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Pierfrancesco Favino è il "Colibrì" di Veronesi nella saga familiare diretta da Francesca Archibugi

Alla Festa del Cinema di Roma, il film di apertura è stato proprio quello ispirato all'omonimo romanzo di successo di Sandro Veronesi. La vita va avanti con forza a dispetto di tragedie insopportabili.

25 Ottobre 2022

Film "Colibrì"

Fonte: Festa del Cinema di Roma

Recensione

Film di apertura della Festa del cinema di quest’anno è proprio "Colibrì" ed è italianissimo, almeno nei personaggi e nella storia principali. Va precisato, perché la tendenza ora è quella della multi-produzione ed è comprensibile economicamente e come potenza distributiva, ma anche per non restare chiusi nel provincialismo nostrano; tuttavia, un Leonardo straniero, per citare una nota fiction andata in onda sulla Rai qualche tempo fa, non si può vedere! A vestire i panni del colibrì è il nostro numero uno, anche all'estero: Favino. La firma dietro alla regia è, poi, garanzia di qualità e successo: Francesca Archibugi è l’eccellente capitana di un cast che funziona armonicamente ed è composto di elementi di per sè validi e, nel caso di specie, molto giusti per i rispettivi ruoli. Unica nota stonata, a livello tecnico-artistico rispetto alla certa uniformità di gruppo, è Kasia Smutniak, che, almeno, poteva evitare di ricorrere alla chirurgia facciale: la fronte liscia e le labbra gonfie non le si addicono, soprattutto, quando l'attrice compare invecchiata per esigenze di copione, perché risulta "strana". Il film è stato prodotto, in particolare, dalla Fandango di Domenico Procacci, il marito di Kasia, che ci prova, perché ci prova duramente, ma manca di quel ‘’je ne sait quoi’’, come già accaduto in “Perfetti sconosciuti” di Genovese, dove il cast attoriale era allineato quasi tutto. Tornando a Favino, è decisamente nel ‘suo’: il momento in cui il suo personaggio è in macchina e piange disperato per la notizia appresa è straordinario, potente, da premiare; quel verso che fa accompagnato da lacrime sincere è incredibile e così profondo, quasi animalesco, ed è straordinario nella sua capacità di arrivare. Favino, forse, come insegnante di recitazione è discutibile e, spesso, ha modi non consigliabili che suonano poco empatici verso chi vorrebbe seguire un pò le sue orme, ma resta un un nostro orgoglio nazionale e internazionale come attore. La storia del film è tratta dall’omonimo romanzo di Sandro Veronesi che la Archibugi segue perfettamente. Le vicende, per lo più drammatiche, della famiglia al centro del racconto, in fondo, ci ricordano, qui e là, qualcosa di noi e delle nostre vite. Un film ben fatto, da vedere se poi si ha la possibilità di ridere e distrarsi, perché la vita è, anche, fatta di momenti di ilarità e gioia, mentre "Colibrì" ha un grosso difetto: è un pugno allo stomaco, continuo. Voto: 8.

 

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