11 Settembre 2025
John O’Neill: l'agente speciale dell'FBI che avrebbe potuto fermare l’11 settembre Fonte: Esquire Classic
L’11 settembre 2001 non è solo una data. È un marchio a fuoco. Lo spartiacque tra il prima e il dopo. Ma non fu semplicemente un attentato. Fu un colpo di Stato globale, un golpe travestito da catastrofe spettacolare: sceneggiato, prodotto e trasmesso in diretta mondiale.
Chi ha vissuto quella giornata non ricorda solo i fatti, ma l’emozione, l’incredulità il terrore, l’angoscia. Non abbiamo assistito a un fatto, ma a una rappresentazione. Un’illusione degna dei migliori palchi di Las Vegas, calibrata al minuto: novanta, come la durata ottimale di un film. Un vero capolavoro, macabro, di regia.
Da allora, il mondo si è diviso in due: chi cercava la verità e chi, più comodamente, si è accodato alla “versione ufficiale”. Il mainstream ha bollato i primi come “complottisti”, ma in realtà il complotto stava dall’altra parte, blindato, negli uffici del potere.
Non a caso, già tre anni dopo, l’11 settembre 2004 il New York Times ammetteva che la verità restava avvolta nel fumo delle torri: “Abbiamo iniziato a capire che è possibile sapere cosa è successo senza sapere cosa è successo.”
In questo scenario, più che l’analisi dei fatti e di tutte le incongruenze della versione ufficiale, è esemplare la vicenda di John O’Neil, agente speciale dell’FBI. L’uomo che poteva fermare l’11 settembre. O’Neill era tutto fuorché un burocrate in giacca e cravatta.
Nel 1995 assunse il comando dell’antiterrorismo a Washington, e 2 anni dopo divenne responsabile della sicurezza nazionale a New York. Determinato, caparbio, appassionato del suo lavoro. Lawrence Wright, nel suo libro “The Looming Tower”, lo descrive così: “Era arrivato al quartier generale di domenica mattina, dopo una notte di guida da Chicago. Nessuno lo attendeva, nessuno lo obbligava: era lì per dovere, o forse per destino.”
Dal 1995 al 2001, O’Neill seguì con instancabile tenacia la pista del Piano Bojinka, messo a punto dall’organizzazione filippina Abu Sayyaf. Il progetto fu scoperto nel gennaio del 1995, dopo l’irruzione della polizia filippina in un appartamento a sud di Manila. Gli agenti della polizia filippina trovarono dei floppy disk e un PC contenenti un file denominato, appunto, “Piano Bojinka” che in serbo-croato significa grande botto. Tavole, illustrazioni, fotografie e rapporti scritti che descrivono un piano terroristico per colpire al cuore gli USA.
Gli obiettivi identificati erano grattacieli - simbolo della potenza americana di 11 città statunitensi. Tra cui, ovviamente, New York. Il documento era la prova dell’esistenza di un progetto terroristico su ampia scala che prevedeva l’uso di aerei civili da lanciare come armi contro grattacieli americani.
Nei rapporti ufficiali O’ Neil scrive che i vertici dell’FBI e agenti della CIA gli impedirono di portare efficacemente a termine il suo lavoro di indagine. Ogni volta che O’ Neil si avvicinava troppo al cuore dell’inchiesta i suoi sforzi venivano neutralizzati. Testimoni rilasciati, sospettati svaniti nel nulla: una sequenza di ostacoli che aveva poco di casuale e molto di sabotaggio interno.
Sfinito dalle lotte intestine, O’Neill si dimise dall’FBI dopo 25 anni di servizio. Immediatamente dopo le sue dimissioni, O’Neill ottenne un nuovo incarico come direttore della sicurezza del World Trade Center. Il suo ufficio era al 34° piano della Torre Sud. Un lavoro che sembrava segnato dal destino.
Il suo primo giorno di lavoro fu il 23 agosto 2001, appena un giorno dopo aver lasciato l’FBI. Pochi giorni dopo l’inizio del suo nuovo lavoro, l’incubo di O’Neill si avvera.
Alle 8:46 dell’11 settembre 2001, un aereo si schianta contro la Torre Nord. O’Neill, che si trovava nel suo ufficio nella Torre Sud, corse immediatamente nel lobby della Torre Nord per coordinare i soccorsi. Era lì, con i vigili del fuoco, quando la Torre Sud fu colpita.
L’America era sotto attacco, proprio come lui aveva previsto dopo aver studiato con attenzione i documenti del Piano Bojinka. Dopo aver coordinato i soccorsi al telefono, O’Neill fu visto per l’ultima volta dirigersi verso la Torre Sud, probabilmente per verificare l’efficacia degli interventi di soccorso.
Alle 9:59, la Torre Sud crollò. O’Neill morì a 49 anni sotto le macerie della catastrofe che aveva previsto e cercato di impedire. Se non gli avessero tarpato le ali, forse la storia del mondo sarebbe diversa.
Ma si sa: i sistemi hanno bisogno di martiri, non di eroi scomodi.
Di Marco Pozzi
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