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Figari (TIM): "L'Europa deve spingere per un'applicazione uniforme della direttiva sulla sostenibilità e garantire condizioni di concorrenza e valutazione equanimi"

Alberta Figari, Presidente di Tim, ha dichiarato: "'L'' obiettivo deve essere garantire una governance efficace, una regolamentazione uniforme a livello europeo e una maggiore chiarezza nei processi"

11 Marzo 2025

Alberta Figari, Presidente di Tim, in occasione dell'evento "Corporate Governance and Capital Market for Competitive and Sustainable Europe" organizzata da Assonime, ha dichiarato: 

"Come sapete, sono diventata Presidente di questa prestigiosa società nell'aprile dello scorso anno e ricopro anche il ruolo di Presidente del Comitato di Sostenibilità. Oggi vorrei concentrarmi su tre punti fondamentali.

Un elemento innovativo introdotto dal gruppo TIM è stata la decisione, presa dal Consiglio di Amministrazione in accordo con l'Amministratore Delegato, di includere quest'ultimo come membro effettivo del Comitato di Sostenibilità.

Questa scelta, che non tutte le società adottano per motivi legati al principio di indipendenza, nasce dalla convinzione che la sostenibilità debba essere parte integrante delle strategie aziendali. Per ottenere questo obiettivo, riteniamo essenziale che l'Amministratore Delegato non sia solo un invitato, ma un partecipante attivo alle discussioni, poiché è attraverso il confronto che nascono strategie di sostenibilità efficaci.

Un esempio concreto di questa integrazione si è avuto di recente, quando il Comitato di Sostenibilità e il Consiglio di Amministrazione hanno discusso e approvato gli obiettivi ESG di TIM per il 2025. La presenza dell'Amministratore Delegato ha permesso un confronto approfondito, portando all'innalzamento dell'asticella in termini di ambizione e misurabilità degli obiettivi, rispondendo anche alle critiche sulla scarsa quantità di alcuni parametri ESG

Passando al secondo punto, la predisposizione della Dichiarazione di Sostenibilità ha evidenziato sia aspetti positivi che criticità.

Tra i punti di forza, riteniamo che l'uniformazione delle dichiarazioni di sostenibilità sia un grande vantaggio. Un formato standardizzato consente alle società di essere valutate dal mercato in modo omogeneo, aumentando la trasparenza e la comparabilità tra aziende.

Tuttavia, permane un problema di disomogeneità a livello europeo, poiché 17 Paesi, tra cui economie di rilievo come Germania e Spagna, non hanno ancora implementato la normativa. Questa disparità rischia di compromettere la parità di trattamento tra le aziende operanti nei diversi Stati membri. Un messaggio che vorrei lanciare è che l'Europa dovrebbe spingere per un'applicazione uniforme della direttiva, garantendo condizioni di concorrenza e valutazione equanimi.

Un altro elemento positivo riguarda l'analisi degli indicatori ESG. Anche se TIM già pubblicava un bilancio di sostenibilità, la necessità di conformarsi a nuovi standard ha permesso un'analisi più approfondita dei dati, fornendo una visione più strutturata e coerente delle performance aziendali.

D'altra parte, il processo si è rivelato estremamente complesso. La gestione della sostenibilità coinvolge molteplici organi societari, Comitato Rischi, Comitato di Sostenibilità, Consiglio di Amministrazione, Società di Revisione, Collegio Sindacale, e spesso manca chiarezza su ruoli e competenze specifiche, portando a ripetizioni e inefficienze. Spesso si discute lo stesso elemento in Comitati differenti e ciò ha comportato costi elevati, con la necessità di ricorrere ad advisor esterni per supportare il processo di adeguamento.

Un ulteriore punto critico è rappresentato dall'introduzione, da parte di Borsa Italiana, di un nuovo format per la relazione sulla governance societaria, che prevede l'integrazione dei dati ESG mediante Corporation by Reference. Questo solleva un quesito: se già esiste un bilancio di sostenibilità, è davvero necessario introdurre ulteriori obblighi documentali che richiedono tempo e risorse senza un chiaro valore aggiunto?

Infine, vorrei toccare il tema del Progetto Omnibus.

Se da un lato la scelta di limitare l’applicazione della normativa alle grandi aziende e non alle PMI è condivisibile, dall’altro occorre prestare attenzione alla regolamentazione delle branch di grandi multinazionali. Sebbene tecnicamente possano essere considerate PMI, di fatto appartengono a conglomerati ben più grandi di molte grandi imprese.

Se a queste branch venisse applicata la normativa semplificata riservata alle PMI, si creerebbe una disparità di trattamento rispetto alle grandi aziende che operano esclusivamente a livello nazionale. Inoltre, queste entità potrebbero accedere a finanziamenti europei destinati alle PMI, generando un'ulteriore distorsione della concorrenza."

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