29 Ottobre 2021
Fonte: lapresse.it
"La sconfitta del ddl Zan è una vittoria di civiltà, contro una legge che il signor Zan tentava di far approvare a suo imperituro ricordo, uno che voleva passare alla storia per una norma con il suo nome, nulla di più", ha detto il leghista Antonino Spirlì, detto Nino, intervistato dall'AdnKronos. Il fedelissimo di Salvini in Calabria non ha mai nascosto la sua avversione - da omosessuale dichiarato - alla 'lobby frocia', "a cui avrei dovuto appartenere io, la lobby che ti impedisce di chiamare le cose con il loro nome, di dire 'ricchione' e 'negro'".
"Io - aveva aggiunto dalla Pontida del Sud - utilizzerò queste parole fino all'ultimo dei miei giorni, come il termine 'frocio'. Cosa fanno: mi tagliano la lingua?". "Gli italiani - sorride adesso il leghista - hanno scelto di non tagliare la lingua agli italiani, le parole fanno male come una lama quando sono lame, non in quanto parole". "Io - continua - posso continuare a usare termini come 'frocio' e 'ricchione', me lo dice ora pure il Parlamento e il popolo, rappresentato da chi ha votato no a questa legge".
E ancora: "Erano loro che volevano creare un ghetto sociale per gli omosessuali un recinto molto più volgare della parola 'ricchione'. Il no al ddl Zan è stato votato anche dal centrosinistra, non è un sordo no del centrodestra, siamo di fronte a una scelta condivisa dal popolo italiano", assicura Spirlì. "Il Parlamento mi dice che le parole non devono far paura".
"Ci sono dei modi di dire che possono sembrare violenti - continua il leghista - ma in realtà non lo sono. Ad esempio, a Roma 'li mortacci' è un intercalare frequente, un mezzo respiro tra una frase e l'altra, ma nessuno si permette di offendere i defunti dell'altra persona". Le parole come 'frocio', 'ricchione', 'negro', sostiene Nino, "sono una spontaneità che se prese nella giusta misura non offendono nessuno, altrimenti dovremmo tacere sempre e non è possibile".
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