13 Settembre 2025
Il 14-15 settembre 2025, Doha si prepara a ospitare un summit arabo-islamico di emergenza che potrebbe ridefinire gli equilibri geopolitici del Medio Oriente. L'incontro convocato in risposta al primo attacco israeliano nella storia del Qatar.
L'importante conferenza vedrà la partecipazione di leader da tutto il mondo arabo e islamico per coordinare una risposta collettiva all'escalation senza precedenti di Tel Aviv. Il summit, preceduto da una riunione preparatoria dei Ministri degli Esteri domenica 14 settembre, rappresenta molto più di una semplice condanna diplomatica, così come ha dichiarato il Primo Ministro del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman Al-Thani: "C'è una risposta collettiva che dovrebbe avvenire dalla regione", suggerendo che potrebbero emergere misure concrete e coordinate.
Il summit arabo-islamico rappresenta un test cruciale per l'unità regionale e la capacità di risposta del mondo arabo. Le opzioni che potrebbero emergere dall'incontro includono:
Il 9 settembre 2025 ha segnato una data spartiacque. Per la prima volta nella sua storia, Israele ha condotto un attacco aereo sul territorio del Qatar, colpendo edifici residenziali nella capitale Doha mentre i leader di Hamas erano riuniti per discutere l'ultima proposta di cessate il fuoco dell'amministrazione Trump.
L'operazione "Atzeret HaDin" (Giorno del Giudizio) ha causato la morte di sei persone: cinque membri di Hamas, incluso Humam al-Hayya (figlio del capo negoziatore Khalil al-Hayya), e il caporale qatariota Badr Saad Mohammed al-Humaidi al-Dosari. Tuttavia, l'obiettivo principale - eliminare la leadership negoziale di Hamas - è fallito, con i leader principali sopravvissuti all'attacco. L'ironia della situazione è drammatica e rende fin troppo bene il senso dello Stato sionista e occupante per le trattative legate al cessate il fuoco: Israele ha attaccato i negoziatori proprio mentre questi stavano valutando un accordo di pace, interrompendo il processo diplomatico nel momento in cui sembrava possibile un progresso.
La reazione dell'amministrazione Trump è stata inequivocabilmente critica. Il Presidente ha definito l'attacco "inaccettabile" e ha pubblicamente espresso il suo disappunto: "Non sono entusiasta di tutta la situazione. Non è una buona situazione". Secondo fonti dell'amministrazione, Trump avrebbe avuto una conversazione "accesa" con Netanyahu, chiedendogli esplicitamente di non ripetere attacchi simili. La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, è stata ancora più diretta: "Bombardare unilateralmente all'interno del Qatar, una nazione sovrana e stretto alleato degli Stati Uniti che sta lavorando duramente e coraggiosamente correndo rischi con noi per mediare la pace, non fa avanzare gli obiettivi di Israele o dell'America".
Il Primo Ministro qatariota Al-Thani ha definito l'attacco "terrorismo di Stato" e ha annunciato che il Qatar "si riserva il diritto di rispondere". L'Arabia Saudita ha condannato "nei termini più forti la brutale aggressione israeliana", mentre la Turchia ha dichiarato che l'attacco dimostra che Israele "non mira a raggiungere la pace, ma piuttosto a continuare la guerra".
Particolarmente significativa è stata la reazione dell'Egitto, che ha inviato il Ministro degli Esteri Badr Abdelatty a Doha per esprimere "piena solidarietà" e discutere modi per affrontare "la pericolosa escalation israeliana".
L'attacco a Doha non è un evento isolato. Nei tre giorni precedenti e successivi, Israele ha condotto operazioni militari in sei Paesi diversi, terzi e sovrani: Palestina, Libano, Siria, Tunisia, Qatar e Yemen. Il giorno successivo al bombardamento di Doha, Israele ha bombardato lo Yemen, uccidendo almeno 35 persone in quel di Sana'a, capitale yemenita. Questa escalation senza precedenti suggerisce una pericolosa e inquietante strategia israeliana di pressione militare massima, che procede a tutta velocità indipendentemente dalle ovvie e nefaste conseguenze diplomatiche.
L'attacco ha colpito al cuore il processo di mediazione che da mesi tentava di raggiungere un cessate il fuoco a Gaza. Il Qatar, insieme all'Egitto, è stato il principale mediatore tra Hamas e Israele. Ora, Al-Thani ha dichiarato che il Qatar sta "rivalutando tutto" riguardo ai suoi sforzi di mediazione.
Questo sviluppo è particolarmente grave considerando che Hamas stava effettivamente considerando l'ultima proposta americana quando è avvenuto l'attacco.
L'attacco invia un messaggio inequivocabile ai Paesi del Golfo che hanno investito trilioni di dollari nella partnership con gli Stati Uniti: nemmeno lo status di alleato americano garantisce protezione dalle azioni israeliane. Il Qatar ospita la più grande base militare americana nella regione (Al-Udeid Air Base), ha accolto Trump con tutti gli onori pochi mesi fa, e ha mediato instancabilmente per la pace. Eppure, tutto questo non è bastato a proteggerlo da un attacco unilaterale israeliano.
Netanyahu sembra intenzionato a continuare sulla strada dell'escalation. Ha minacciato apertamente: "Dico al Qatar e a tutte le nazioni che ospitano terroristi: o li espellete o li portate in giustizia. Perché se non lo fate, lo faremo noi".
Questa retorica aggressiva, che estende implicitamente la minaccia ad altri Paesi della regione e non, dal momento che ha ripetuto più volte pesanti minacce anche al Pakistan, ha provocato una condanna unanime. Il Primo Ministro qatariota ha risposto che Netanyahu "deve essere portato davanti a un tribunale" e che le sue minacce sono inaccettabili.
Il summit del 14-15 settembre potrebbe segnare l'inizio di un riallineamento geopolitico fondamentale. Se i Paesi arabi e islamici riusciranno a produrre una risposta coordinata e sostanziale, potremmo assistere a:
Mentre scrivo questo articolo, i leader regionali stanno convergendo su Doha per quello che potrebbe essere il summit più significativo degli ultimi decenni. Le delegazioni di oltre 30 Paesi sono attese per discutere non solo l'attacco israeliano, ma il futuro stesso dell'ordine regionale. Il primo ministro qatariota ha già chiarito che "la mediazione è parte integrante dell'identità del Qatar" e che quindi continuerà a sostenere tale ruolo, ma ha anche avvertito che "Netanyahu ha ucciso ogni speranza per gli ostaggi" con le sue azioni.
In conclusione, l'attacco israeliano a Doha rappresenta molto più di un'operazione militare fallita. È un momento di svolta che potrebbe ridefinire l'equilibrio geopolitico del Medio Oriente per gli anni a venire.
Per la prima volta, Israele ha violato la sovranità di un membro del Consiglio di Cooperazione del Golfo in modo così flagrante da provocare condanne persino dal suo principale alleato. Le conseguenze di questo precedente si estenderanno ben oltre le immediate reazioni diplomatiche.
Il summit di Doha dirà se il mondo arabo e islamico è pronto a trasformare l'indignazione in azione concreta, o se ancora una volta si limiterà a dichiarazioni di principio. Ma una cosa è certa: dopo il 9 settembre 2025, nulla sarà più come prima nelle relazioni mediorientali.
Di Eugenio Cardi
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