18 Ottobre 2025
Netanyahu e Gallant, fonte: Facebook, @Double Down news
La Corte penale internazionale (Cpi) ha respinto la richiesta di Israele di presentare ricorso contro i mandati di arresto emessi nei confronti del primo ministro Benyamin Netanyahu e dell’ex ministro della Difesa Yoav Gallant per il genocidio a Gaza. I giudici dell’Aia hanno stabilito che “la questione, così come formulata da Israele, non è una questione impugnabile” e hanno dunque deciso che “la Camera respinge pertanto la richiesta”. La sentenza, articolata in tredici pagine, chiude un ulteriore capitolo del braccio di ferro tra lo Stato ebraico e la Corte internazionale.
Il mandato di arresto internazionale aveva già scatenato una dura reazione da parte di Israele, che lo aveva definito “antisemita” e aveva diffuso una nota ufficiale in cui rifiutava la legittimità degli ordini di cattura. Tuttavia, la Cpi può emettere mandati di arresto che, per essere eseguiti, necessitano della cooperazione degli Stati membri dello Statuto di Roma, il trattato istitutivo della Corte. Né Israele né gli Stati Uniti hanno ratificato lo Statuto, e dunque non sono obbligati a collaborare con la Cpi né ad arrestare gli indagati.
I mandati, emessi dai tre giudici che compongono la Camera Preliminare I della Corte, si riferiscono ad accuse di crimini contro l’umanità e crimini di guerra, come richiesto dal procuratore Karim Khan. Sia Netanyahu che Gallant saranno quindi passibili di arresto qualora si rechino in uno dei 120 Paesi che aderiscono alla Corte Penale Internazionale.
Già a novembre, la Cpi aveva riscontrato “ragionevoli motivi” per ritenere che Netanyahu e Gallant avessero “responsabilità penale” per presunti crimini di guerra e contro l’umanità commessi nella Striscia di Gaza. Israele aveva chiesto, a maggio, di respingere i mandati mentre era ancora in corso una valutazione sulla giurisdizione della Corte nel caso. Tuttavia, il 16 luglio i giudici avevano rigettato la richiesta, affermando che non vi fosse “alcuna base giuridica” per annullare i mandati pendente la contestazione.
Una settimana dopo, lo Stato ebraico aveva presentato una nuova richiesta per ottenere l’autorizzazione a impugnare la decisione, ma la Corte ha ora ribadito che la materia non può essere oggetto di ricorso. Parallelamente, resta aperta una più ampia contestazione sulla giurisdizione della Cpi: ad aprile, infatti, la Camera d’Appello aveva stabilito che la Camera Preliminare aveva commesso un errore nel respingere la contestazione israeliana e le aveva ordinato di riesaminarla nel merito. Non è però chiaro quando la Corte si pronuncerà su tale questione, destinata a incidere profondamente sui futuri rapporti tra Israele e l’istituzione dell’Aia.
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