Siamo negli anni 70, ormai lontani, precisamente nel 1974, e Ariane, una nobile francese dalla vita pretenziosa, ma anche molto di gusto ed eleganza, riceve in casa Pietro, uno sceneggiatore italiano che parla molto bene la sua lingua. La dimora, in vero, è una splendida e vasta villa di campagna, immersa nel verde e ricca di stoffe e colori ben abbinati al suo interno. Il tempo così speso assieme per un progetto professionalmente rilevante per entrambi, al punto da potere cambiare le loro vite, consolidando le ambizioni di lei e dando uno sprint carrieristico a lui, finisce per spingerli a un confronto, talvolta serrato, non solo legato alle battute di un testo che intendono riscrivere assieme. Vogliono inviare, addirittura, al maestro Luchino Visconti il copione cinematografico che scrivono a quattro mani, prendendo ispirazione dal romanzo di Marcel Proust "Alla ricerca del tempo perduto" (appunto "À la recherche"), convinti che rappresenterà, per tutti e due, la vera grande occasione e, verosimilmente, l’ultima. L'aspetto molto interessante dell'opera è il venir fuori, qui e là, dei loro caratteri, sottilmente o veementemente, fra pregi e difetti, azioni coraggiose e paure, intraprendenza creativa e tendenza depressiva, insomma fra l'umano più forte e quello più fragile, in modo ciclico ed alternato fra loro, con l'uno che vince sull'altra e viceversa. In Pietro e Ariane emergono, anche, i loro lati più oscuri.