"LA CHIMERA", il film
Arthur è da sempre innamorato di una fanciulla, scomparsa presto, di nome Beniamina, che, nella sua memoria, a volte più viva della realtà che lui abita, è sempre ferma all'età alla quale la ricorda; il tempo passa solo per l'ex ragazzino. Dopo un lungo periodo in carcere, forse anche immeritato, Arthur fa ritorno nella cittadina, nella Tuscia viterbese, dove anche la madre, ormai anziana, di Beniamina vive con le sue altre figlie, tutte dai capelli rossi. Lì ritrova la banda di ladri di cui faceva parte, i tombaroli. Ladri, in effetti, di meraviglie archeologiche, che Arthur aiuta a scovare grazie a un dono che ha dalla nascita: è capace di avvertire il vuoto sotto terra e, dunque, un punto, magari inesplorato, in cui dei resti antichi di tesori o di semplici oggetti posseduti da persone vissute in altre ere possono trovarsi. Deturpare i luoghi dei morti, però, genera conseguenze rischiose per il gruppo, sia di ordine legale, specie se trattasi di reperti etruschi che, nella zona, sono tipici, sia di ordine vitale, visto che i membri della banda vanno nel sottosuolo, talvolta infilandosi in dei veri e propri cunicoli.
Che cosa cerca veramente il taciturno Arthur, che ha già scontato abbastanza galera? Perché si spinge sempre oltre? Qual è l'obiettivo finale? Lui insegue la sua chimera, Beniamina. Così il vuoto sottoterra un pò rappresenta il suo vuoto interiore quando la mancanza di lei al punto di percepirla e correrle dietro è assordante.
Nel finale del film, chimera e realtà si fondono in modo traumatico e metaforico.
LA REGISTA
La regista del film, classe '81, sarebbe sempre stata attratta dal connubio sacro-profano così come vita-morte e "La chimera", avrebbe detto, racconta questo rapporto tra due mondi.
RECENSIONE
"La chimera" è il terzo film di una trilogia scritta e diretta dalla Rohrwacher regista, che ha sempre utilizzato titoli suggestivi: nel 2014 è uscito "Le meraviglie", nel 2018 "Lazzaro felice" e, a distanza di 5 anni, l'ultimo. I tre film sono incentrati sul tema del passato che abbiamo vissuto, creando o mantenendo con esso un certo rapporto sul quale la regista investiga. In "La chimera", però, lo fa con un attore non italiano: si tratta del principe Carlo nella serie di successo "The Crown".
Complimenti alla fotografia di Hélène Louvart.
Il cast è illuminato da una bravissima e sempre bella, seppure invecchiata nel ruolo e un pò nella vita, Isabella Rossellini.
Presente, con un ruolo nel film di Alice, è poi sua sorella Alba Rohrwacher, che, alla 18° Festa del Cinema di Roma, ha vinto il "Premio Monica Vitti" alla migliore attrice con "Mi fanno male i capelli" di Roberta Torre (ROMA 18° Festa del cinema. Aiutati da Monica Vitti e Alberto Sordi, Alba Rohrwacher e Filippo Timi sfidano l'Alzheimerl: al tema del film non si può rimanere indifferenti ed è quello traumatico dell'Alzheimer in età ancora giovane; Filippo Timi, che veste i panni del marito Edoardo, è bravissimo.
Insomma, una famiglia quella delle Rohrwacher di artiste consolidate.
Il film è lungo e lento, due aspetti che talvolta vanno a braccetto, ma non necessariamente, poiché il primo è oggettivo e il secondo può essere soggettivo, insomma una sensazione individuale. La serie di eventi che si intersecano con la direzione del film, inserendosi qui e là, spesso senza approfondimenti, forse perché poco hanno a che fare con il tema principale de "La chimera", finiscono per allungare quest'ultimo e confondere un pò lo spettatore. Forse, sarebbe stato assai interessante dare spazio maggiore alla compagine famigliare, alle scene e ai rapporti sia fra sorelle - tutte rosse di capelli, una splendida trovata, fra le quali Vera, il personaggio, ben interpretato dall'attrice Elisabetta Perotto, che, per primo, si accorge della presenza di un bimbo nella grande casa - sia fra la signora Flora, appunto una magnifica Isabella Rossellini, e le sue figlie.
Originali e validi sono, invece, il tema e la professione al centro del film: "La chimera" viaggia fra la concretezza del suolo e i segreti del sottosuolo e fra, da una parte, la realtà dura della prigione e della necessità di guadagnarsi la vita e, dall'altra, l'incanto delle antichità ritrovate sottoterra e della favola, triste ma connotata di speranza pure nell'impossibilità, dell'idea romanica dell'amor perduto (e cercato incessantemente); l'attività professionale e illegale del protagonista e dei suoi compagni d'avventura è quella dei tombaroli.
A proposito dell'efficace idea del filo rosso, quando si dice "il fil rouge".. Se Freud sosteneva che il filo rosso era l'elemento del nostro inconscio che caratterizza il nostro percorso psicologico, stando a una antica leggenda cinese, noi nasciamo con un filo rosso, annodato al mignolo sinistro, che ci lega alla nostra anima gemella e che, naturalmente, è lungo, invisibile e indistruttibile.
Se fotografia, costumi, scenografia e cast sono di alta qualità, la storia e la direzione della stessa non funzionano al 100%. Voto: 6,5.