19 Aprile 2021
Il celebre tennista spagnolo Carlos Alcaraz si è sottoposto alla seconda dose di vaccino Covid e ha invitato tutti a fare la stessa cosa: "Sì al siero, dobbiamo farlo anche se non lo vogliamo, me compreso".
Carlos Alcaraz ha solo 17 anni ma è già un nome che circola insistentemente come futuro del tennis mondiale. All’Andalucía Open ATP 250 di Marbella, il giovane spagnolo ha superato il primo turno contro Nikola Milojevic e si prepara ad affrontare il secondo match. Ma a far discutere non è solo il suo talento in campo: in un’intervista a Marca, Alcaraz si è espresso a favore della vaccinazione contro il Covid, definendola “la migliore soluzione per tornare a una vita normale”.
“Anche se non vogliamo vaccinarci, dobbiamo farlo tutti, me compreso”, ha dichiarato. Parole che hanno subito trovato ampio spazio sui media, pronti a celebrare il baby fenomeno anche come testimonial del messaggio ufficiale.
Eppure, non mancano le perplessità. Alcuni osservatori fanno notare come un ragazzo così giovane, all’inizio della sua carriera, si ritrovi a dover prendere posizione su un tema controverso e ancora dibattuto dalla comunità scientifica. In molti si chiedono se non ci sia il rischio che il mondo dello sport diventi megafono di campagne sanitarie, trasformando gli atleti in strumenti di propaganda.
Il contesto del tennis internazionale, del resto, è segnato da regole rigide, bolle sanitarie e calendari stravolti. Senza il green pass vaccinale, in futuro, spostarsi e competere potrebbe diventare sempre più complicato. Non stupisce quindi che un ragazzo determinato a emergere si adegui alle richieste implicite del sistema, anche se questo solleva interrogativi sulla reale libertà di scelta.
Alcaraz, che molti vedono come l’erede di Rafael Nadal, è certamente concentrato sulla sua crescita sportiva. Ma le sue parole, riprese a gran voce, riflettono più il clima di pressione collettiva che un’opinione maturata in autonomia.
Resta il fatto che, dietro ai proclami di “ritorno alla normalità grazie al vaccino”, in tanti continuano a nutrire dubbi legittimi sulla sicurezza, l’efficacia e soprattutto sull’obbligo morale di una scelta che dovrebbe restare personale.
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