17 Dicembre 2025
La Realtà Inventata dell’artista argentino Daniel Gonzales “veste” gli spazi del Gallery Art Hotel di Firenze che riafferma così la sua vocazione di spazio culturale fluido e capace di accogliere l’arte contemporanea non come semplice decorazione, ma come esperienza critica e relazionale. La nuova mostra a cura di Valentina Ciarallo sarà visitabile fino a maggio 2026 e si inserisce in un percorso ormai consolidato che vede l’albergo come piattaforma di dialogo tra linguaggi artistici, ospitalità e vita quotidiana. Da anni, infatti, il Gallery Art Hotel è al centro di una programmazione curatoriale che ospita progetti site-specific e artisti capaci di confrontarsi con spazi in cui il pubblico non è solo spettatore e neppure turista di passaggio. In questo contesto il lavoro di González appare particolarmente adeguato: la sua ricerca non si limita alla produzione di opere, ma mira a creare situazioni e momenti di condivisione che ridefiniscono temporaneamente il modo in cui le persone stanno insieme.
La festa come atto politico e umano
Il cuore concettuale di The Invented Reality risiede nell’idea di festa non come evasione, ma come gesto profondamente umano e, in senso lato, politico. “Festeggiare” significa sospendere l’ordine abituale, interrompere la logica produttiva, mettere tra parentesi le gerarchie sociali e aprire uno spazio in cui le differenze si attenuano. È un tempo “altro”, in cui le persone si riconoscono come parte di una comunità seppur momentanea. La scelta di inaugurare la mostra il 27 novembre, giorno del Thanksgiving ha rafforzato questa visione: la gratitudine non intesa come sentimento individuale, ma come atto condiviso, riconoscimento reciproco. L’arte diventa così un pretesto per fermarsi, incontrarsi, riconoscere l’altro. Non a caso, le opere di González non impongono una lettura complessa o criptica: parlano un linguaggio diretto, accessibile, volutamente semplice.
Parole che riflettono, superfici che includono
Gonzales utilizza il mylar, un film sottile di poliestere riflettente dai colori psichedelici tagliato a striscioline, e lo lavora per creare pannelli con scritte pop: “I Love You”, “Thank You”, “It’s Ok”, “Open Mind” funzionano come specchi emotivi. Il materiale riflettente ingloba l’ambiente e chi lo attraversa. Ogni parola diventa un invito e un gesto di apertura che si completa solo nella relazione con l’altro. Questi testi, che ricordano graffiti affettivi o messaggi quotidiani, non cercano di spiegare il mondo, ma di metterlo in comunicazione. La parola, liberata dal suo peso retorico torna a essere un atto primario: dire “grazie”, “ti amo”,“va bene così” senza aspettarsi nulla in cambio, significa creare un legame, anche se temporaneo. In questo senso l’opera non è mai chiusa: vive nel tempo dell’incontro e nella presenza del pubblico.
Oggetti, memoria e immaginario pop
Accanto ai lavori testuali, quadri che sembrano murales o cartoline rivestite di mylar, la mostra presenta una serie di opere che affondano nella memoria personale dell’artista: monocromi scintillanti, arazzi ricamati e i Flower Pots, vasi decorati con paillettes che rielaborano l’estetica dei contenitori domestici riutilizzati. Barattoli, packaging e immagini pubblicitarie osservati nell’infanzia diventano archetipi visivi, elementi di un immaginario collettivo che attraversa generazioni e culture. Le frasi che accompagnano questi oggetti, spesso ironiche o ambigue, trasformano il linguaggio del consumo in racconto esistenziale. Non c’è giudizio, ma una forma di tenerezza critica: ogni oggetto diventa una traccia di desideri, fragilità, tentativi di equilibrio. Anche qui, l’opera non si impone, ma si offre come possibilità di riconoscimento.
Daniel González: come costruire comunità effimere
Nato a Buenos Aires nel 1963 e attivo tra New York e Verona, Daniel González è approdato per la prima volta in Italia dall'Argentina a Genova a bordo di una nave da crociera con 11 valigie al seguito. Dopo un periodo iniziale di lavoro alla Benetton ha sviluppato nel tempo una pratica artistica che attraversa pittura, installazione, architettura effimera e intervento urbano. Al centro del suo lavoro c’è sempre la creazione di spazi relazionali, contesti in cui le persone possano incontrarsi fuori dai ruoli prestabiliti. Dalle grandi installazioni pubbliche ai progetti pop-up, la sua ricerca esplora costantemente il confine tra arte e vita, tra struttura e improvvisazione. Le sue opere non chiedono di essere contemplate a distanza ma vissute. Anche per questo, la sua presenza al Gallery Art Hotel non si traduce in una semplice esposizione: l’artista entra in dialogo con lo spazio, lo abita, lo trasforma in un luogo di possibilità.
Lungarno Collection e l’arte come visione culturale
The Invented Reality si inserisce in una visione più ampia promossa dalla Lungarno Collection, la compagnia alberghiera della famiglia Ferragamo che ha fatto dell’arte e del design uno degli elementi fondanti della propria identità. A Firenze, Roma e Milano gli hotel del gruppo non sono pensati come contenitori neutri, ma come luoghi con una precisa vocazione culturale. In questa prospettiva si colloca anche Portrait Milano, concepito come spazio urbano aperto, capace di intrecciare ospitalità, architettura, moda e creatività.
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