15 Luglio 2025
Con un valore complessivo che ha toccato i 216,7 miliardi di euro, in crescita rispetto ai 178,3 del 2024, l’Economia del Mare si conferma uno dei pilastri strategici dello sviluppo italiano. Il settore – che rappresenta oggi l’11,3% del PIL nazionale e impiega oltre un milione di persone in più di 230mila imprese – non solo continua a crescere, ma si impone come leva fondamentale per la competitività del sistema Paese.
Confindustria, unica associazione datoriale nazionale a rappresentare trasversalmente l’intera filiera del comparto, ha lanciato un nuovo approccio di politica industriale con l’obiettivo di valorizzare l’Economia del Mare come asset nazionale. Un comparto che, per ogni euro investito, è in grado di attivarne mediamente quasi due, con moltiplicatori anche più alti in settori strategici come la cantieristica navale.
Alla guida del percorso, una delega ad hoc affidata a Mario Zanetti e il lavoro del Gruppo Tecnico Economia del Mare, che ha definito tre driver strategici su cui concentrare gli sforzi:
Potenziare infrastrutture e portualità
Modernizzare vettori e flotte
Investire nelle persone e nelle competenze
Questi pilastri sono sostenuti da tre fattori chiave: risorse finanziarie, semplificazione normativa e comunicazione integrata, per costruire una governance moderna, inclusiva e orientata all’innovazione.
I porti italiani rappresentano uno snodo centrale per commercio, logistica e turismo. Ma per renderli competitivi a livello globale servono azioni concrete, a partire da investimenti per l’ammodernamento infrastrutturale, la connessione intermodale ferro-mare, la digitalizzazione dei processi e la transizione green, con l’elettrificazione delle banchine e l’adozione di carburanti alternativi (LNG, idrogeno, biofuels).
Confindustria richiama l’urgenza di una governance centralizzata e partecipativa, che eviti concorrenze interne tra porti italiani e valorizzi il ruolo delle rappresentanze economiche locali. Fondamentale, inoltre, un uso efficace delle risorse del PNRR e l’inclusione degli incentivi infrastrutturali nelle ZES Uniche e ZLS. Rilevante anche la revisione delle norme sugli aiuti di Stato, per salvaguardare misure chiave come il Ferrobonus.
Il comparto dello shipping italiano necessita di un deciso cambio di passo. Le attuali misure di sostegno, come il Registro Internazionale e la Tonnage Tax, non bastano più. Confindustria propone una semplificazione normativa, regole più snelle, tempi più rapidi e una transizione energetica sostenibile basata su carburanti alternativi realmente disponibili e un utilizzo mirato dei proventi ETS.
Nella cantieristica navale, in cui l’Italia è leader mondiale, serve una vera politica industriale per rafforzare la leadership. Analogamente, nel settore del diporto nautico, la burocrazia e l’alto costo della bandiera italiana frenano la competitività: servono riforme e un quadro normativo chiaro per incentivare l’innovazione.
Per la pesca, infine, è urgente il rinnovamento della flotta per garantire sicurezza, efficienza e sostenibilità, nel rispetto delle normative UE.
Un’indagine condotta tra le principali imprese del comparto ha evidenziato una grave carenza di manodopera qualificata e uno scollamento tra percorsi formativi e fabbisogni reali. Confindustria propone un potenziamento degli ITS, un maggiore dialogo tra istituzioni e imprese, incentivi per l’occupazione giovanile tecnica e l’inserimento dell’Economia del Mare tra le aree tematiche del Piano Mattei.
Per accompagnare la crescita del settore, Confindustria avvia un percorso strutturato, con tre tappe fondamentali:
22 settembre 2025, al Salone Nautico di Genova: incontro del Gruppo Tecnico Economia del Mare, aperto a istituzioni, imprese e mondo accademico, per un confronto operativo e orientato ai risultati;
2026, Genova e la Liguria saranno Capitale dell’Economia del Mare: prima edizione dell’evento annuale Confindustria dedicato al settore;
2027, il testimone passerà a Napoli e alla Regione Campania, a conferma della centralità del Mezzogiorno nello sviluppo marittimo nazionale e internazionale.
Il messaggio che arriva forte da Confindustria è chiaro: l’Economia del Mare necessita di una strategia politica unitaria e sistemica, capace di rafforzare il ruolo dell’Italia nel Mediterraneo e sui mercati globali. Serve un’azione corale, tra industria e istituzioni, per tradurre criticità in opportunità e rilanciare il sistema marittimo come leva di crescita sostenibile, occupazione e innovazione.
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