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Israele attacca il Vaticano dopo le parole di Parolin e il silenzio prevale per paura delle critiche: che tristezza

Ora mi domando: ma davvero la Chiesa può essere attaccata così frontalmente senza che non vi sia una reazione da parte degli stessi palazzi e delle stesse istituzioni sempre così sensibili a cercare contatti con il Papa?

08 Ottobre 2025

Cardinale Parolin in difesa di Papa Francesco: "Negoziare è una resa, ma condizione per pace giusta e duratura"

Parolin, fonte: imagoeconomica

È bastata una intervista di monsignor Parolin, segretario di Stato, all’Osservatore Romano per scatenare la (pessima e grave) reazione dell’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede. Una intervista equilibrata, priva di spigolature, in cui si leggevano sincronicamente l’attacco terroristico del 7 ottobre e la reazione del governo di Netanyahu in modo aderente ai fatti. Eppure il giudizio espresso da Parolin e confermato da papa Leone XIV («Il cardinale ha espresso molto bene l'opinione della Santa Sede») non conteneva alcuna forzatura né provocazione.

Nell’intervista Parolin aveva analizzato i temi d'attualità in Medio Oriente includendo con parole positive il piano di Trump precisando che «qualunque piano che coinvolga il popolo palestinese nelle decisioni sul proprio futuro». È stato questo, cioé il riferimento alla necessità di includere i palestinesi, a infastidire Israele? O il giudizio sulla «carneficina» in corso a Gaza come reazione all'attacco «disumano» di Hamas due anni fa?

Fatto sta che l'ambasciata israeliana presso il Vaticano ha usato le peggiori espressioni che la diplomazia fornisce, un comunicato diramato via social dove si commentava che l'intervista di Parolin, «sebbene sicuramente ben intenzionata , rischia di minare gli sforzi per porre fine alla guerra a Gaza e contrastare il crescente antisemitismo. Si concentra sulla critica a Israele, trascurando il continuo rifiuto di Hamas di rilasciare gli ostaggi o di porre fine alla violenza».

Ora mi domando: ma davvero la Chiesa può essere attaccata così frontalmente senza che non vi sia una reazione da parte degli stessi palazzi e delle stesse istituzioni sempre così sensibili a cercare contatti con il Papa? Quelli che andavano in giro con il rosario in mano non hanno capito il sottile attacco alla Chiesa cattolica? E i famosi cattolici che l’arco parlamentare accoglie sparpagliati a destra come al centro e a sinistra, zitti?

Qui non è più soltanto il premier Netanyahu, qui è lo stato di Israele a esprimere un giudizio morale e politico nei confronti del Vaticano, al quale di fatto viene intimato di non intromettersi se non a sostegno delle ragioni israeliane. L’attacco è politico laddove esplicita un inconsistente nesso eziologico tra l’intervista e il processo di pace; ed è morale laddove non contrasta a loro dire il crescente antisemitismo. Quel documento diplomatico pesa come un macigno e - ahinoi - conferma il DELIRIO di Israele di considerarsi nel Giusto, un delirio impastato di quel fanatismo messianico di cui è composto il governo di Netanyahu, come dimostra l’accusa verso Parolin di essere ricorso a una «equivalenza morale non pertinente (…) ad esempio, l'applicazione del termine "massacro" sia all'attacco genocida di Hamas del 7 ottobre sia al legittimo diritto di Israele all'autodifesa. Non esiste equivalenza morale tra uno Stato democratico che protegge i propri cittadini e un'organizzazione terroristica intenzionata a ucciderli». Io ritengo che il peso del documento è figlio della stessa arroganza con cui l’esercito con la Stella di David bombarda, uccide, rade al suolo civili inermi. Altro che asimmetria morale.

La verità delle cose è che Israele sta giudicando il Vaticano, cioé la Chiesa cattolica, e confesso che tanta codardia da parte della classe politica (specie nel centrodestra) inizia a infastidirmi tanto quanto la disinvoltura con cui a sinistra si emula un vittimismo nauseante se si pensa alle vere vittime nella Striscia. L’intervista del cardinale Parolin e nei giorni precedenti le dichiarazioni del patriarca latino di Gerusalemme, cardinale Pizzaballa, rispetto all’impegno di fornire aiuti in quelle zone martoriate (disponibilità non accolta dalla militanza egotica della Flotilla) fortificano il ruolo della Chiesa nel processo di pace anche nell’area mediorientale. Israele non vuole che ci siano altri soggetti, tanto più se critici sull’operato di Netanyahu, che interferiscano sulla road map? Israele ormai sta agendo con la Spada di chi si sente investito dall’alto e si fa scudo del dramma dell’Olocausto per incassare un credito con la Storia?

A leggere le dichiarazioni della sua diplomazia presso la Santa Sede così pare: l’intervista mina gli sforzi per porre fine alla guerra (guerra che tra l’altro stanno conducendo loro unilateralmente nella Striscia e nella regione circostante, variabile di non poco conto che però il nostro governo e la Commissione europea trascurano) e non contrasta il crescente antisemitismo, hanno scritto. Con arroganza e fanatismo preoccupanti.

di Gianluigi Paragone

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