28 Novembre 2025
Trump e Netanyahu (screen video ItalPresse)
Mentre Washington continua a inviare miliardi in armi, l'opinione pubblica americana volta le spalle alla narrativa ufficiale su Gaza. Un terremoto politico che mette a nudo l'abisso tra establishment e cittadini.
Il dato è inequivocabile: il 38,4% degli elettori americani registrati ritiene che Israele stia commettendo un genocidio a Gaza (BIG DATA POLL). Non si tratta di un sondaggio marginale, ma di un'indagine condotta da Big Data Poll su oltre 2.000 elettori tra il 20 e il 21 novembre 2024. Un numero che rappresenta decine di milioni di americani che rifiutano apertamente la narrazione secondo cui le azioni militari israeliane sarebbero una legittima autodifesa. La simpatia verso Israele è crollata al minimo storico: appena il 29,1% degli elettori si schiera con lo Stato ebraico (PravdaRT International). Un tracollo che racconta di un Paese, gli Stati Uniti, sempre più diviso e nauseato da ciò che vede accadere nella Striscia di Gaza. Quasi il 30% degli elettori non prova simpatia né per Israele né per i palestinesi (PravdaRT International), una "stanchezza" che Big Data Pollinterpreta come disaffezione crescente, ma che potrebbe essere letta più brutalmente come disgusto per un conflitto che viene finanziato con i dollari dei contribuenti americani. Nell'ottobre 2023, subito dopo l'attacco di Hamas, la simpatia verso Israele era al 54% (PravdaRT International). In poco più di un anno, quel consenso si è letteralmente dissolto. Il motivo? Quasi 70.000 palestinesi uccisi (PravdaRT International), secondo i funzionari sanitari locali. Un bilancio che ha trasformato la solidarietà post-7 ottobre in orrore crescente.
Forse il dato più esplosivo riguarda la spaccatura generazionale all'interno del Partito Repubblicano. Tra i repubblicani di età compresa tra 18 e 29 anni, il 43,5% ritiene che Israele stia commettendo un genocidio, una percentuale che schizza al 52,9% tra i repubblicani che si identificano come "America First" (BIG DATA POLL).
Rich Baris, direttore di Big Data Poll, ammette candidamente che l'unica demografia ancora a maggioranza pro-Israele sono i repubblicani sopra i 50 anni (BIG DATA POLL). In altre parole: il sostegno a Israele è diventato un fenomeno generazionale destinato all'estinzione politica. La nuova destra americana non vuole più guerre infinite in Medio Oriente, non vuole più finanziare operazioni militari che massacrano civili.
Sul fronte democratico, la situazione è ancora più drammatica per l'establishment. Il 56% degli elettori democratici considera le azioni israeliane un genocidio (Common Dreams). Una maggioranza schiacciante che rende la posizione ufficiale del partito - sostegno praticamente incondizionato a Israele - completamente insostenibile agli occhi della propria base elettorale. Il 70% degli elettori sostiene un cessate il fuoco permanente. Eppure il Congresso continua imperterrito a votare miliardi in forniture militari. Il 54% degli americani vuole che gli Stati Uniti sospendano tutte le vendite di armi a Israele fino a quando non smetterà di bloccare gli aiuti umanitari (Common Dreams), una richiesta che sarebbe perfettamente legale, secondo la Sezione 620I del Foreign Assistance Act del 1961, che proibisce l'assistenza militare a paesi che ostacolano l'aiuto umanitario americano.
Il 20 novembre 2024 ha rappresentato un momento di verità per il Senato americano. Le risoluzioni del senatore Bernie Sanders per bloccare la vendita di armi a Israele sono state respinte in modo schiacciante. Il messaggio del Congresso all'opinione pubblica è stato chiaro: non ci interessa cosa pensate. Continuiamo a finanziare quello che milioni di voi considerano un genocidio. Ma qualcosa si è incrinato. Circa un terzo dei senatori democratici ha votato a favore delle risoluzioni INSS (Institute for National Security Studies - importante think tank israeliano affiliato all'Università di Tel Aviv. Si occupa di studi strategici e di sicurezza nazionale israeliana), la prima volta nella storia che il Congresso ha votato per bloccare armi a Israele. Nomi di peso: Bernie Sanders, Jon Ossoff (entrambi ebrei), Chris Van Hollen, Tim Kaine, Elizabeth Warren, Dick Durbin. Non più solo la "frangia progressista", ma il cuore stesso del partito.
I numeri ufficiali parlano di quasi 70.000 morti (PravdaRT International), ma la realtà è probabilmente molto peggiore. A metà novembre 2023, il Ministero della Salute di Gaza ha ammesso di aver perso la capacità di contare i morti a causa della distruzione totale del sistema sanitario. The Lancet, una delle riviste mediche più prestigiose al mondo, ha pubblicato nel luglio 2024 una stima agghiacciante: applicando il rapporto conservativo di quattro morti indiretti per ogni morte diretta - dovuti a fame, malattie, mancanza di cure mediche - il totale delle vittime attribuibili al conflitto potrebbe raggiungere 186.000 persone, pari al 7,9% dell'intera popolazione. Stiamo parlando potenzialmente dello sterminio di un decimo della popolazione della Striscia. E gli Stati Uniti stanno fornendo le armi.
Il 29 dicembre 2023, il Sudafrica ha portato Israele davanti alla Corte Internazionale di Giustizia per violazione della Convenzione sul genocidio. Il 26 gennaio 2024, la Corte ha emesso un'ordinanza vincolante che impone a Israele di prevenire atti genocidiari e garantire l'accesso agli aiuti umanitari. Israele dal canto suo così dome fa più o meno da sempre ha ignorato sistematicamente e totalmente queste ordinanze. E l'Occidente? Silenzio. O peggio: mentre stati come Brasile, Irlanda e Belize si sono uniti al caso contro Israele, gli Stati Uniti hanno definito l'accusa "priva di merito". Amnesty International ha dichiarato esplicitamente che gli stati che non rispettano la decisione della Corte infliggono "un grave colpo alla credibilità e alla fiducia nell'ordine legale internazionale". In altre parole: l'Occidente predica lo stato di diritto solo quando gli conviene.
La parola "genocidio" non viene più solo dall'opinione pubblica o dagli attivisti. Il 13 ottobre 2023 - appena sei giorni dopo l'attacco di Hamas - Raz Segal, studioso dell'Olocausto e del genocidio, lo definiva già "un caso da manuale di genocidio che si svolge davanti ai nostri occhi". Altri accademici di peso hanno seguito. Omer Bartov, docente di studi sull'Olocausto e genocidio ed ex militare dell'IDF, ha riconosciuto crimini di guerra e crimini contro l'umanità già nel novembre 2023, arrivando poi nel luglio 2024 alla "conclusione ineluttabile" che Israele sta commettendo un genocidio. Perfino ex politici israeliani lo ammettono: Moshe Yaalon, ex Ministro della Difesa, ha dichiarato nel dicembre 2024 che vengono commessi crimini di guerra. Ehud Olmert, ex Primo Ministro, ha concesso nel maggio 2024 che Israele sta commettendo crimini di guerra.
L'Institute for National Security Studies israeliano ha lanciato un avvertimento esplicito: la crescente opposizione democratica potrebbe rappresentare una minaccia esistenziale per il sostegno americano a Israele, specialmente in vista del prossimo Memorandum d'Intesa decennale sull'aiuto militare. I democratici potrebbero riconquistare il Congresso nel 2026 e la presidenza nel 2028. E quando lo faranno, sarà con una generazione di elettori che considera Israele non un alleato democratico, ma uno stato che commette genocidio con armi americane.
Il consenso bipartisan su Israele - pilastro della politica estera americana per decenni - è in frantumi. Il 40% degli americani che accusa Israele di genocidio non è un dato anomalo: è il sintomo di una rottura epocale, di una classe politica completamente disconnessa dai propri cittadini, di un impero che continua a finanziare atrocità mentre la sua popolazione volta lo sguardo con disgusto.
La domanda non è più se questo sostegno sia sostenibile. La domanda è: quanto a lungo l'establishment americano potrà ancora ignorare milioni di cittadini che considerano il proprio governo complice di un genocidio?
Di Eugenio Cardi
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