paesi (Italia, Francia, Spagna, Germania, Portogallo e Romania), deve intrecciare elevati standard qualitativi, tracciabilità e profittevoli quanto etiche condizioni di produzione e di lavoro.

Il dilaogo è aperto e coinvolge l’intera filiera, l’industria, il segmento creativo, la finanza e le istituzioni politiche.

In Italia, attore principale che contribuisce quasi la metà della produzione dell'UE, si raggiunge con la moda il 5% del PIL nazionale, un cospicuo apporto che però risente delle profonde complessità geopolitiche ed economiche e si deve adattare alle nuove normative internazionali

Sinergia fra partner istituzionali di settore verso sostenibilità, legalità e innovazione, con proposte di nuovi standard comuni.

Luca Sburlati, presidente di Confindustria Moda, apre il dibattito: “Sostenibilità, legalità e innovazione devono camminare insieme nell’armonizzare valori e regole della moda italiana ed europea, che deve restare un modello di eccellenza per il mondo. La risposta è per forza unitaria e con questo incontro testimoniamo le collaborazioni attive con tutte le istituzioni di settore, da Camera Nazionale della Moda Italiana a quella dell’Haute Couture Francese, ad esempio, insieme ad un mix corale fra imprenditori e manager dell’ecosistema moda”.

Aggiunge Flavio Sciuccati, partner & director global fashion unit di The European House – Ambrosetti: “E’ tempo di agire: servono standard comuni e azioni concrete per rendere la sostenibilità una leva competitiva reale e per tutti i comparti, dal tessile-abbigliamento, agli accessori (calzatura, pelletteria, gioiello, occhialeria e macchinari).”

D’accordo pure Paola Carron, presidente di Confindustria Veneto Est, che ha dichiarato: “Il VSFF è ormai il forum dove la classe dirigente e tutti gli attori della filiera estesa possono trovare scambio di visioni e patto unitario, stabilire standard comuni nella tracciabilità e nelle strategie per tornare a fare la differenza, con coraggio e unità.”

Dai trend alla narrazione di valore: cosa ha rilevato lo studio Just Fashion Transition 2025.

 E’ Carlo Cici, partner & head of sustainability practices di The European House – Ambrosetti, ad illustrare lo studio Just Fashion Transition 2025 e a sottolineare dati alla mano il corso del cambiamento nell’ecosistema moda, oltre a porre attenzione sulle narrazioni di valore, ovvero il modo in cui si parla dei fenomeni influenza il loro esito stesso.

L’Unione europea, ricordano da TEHA group, ha messo 2000miliardi a disposizione, dei quali il 60% destinato alle aziende per progetti di trasformazione, transizione e decarbonizzazione. Un capitale da sfruttare senza aspettare altro tempo.

Fra i trend chiave del cambiamento in atto nel settore si elencano: una crescente frammentazione (fra grandi brand, piccoli gruppi e artigiani) e una loro diminuzione strutturale, un progressivo incremento della produttività del lavoro, un caro prezzi costante in rischioso rapporto con la diminuita capacità di acquisto dei consumatori, un export che rallenta e un import al contrario che cresce.

Oltre all’urgente necessità di contrastare i modelli di ultra-fast fashion e di altre pratiche commerciali non eque che mettono a rischio il valore del lusso e dell’alto artigianato nella moda stessa.

Ipotesi di strategie e studi di economia e scienze politico-sociali.

Vittorio Emanuele Parsi, professore relazioni internazionali, e Carlo Cottarelli, direttore del programma per educazione economica e scienze sociale Osservatorio di Italian Public Account, entrambi dall’Università Cattolica del Sacro Cuore Milano, ipotizzano alcune linee guida per soluzioni univoche sul green-lash e il nuovo Competitiveness Compass UE, spunti che fanno riflettere su cosa si vuole fare del futuro, cosa l’Europa vuole diventare o a cosa può e a cosa non può rinunciare.

In pole position, si punta sull’innovazione, tanto per le grandi quanto per le medie e piccole imprese, facendo scelte mirate e pragmatiche dove si possano già ottenere successi e margini breve termine.

Per continuare a competere, bisogna aggregarsi, sia dal punto di vista economico (perché per la doppia transizione ambientale e tecnologica servono capitali), sia per poter proporre le innovazioni a livello comunitario da protagonisti.

Nella distribuzione l’attenzione va verso l’ideazione di nuovi modelli di distribiuzione multimarca e una riflessione sull’incremento di prezzi e margini: troppo elevati per raggiungere un ampio spettro di consumatori.

Annalisa Areni, head of client strategies Unicredit, ci tiene a dare l’esempio del lavoro che stanno svolgendo le banche: “Essere sostenibili, in sintesi, significa durante nel tempo continuando a fare utili. Come Unicredit abbiamo messoa disposizione lo scorso anno 27 miliardi nel segmento Green e stiamo aggiungendo 1 milardo a Confindustria Moda per sostenere le piccole imprese.

E’ una strada imprescindibile quella di puntare su innovazione e governance sostenibile. Da noi manca sia un aggregatore forte sul modello francese sia la capacità di aggregazione degli imprenditori”

Maria Cristina Squarcialupi e Michele Gasparini, rappresentanti rispettivamente dei settori gioielleria e occhialeria, tengono a confermare che gli imprenditori dei due settori stanno prendendo misure performanti nell’innovazione tecnologica, nella riduzione agli sprechi e nella volontà a investire in una transizione necessaria come fosse una nuova opportunità.

 Testimonianze sulla semplificazione ambita dal nuovo Competitiveness Compass UE.

Mario Jorge Machado, presidente Eurotex, torna al binomio cooperazione / competitività, andando a rispettare e valorizzare la proprietà creativa, intellettuale e del design europeo.

“Mentre ci si muove velocemente sull’implementazione dei passaggi di transizione, anche ogni prodotto importato dovrebbe sottostare alle regole e standard di qualità europei. L’UE è all'avanguardia in termini di programmi di incentivazione finanziaria a disposizione delle aziende per promuovere la decarbonizzazione, la circolarità e l'innovazione, persino davanti a Stati Uniti, Giappone e Cina. Le politiche di due diligence ESG sono aumentate del +16% nel 2025 e le banche, come si è detto, stanno emergendo come motore chiave del progresso sulla sostenibilità”.

Prada insieme a Chanel, Moncler, Zegna e Kering stanno testando, ad esempio, un modulo sintetico e sinergico comune per efficientare tutta la filiera sugli eco temi, quali acqua, energia e rifiuti, tecnologie green e innovazione.

Il sistema oggi è ancora disordinato, necessita semplificazione e armonizzazione e di uno schema efficace comune per far abbracciare i benefici della transizione all’intero ecosistema moda.

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