08 Ottobre 2020
Business (foto Pixabay)
Lo 17 scorso marzo, quando l’emergenza Covid-19 era appena deflagrata, è arrivato un monito dall’Eiopa. L’autorità europea di vigilanza sulle assicurazioni aveva esortato gli assicuratori del vecchio continente a “essere prudenti” nelle politiche di distribuzione dei dividendi, per consentire alle compagnie di “preservare il loro stato patrimoniale”. L’invito era stato subito raccolto dall’Ivass, l’istituto italiano di vigilanza sulle assicurazioni (che dipende da Bankitalia), che lo ha girato alle compagnie italiane motivando l’invocazione alla prudenza con il timore che la diffusione della pandemia, e i correlati effetti sull’economia, possano rendere “prospetticamente incerta l’evoluzione futura dei fattori di rischio cui sono esposte le imprese del settore assicurativo”.
A conti fatti, tuttavia, le compagnie hanno continuato a dare il via libera alla distribuzione dei dividendi, in linea peraltro con i principi della Direttiva Solvency. Eppure ciò non significa che non siano state sufficientemente prudenti. È bene sottolineare, infatti, che a differenza di quello bancario, il settore assicurativo italiano gode di ottima salute. Per averne la conferma basta dare uno sguardo ai numeri. Il primo gruppo italiano per raccolta premi, Generali, nel 2019 ha registrato un risultato operativo record di 5,19 miliardi di euro, mettendo a segno un utile di ben 2,67 miliardi (+15,7 per cento sull’anno precedente). Il gruppo Unipol, primo player italiano nelle polizze danni, lo scorso anno ha centrato un utile netto consolidato pari a 1.087 milioni di euro, anche in questo caso in considerevole crescita (+73 per cento) rispetto all’anno precedente. Mentre un colosso come Allianz nel 2019 ha messo a segno soltanto in Italia (secondo più importante mercato per il gruppo tedesco) una raccolta di 14,9 miliardi di euro e un utile operativo di 1,1 miliardi.
Risultati finanziari alla mano non stupisce, quindi, che le compagnie si sentano sufficientemente robuste da garantire un giusto ritorno di valore agli investitori. I quali, è bene ricordarlo, sono costituiti anche da tantissimi piccoli azionisti che hanno investito in queste società i propri risparmi personali. Per i piccoli risparmiatori il dividendo è fondamentale, rappresenta una fonte di remunerazione legata al risparmio.
La maggior parte delle compagnie ha accolto l’esortazione alla prudenza del regolatore europeo Eiopa, ridimensionando oppure ricalibrando la distribuzione della cedola. È il caso ad esempio di Axa, che pur avendo mostrato risultati estremamente solidi (Il gruppo francese ha chiuso il 2019 con un utile netto di 3,8 miliardi di euro, in crescita dell’80 per cento rispetto all’anno precedente) ha scelto di abbassare il valore del dividendo da 1,43 euro a 0,73 euro per azione. Discorso simile per il gruppo Unipol, che ha deciso di distribuire la cedola solo agli azionisti della compagnia UnipolSai (0,16 euro per azione) ma non a quelli della holding controllante. Su questo punto, l’amministratore delegato Carlo Cimbri ha ribadito che la scelta è stata fatta in “ottemperanza alle richieste che in una fase storica hanno effettuato il regolatore italiano e quello europeo, ma dal punto di vista dei risultati, questi c’erano nel bilancio 2019 e continuano a esserci nel 2020”.
Anche il gruppo Generali ha seguito l’invito alla prudenza, e ha approvato per il 2020 il pagamento di un dividendo per azione pari a 0,96 euro, suddiviso in due tranche: la prima (0,50 euro) è già stata pagata, mentre e la seconda (0,46 euro), pagabile entro la fine dell’anno, è soggetta a verifica consiliare il prossimo 11 novembre. Il group ceo Philippe Donnet ha detto di “non vedere motivi che potrebbero impedirne il pagamento”, anche perché, a dispetto del Covid, i conti semestrali 2020 non lasciano dubbi circa la solidità del gruppo, con un utile netto semestrale di 774 milioni di euro e un utile operativo di 2,7 miliardi.
Eppure l’invito alla prudenza non è stato accolto da tutti. La tedesca Allianz, ad esempio, ha tirato dritto, e nel corso del 2020 ha già pagato agli azionisti una ricca cedola 9,6 euro per azione, più alta del 6,7 per cento rispetto a quella pagata nel 2019 e in aumento per il settimo anno consecutivo. Emerge quindi un’asimmetria in ambito europeo, una disparità evidente tra chi il dividendo lo ha già pagato per intero, e chi si è attenuto alle raccomandazioni di Eiopa e delle autorità di vigilanza nazionali, in un'Europa che anche sugli inviti alla prudenza si muove a due velocità.
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