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Tradimento in alto mare: Italia e Spagna si inchinano a Israele e abbandonano la Flotilla umanitaria a 150 miglia dalla costa

Non si calpesta il diritto internazionale per compiacere un governo che del diritto internazionale fa carta straccia da decenni. Le navi Alpino e Furor, ferme rispettivamente a 150 e 120 miglia dalla costa di Gaza, sono il simbolo perfetto di questa Europa: potente sulla carta, inutile nei fatti

01 Ottobre 2025

Flotilla verso Gaza, il piano di Israele per fermare le imbarcazioni: dal blocco navale a intervento Idf con droni volanti e subacquei

Flotilla verso Gaza Fonte: Centro Studi Sereno Regis

Mentre la Global Sumud Flotilla affronta il pericolo in acque internazionali e poi in quelle palestinesi di Gaza, le navi militari italiana e spagnola si fermano a 150 miglia dalla costa. Un disimpegno che sa di complicità.

- La nave militare italiana Alpino si è fermata a 150 miglia nautiche dalla costa di Gaza

Momenti in cui le parole roboanti sulla solidarietà internazionale, sui diritti umani e sulla protezione dei cittadini si scontrano brutalmente con la realtà dei rapporti di forza. Quello che sta accadendo in queste ore concitate e sature d'ansia nel Mediterraneo orientale, è uno di quei momenti. La nave militare italiana Alpino si è fermata a 150 miglia nautiche dalla costa di Gaza, lasciando la Global Sumud Flotilla – con oltre 50 imbarcazioni e centinaia di attivisti, tra cui cittadini italiani – al proprio destino. La fregata interromperà il suo servizio di scorta una giornata di navigazione prima che la missione raggiunga il blocco israeliano, dichiarato a venti miglia dalla costa. In mezzo, ci sono 130 miglia nautiche di acque internazionali dove dovrebbe valere il diritto internazionale, non le minacce di uno Stato che da decenni calpesta ogni norma. E la Spagna? Quella Spagna che si era presentata come paladina della libertà di navigazione? Ha fatto esattamente la stessa cosa. Anzi, peggio: si è fermata ancora prima.

- Il diritto internazionale? Solo carta straccia

Secondo l'Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione (ASGI), Giuristi Democratici e Comma 2, le acque antistanti Gaza non sono israeliane: sono palestinesi. Il diritto del mare è cristallino: le acque territoriali si estendono fino a 12 miglia nautiche dalla costa. Tutto il resto sono acque internazionali, dove vige la libertà di navigazione sancita dalle convenzioni ONU. Anche Greenpeace ha detto la propria senza mezzi termini: "Le acque davanti a Gaza sono dello Stato Palestinese, che però l'Italia non ha ancora riconosciuto". Riflettiamo un momento: l'aspetto grave della questione è che l'Italia sta regalando a Israele la giurisdizione su 130 miglia nautiche di acque internazionali. Stiamo parlando di oltre 240 chilometri di mare dove, secondo il diritto internazionale, nessuno stato può impedire la libera navigazione. Ma evidentemente, quando lo Stato amico è Israele, il diritto internazionale diventa un fastidioso dettaglio tecnico. Ormai vige il diritto della forza, il diritto internazionale è stato velocemente abbandonato nel caso di Israele (contrariamente però a quanto accade con la Russia), nessuno si sente in grado di farlo rispettare, a partire dalla UE che si finge morta, pur di non guardare. Che tristezza, che ipocrisia, che squallore l'inchinarsi a chi fa la voce grossa ed ha armamenti e soldi da spendere e da distribuire qua e là, in Europa come negli USA.

- Un blocco navale illegale spacciato per legittimo

Il blocco navale israeliano su Gaza è illegale. Anche senza voler indagare sulla sua illegittimità sin dall'inizio, il blocco è sicuramente illecito e NON può essere forzatamente mantenuto nei confronti di navi che portino aiuti umanitari, aiuti che vanno in particolare verso la popolazione di Gaza che vive in uno stato di fortissima precarietà, come sappiamo fin troppo bene tutti, anche se lo Stato occupante di Israele ha addirittura pagato degli influencer per farci credere il contrario. Il diritto internazionale umanitario vieta blocchi navali che abbiano l'effetto di ridurre la popolazione alla fame. ONG, attivisti, giuristi e diversi governi considerano illegale il blocco israeliano su Gaza, sottolineando come esso configuri una forma di punizione collettiva nei confronti della popolazione palestinese, in aperto contrasto con il diritto internazionale. Ma questo al governo italiano non interessa. Anzi, molti attivisti sottolineano che fermarsi a 120-150 miglia significa regalare un enorme pezzo di acque internazionali al regime israeliano.

- Anche la Spagna capitola: la grande ipocrisia

All'inizio sembrava diverso. Il Ministro degli Esteri spagnolo, José Manuel Albares, aveva dichiarato con orgoglio: "C'è un principio molto chiaro nel diritto internazionale ed è la libera navigazione sui mari". Parole bellissime. Peccato che siano rimaste solo parole. La Spagna ha infatti inviato la nave militare Furor (per accompagnare la Flotilla) che, non solo si è fermata, ma ha ricevuto ordini ancora più restrittivi della fregata italiana: fermarsi a 120 miglia nautiche da Gaza, esattamente nel punto indicato da Israele come "zona di esclusione". Il governo spagnolo ha "fortemente raccomandato" ai membri della Flotilla di non proseguire, avvertendo che la nave Furor "non potrà entrare nella zona di esclusione stabilita dall'esercito israeliano".

L'organizzazione della Flotilla ha (giustamente) risposto duramente: Madrid ha rinunciato a prestare "la protezione necessaria per arrivare" alle coste di Gaza. "Per azione e omissione, il governo spagnolo diventa un complice di quanto potrà accadere". Eccola qui, la grande differenza tra la socialdemocrazia spagnola e la destra italiana: nessuna. Purtroppo. Entrambi i governi parlano bene e razzolano malissimo. Entrambi inviano navi da guerra potentissime – l'Alpino italiana da 6.700 tonnellate con sistemi missilistici avanzati, la Furor spagnola da 2.840 tonnellate equipaggiata persino con mitragliatrici di fabbricazione israeliana - per poi fermarle in mezzo al mare, ben lontane da qualsiasi possibilità di intervento reale. Un dispiegamento di forza che si trasforma in uno spettacolo di debolezza. O meglio, di complicità.

- Complici di genocidio

Chiamiamo le cose col loro nome. Esperti ONU hanno dichiarato che la Freedom Flotilla ha il diritto di libero passaggio in acque internazionali e Israele non deve interferire con la sua libertà di navigazione, da lungo tempo riconosciuta dal diritto internazionale. Secondo il Segretario Generale dell'International Transport Workers' Federation: "La legge del mare è chiara: attaccare o sequestrare navi umanitarie non violente in acque internazionali è illegale e inaccettabile". La Global Sumud Flotilla ha affermato che la sua flotta è entrata nella "zona ad alto rischio", a 150 miglia nautiche dalle acque di Gaza, dove le flottiglie precedenti erano state attaccate o fermate dalle forze israeliane. Il 23-24 settembre la Flotilla ha subito un attacco con droni che ha causato esplosioni e danni alle imbarcazioni, in pieno territorio europeo, mentre si trovava vicino a Creta. La risposta italiana? Mandare una nave per poi ritirarla prima che possa servire a qualcosa. Secondo Il Messaggero, l'operazione costa dai 30mila ai 300mila euro al giorno. Soldi dei contribuenti spesi per una missione di facciata, per salvare la faccia senza salvare nessuno. Attenzione: come già detto, superate le acque internazionali, si entra in quelle di Gaza, che NON sono di Israele!

- La lezione del 2010: dieci morti dimenticati

Nel 2010, i commando israeliani assaltarono la Mavi Marmara in acque internazionali, a 64 km dalla costa israeliana e 200 km da Gaza, uccidendo 10 attivisti. Un rapporto del Consiglio dei Diritti Umani dell'ONU concluse che le circostanze dell'uccisione di almeno sei passeggeri erano compatibili con esecuzioni extragiudiziali, arbitrarie e sommarie. A giugno 2025, Israele ha intercettato la nave Madleen con Greta Thunberg a bordo, sempre in acque internazionali. Poche settimane fa, la Flotilla è stata attaccata da droni mentre navigava in acque internazionali, con esplosioni abbastanza potenti da poter affondare una barca. Israele ha dimostrato ripetutamente di non rispettare né il diritto internazionale né la vita umana. E il governo italiano cosa fa? Si ritira. Pilatescamente se ne i lava le mani. Scarica la responsabilità dell'iniziativa su chi, in assoluta buona fede, ha pensato che recare pacificamente cibo e medicine in segno di solidarietà a una popolazione affamata sia un atto di umanità e non un crimine.

- La vergogna di una nazione

Quando uno Stato invia una nave militare con il compito dichiarato di proteggere i propri cittadini, ma poi la ferma a 130 miglia dal confine illegalmente autoproclamato da Israele, non sta proteggendo nessuno. Sta mandando un messaggio chiaro: non ci importa di quel che vi accadrà, non ci mettiamo contro Israele. Fonti di sicurezza israeliane riportano che la marina israeliana prevede di trasferire gli attivisti su una grande nave militare e di rimorchiare le imbarcazioni verso il porto di Ashdod, con la possibilità che alcune vengano affondate in mare. E l'Italia? Assente. In nome dell'"amicizia" con uno Stato che continua a violare sistematicamente ogni norma del diritto internazionale, che affama due milioni di persone, che attacca navi umanitarie in acque internazionali, che occupa illegalmente territori che non gli appartengono e tutto il resto che ben conosciamo.

- L'ipocrisia della Meloni: dare la colpa alle vittime

Ma c'è un'altra perla nella retorica del governo italiano. Giorgia Meloni ha avuto il coraggio di affermare che la Flotilla rischia di "far naufragare" il presunto accordo di pace voluto da Trump, Netanyahu e Tony Blair per Gaza, piano che forse però è meglio chiamare con il suo vero nome, Gaza Riviera. La Presidente del Consiglio ha dichiarato che "forse le sofferenze del popolo palestinese non erano la priorità" degli attivisti.

Che coraggio. La premier italiana sta dando la colpa dell'eventuale fallimento di un accordo (che fa acqua da tutte le parti e che è già stato bocciato anche dagli estremisti messianici di destra del governo Netanyahu) agli attivisti che portano cibo e medicine, invece di dire come stanno le cose: quell'accordo è una truffa, un'ingiustizia mascherata da pace.

Facciamoci qualche domanda scomoda su tale "piano di pace":

E i territori occupati illegalmente? Verranno restituiti?

E le colonie illegali in Cisgiordania?

E le migliaia di palestinesi – inclusi donne e bambini – rinchiusi nelle carceri israeliane senza accusa né processo?

E l'autodeterminazione del popolo palestinese?

E la protezione da futuri massacri?

E l'apartheid che va avanti da decenni?

Nessuna risposta. Perché quell'accordo non affronta nessuna di queste questioni. È l'ennesimo tentativo di normalizzare l'occupazione, di far accettare ai palestinesi le briciole mentre Israele continua a violare sistematicamente ogni loro diritto. E Meloni cosa fa? Accusa chi porta solidarietà di "mettere a rischio la pace". Quale pace? La pace del genocidio che Israele – con la fortissima complicità USA - sta compiendo e che nessuno è in grado di fermare? La pace della resa incondizionata? La pace dell'apartheid permanente?

Questa non è solo complicità. È capovolgimento della realtà. È dare la colpa alle vittime per le azioni dei carnefici.

- Non si fa così

In conclusione, non si obbedisce alle minacce di uno Stato-canaglia lasciando da soli chi si muove nel giusto e con intenti pacifici. Non si abbandona chi porta solidarietà a chi soffre. Non si calpesta il diritto internazionale per compiacere un governo che del diritto internazionale fa carta straccia da decenni. Le navi Alpino e Furor, ferme rispettivamente a 150 e 120 miglia dalla costa di Gaza, sono il simbolo perfetto di questa Europa: potente sulla carta, inutile nei fatti. Equipaggiate con i sistemi d'arma più avanzati, ma paralizzate dalla paura di dispiacere a chi comanda davvero nel Mediterraneo orientale. Tra quelle navi ferme e la Flotilla che avanza ci sono oltre 100 miglia nautiche di acque internazionali. Ma soprattutto, c'è un abisso morale. Da una parte, centinaia di attivisti che rischiano la vita per portare cibo e medicine. Dall'altra, governi che hanno scelto di voltarsi dall'altra parte. La Storia giudicherà. E la vergogna di questo tradimento resterà. Di entrambi. Dell'Italia e della Spagna. Personalmente, voglio esprimere la mia più totale solidarietà agli attivisti della Global Sumud Flotilla, condannando contemporaneamente e fermamente la complicità del governo italiano con le violazioni del diritto internazionale perpetrate da Israele.

di Eugenio Cardi

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