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Rus’ di Kiev: alle origini della civiltà russo-europea tra eredità bizantina e identità contesa, in un'importante matrice condivisa

Parlare oggi di Russia e di cultura russa è diventato quasi un atto di sfida, un rischio di incomprensione o, peggio, di censura. Tuttavia, in questo clima culturale avverso e politicizzato, si rende più che mai necessaria una riflessione profonda sulle radici storiche della civiltà russo-orientale

19 Settembre 2025

Civiltà russo-europea

Civiltà russo-europea, fonte: Wikipedia

Parlare oggi di Russia e di cultura russa è diventato quasi un atto di sfida, un rischio di incomprensione o, peggio, di censura. Tuttavia, in questo clima culturale avverso e politicizzato, si rende più che mai necessaria una riflessione profonda sulle radici storiche della civiltà russo-orientale. In particolare, la Rus’ di Kiev, da molti considerata la culla della civiltà slavo-orientale, rappresenta un capitolo decisivo della storia europea, oggi più che mai oggetto di strumentalizzazione politica.

L’analisi prende spunto da un contributo pubblicato nel 2019 su La Civiltà Cattolica da Vladimir Pachkov, intitolato L’Occidente e la Russia. Radici culturali di un confronto. Già allora si evidenziava come, dopo la fine dell’Unione Sovietica, una larga parte del popolo russo aspirasse a tornare parte dell’Europa. Un’Europa che, tuttavia, ha continuato a guardare a Mosca con sospetto, ignorando spesso le sue radici comuni, le sue affinità culturali e spirituali.

La Rus’ di Kiev: matrice condivisa

Per comprendere la civiltà russa — così come quella ucraina e bielorussa — bisogna necessariamente tornare alle origini: alla Rus’ di Kiev. Nata nel IX secolo come un’entità politica fondata dall’élite variaga — vichinga — che si fuse con le popolazioni slave locali, la Rus’ fu più di un semplice principato. Fu il primo grande esperimento di stato multiculturale e multilingue dell’Europa orientale, ponte tra il mondo germanico-scandinavo, quello slavo e l’universo bizantino.

Non a caso, il nome stesso “Rus’” non ha origine slava, ma deriva dal balto-finnico, e indicava originariamente i “rematori” provenienti dalla Svezia orientale — i norreni. Questi si insediarono lungo le grandi vie fluviali, da Novgorod a Kiev, stabilendo avamposti commerciali e alleanze con le tribù locali. Fu Oleg, nell'882, a unificare le varie città sotto la guida di Kiev, dando origine alla struttura statale della Rus’.

Un’identità culturale bizantina

La vera svolta si ebbe con Vladimir il Grande, che nel 988 adottò ufficialmente il cristianesimo ortodosso. Questo evento segnò l’ingresso della Rus’ nell’orbita culturale e religiosa dell’Impero Bizantino, con tutte le conseguenze del caso: dalla liturgia in lingua paleoslava (paleobulgaro), all’adozione dell’alfabeto cirillico, fino alla costruzione di un’identità religiosa e imperiale che vedeva Kiev come la “seconda Costantinopoli.

Il concetto di Mosca come “Terza Roma”, sviluppatosi secoli dopo, affonda le radici proprio in questa scelta. Per i russi, Kiev è madre e matrice, non solo culturale ma spirituale. L’adozione del cristianesimo ortodosso non fu solo una conversione religiosa, ma un atto politico e culturale: serviva a distinguere la Rus’ dall’Occidente latino e germanico, pur mantenendone una forte affinità europea.

La frammentazione e l’eredità contesa

Dopo il suo apogeo tra il X e l’XI secolo, la Rus’ di Kiev iniziò un lento ma inesorabile declino, causato da lotte dinastiche e dalla crescente pressione delle invasioni mongole. Nel 1240, Kiev fu rasa al suolo dalle orde dell’Orda d’Oro. Da quella frattura nacquero nuovi centri di potere: la Moscovia, la Galizia-Volinia e i principati bielorussi.

Ed è qui che inizia la disputa moderna. Russia, Ucraina e Bielorussia si contendono oggi l’eredità di Kiev, ciascuna rivendicando un legame diretto con quell’antico stato. Mosca vede in Kiev la culla della sua civiltà e della sua ortodossia. Kiev, dal canto suo, rivendica la Rus’ come parte fondativa dell’identità ucraina, differenziandosi dalla narrazione imperiale russa. Minsk, più silenziosa, ne fa comunque elemento fondante della propria storia.

Tuttavia, è un errore moderno proiettare sul passato categorie nazionali. La Rus’ non fu mai uno “stato nazionale”, ma un’entità composita, con una classe dirigente scandinava, una popolazione slava e minoranze turche, finniche, iraniche. La sua identità era fluida, così come lo erano le lingue parlate: dal norreno al turco-oghuz, dal greco ecclesiastico all’ebraico dei mercanti, fino al paleobulgaro della liturgia cristiana.

La narrazione come arma geopolitica

Nel contesto attuale, la Rus’ di Kiev è divenuta terreno di scontro ideologico. L’Occidente tende a leggere la storia ucraina in chiave antirussa, dimenticando che per secoli Mosca ha costruito la propria identità in continuità con Kiev. Ma anche l’Ucraina moderna, nel tentativo di affrancarsi da Mosca, si appropria della Rus’ rimuovendo il ruolo avuto da variaghi e ortodossia.

Questa battaglia per la memoria non è solo accademica: è geopolitica. È attraverso il passato che si giustificano i confini, le alleanze, le guerre. E la Rus’ di Kiev, in quanto simbolo della nascita di una civiltà, diventa inevitabilmente terreno conteso.

Lo studio della Rus’ di Kiev dovrebbe invitarci alla cautela e alla complessità. Non esiste una sola “verità storica”, ma molteplici letture, tutte legittime se fatte con rigore. Ridurre questa civiltà a una “nazionalità” odierna è non solo anacronistico, ma anche pericoloso. La Rus’ appartiene alla storia comune dell’Europa orientale, e comprenderla in tutta la sua profondità significa anche riconoscere che la Russia, malgrado le tensioni del presente, è parte integrante della cultura europea. Chi dimentica queste radici condivise, condanna il futuro a nuove incomprensioni.

Di Riccardo Renzi

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