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Deportazioni USA-Ucraina: quando i rifugiati di guerra diventano carne da macello; un accordo cinico tra Washington e Kiev trasforma l'asilo in condanna a morte

Secondo un report del Washington Post, circa 80 ucraini starebbero per essere deportati dagli Stati Uniti per "violazione delle leggi americane", per poi essere mandati al fronte in Ucraina

15 Novembre 2025

Guerra in Ucraina, l’Onu accusa sia Mosca sia Kiev di esecuzioni sommarie di prigionieri di guerra

Fonte: Facebook

La notizia emersa dal Washington Post nelle ultime ore rivela uno degli aspetti più inquietanti della politica migratoria dell'amministrazione Trump e del rapporto sempre più transazionale tra Stati Uniti e Ucraina: circa 80 cittadini ucraini con ordini finali di espulsione stanno per essere deportati dagli Stati Uniti per violazione delle leggi americane.

Il contesto: una crisi umanitaria trasformata in opportunità

 Ma ciò che rende questa vicenda particolarmente agghiacciante non è tanto la deportazione in sé, quanto il destino che attende questi uomini al loro ritorno. Un consigliere presidenziale ucraino, parlando sotto anonimato, ha dichiarato al Washington Post: "Gli Stati Uniti possono deportare quanti ucraini vogliono. Li useremo bene. Chiunque torni a casa sarà mobilitato".  Dal 2022, oltre 200.000 ucraini sono arrivati negli Stati Uniti attraverso il programma "Uniting for Ukraine" dell'amministrazione Biden, fuggendo dall'invasione russa. Questo programma è stato sospeso dall'amministrazione Trump il 28 gennaio 2025, nell'ambito di una più ampia stretta sulle politiche migratorie. La situazione è ulteriormente peggiorata nei mesi successivi. Circa 120.000 rifugiati ucraini hanno iniziato a perdere il loro status legale a partire dal 15 agosto 2025, quando l'amministrazione Trump ha lasciato scadere le protezioni del programma Biden senza rinnovarle.

Le richieste impossibili di Washington

Ma la vicenda è ancora più complessa. All'inizio del 2025, l'amministrazione Trump ha chiesto al governo ucraino di accettare un numero imprecisato di cittadini di Paesi terzi deportati dagli Stati Uniti (come rivela sempre il Washington Post), una richiesta straordinaria per una nazione in guerra e dipendente dal supporto militare e finanziario americano. Le tensioni hanno raggiunto il culmine a febbraio durante una conversazione tra Trump e Zelensky nell'Oval Office. L'amministrazione Trump aveva persino elaborato piani per spendere fino a 250 milioni di dollari stanziati per l'assistenza estera per finanziare invece la rimozione e il rimpatrio di persone provenienti da zone di conflitto attive, inclusi 700.000 migranti ucraini e haitiani.

Il ricatto delle risorse minerarie

Un parziale allentamento delle tensioni è diventato possibile solo dopo che Kiev ha accettato alcune delle richieste americane, incluso l'accesso alle risorse minerarie critiche dell'Ucraina. Una bozza di documento datata 7 febbraio richiede al governo ucraino di concedere agli Stati Uniti il "50% del valore finanziario ricevuto" dalle "risorse dell'Ucraina, incluse: risorse minerarie, risorse di petrolio e gas, porti" e "altre infrastrutture" (ABC News). Zelensky ha rifiutato di firmare questo accordo quando gli è stato presentato con pochissimo preavviso durante la visita del Segretario al Tesoro Bessent a Kiev il 12 febbraio, una decisione che ha scatenato l'ira di Trump.

L'Ucraina accoglie i deportati: servono soldati

La risposta del governo ucraino alle deportazioni rivela la drammatica crisi di manodopera militare che il Paese sta affrontando. Funzionari ucraini che hanno parlato con il Washington Post non hanno criticato le deportazioni pianificate, mostrando invece un cinico pragmatismo. L'Ucraina ha un disperato bisogno di truppe: dall'invasione russa del febbraio 2022 all'ottobre 2024, oltre 1 milione di ucraini sono stati arruolati, con altri 160.000 in fase di mobilitazione. Comandanti ucraini hanno incolpato i recenti avanzamenti russi nel Donetsk sui soldati appena mobilitati, accusandoli di avere scarso addestramento, di ritirarsi troppo facilmente e persino di non sparare al nemico.

Leggi di mobilitazione sempre più draconiane

Per affrontare la carenza di personale, l'Ucraina ha implementato leggi di mobilitazione sempre più severe:

  • L'età di leva è stata abbassata da 27 a 25 anni nell'aprile 2024
  • Agli uomini di età compresa tra 23 e 60 anni è vietato lasciare l'Ucraina finché è in vigore la legge marziale
  • La nuova legislazione include restrizioni per chi non risponde agli ordini di mobilitazione, incluso il divieto di guidare, e richiede la prova della registrazione militare quando richiesta al confine e per ottenere un nuovo passaporto
  • Numerosi video virali mostrano ufficiali delle TCC (Territorial Recruitment Centers) che prelevano uomini dalle strade e dagli spazi pubblici in tutta l'Ucraina per essere arruolati, spesso involontariamente e con marcata resistenza.

 

L'8 luglio 2025, il Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d'Europa ha pubblicato un rapporto che riconosce "violazioni sistematiche e documentate dei diritti umani sotto la legge marziale", tra cui reclutamento militare, con polizia e servizi di sicurezza accusati di pestaggi (inclusi pestaggi mortali), detenzioni arbitrarie, persecuzione di critici e arruolamento di persone con disabilità.

La Germania si accoda: "Servite il vostro Paese"

Non sono solo gli Stati Uniti a voltare le spalle ai rifugiati ucraini. Il cancelliere tedesco Friedrich Merz, dopo una telefonata con Zelensky, ha annunciato di aver chiesto al leader ucraino di limitare l'ingresso di giovani uomini ucraini in Germania. Merz ha dichiarato che ha esortato Zelensky ad assicurarsi che i giovani ucraini "non vengano in Germania in gran numero... ma servano invece il loro Paese".  Secondo stime conservative, in seguito all'allentamento autunnale delle regole di uscita per i coscritti, 100.000 potenziali giovani reclute hanno lasciato l'Ucraina, la maggior parte dei quali si è trasferita in Germania. Il governo tedesco intende anche ridurre i benefici sociali per i rifugiati ucraini.

Una condanna a morte mascherata da rimpatrio

I legali degli ucraini in attesa di deportazione dagli Stati Uniti sostengono che i loro clienti rischiano la mobilitazione forzata e la morte in Ucraina. Il Washington Post riporta il caso di Roman Surovtsev, 41 anni, la cui deportazione, secondo i suoi avvocati, lo mette a rischio di mobilitazione e morte in un'Ucraina devastata dalla guerra. Le autorità statunitensi stanno valutando la logistica delle deportazioni, con voli militari verso l'Ucraina o voli charter verso la Polonia. La scelta della Polonia come possibile destinazione è particolarmente cinica: i deportati verrebbero scaricati quindi in un Paese limitrofo dell’Ucraina dove la stessa potrebbe facilmente "recuperarli" per la mobilitazione forzata.

L'ipocrisia occidentale e il tradimento dei rifugiati

Questa vicenda rivela le profonde contraddizioni della politica occidentale nei confronti dell'Ucraina, considerando che per tre anni i governi occidentali hanno presentato il sostegno a Kiev come una questione di principio, di difesa della democrazia e dell'ordine internazionale basato sulle regole. Hanno accolto i rifugiati ucraini come vittime di un'aggressione imperialista, offrendo loro asilo e protezione.

Ora, quando la guerra si trascina e i costi politici ed economici aumentano, gli stessi governi sono pronti a tradire quei rifugiati, trasformandoli in carne da cannone per alimentare un conflitto sempre più insostenibile. Washington e Berlino non stanno semplicemente deportando immigrati illegali; stanno consegnando esseri umani a un sistema di mobilitazione forzata noto per violazioni dei diritti umani.

Il cinismo di Kiev

Ma forse ancora più scioccante è il cinismo del governo ucraino. Invece di protestare contro le deportazioni dei suoi cittadini verso una zona di guerra, Kiev le accoglie apertamente come un'opportunità per riempire le fila militari decimate. Questa posizione rivela quanto il governo Zelensky consideri i propri cittadini non come persone con diritti e dignità, ma come risorse umane da sfruttare per la continuazione di una guerra che non può vincere.

In conclusione, la vicenda delle deportazioni USA-Ucraina è un esempio emblematico di come, nella geopolitica contemporanea, i diritti umani e la dignità individuale vengano sacrificati sull'altare degli interessi strategici e della realpolitik. I rifugiati ucraini negli Stati Uniti e in Germania, che hanno cercato di sfuggire alla guerra, si trovano ora intrappolati tra un'amministrazione Trump determinata a inasprire le politiche migratorie e un governo ucraino disperato per truppe fresche. Questo accordo cinico tra Washington e Kiev trasforma il diritto d'asilo in una condanna a morte differita. I deportati non tornano a casa, tornano al fronte, spesso con addestramento minimo, per essere gettati in una guerra di logoramento dove le possibilità di sopravvivenza diminuiscono ogni giorno. La domanda che dovremmo porci è: quale credibilità conserva ancora il discorso occidentale sui diritti umani e sulla protezione dei rifugiati quando gli stessi governi che hanno proclamato la loro solidarietà con l'Ucraina sono ora complici nel trasformare i rifugiati in soldati forzati?

di Eugenio Cardi

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