05 Agosto 2025
Gaza Etgar Keret Fonte: X @m_mugnani
Sulla decisione del gabinetto del premier Benjamin Netanyahu di invadere completamente la Striscia, lo scrittore israeliano Etgar Keret interviene e non usa mezzi termini. “Un incubo, il governo israeliano è fatto di razzisti, fanatici e messianici”, dichiara. E lancia un appello disperato: fermare il massacro.
Etgar Keret, intervistato sul genocidio in corso nella Striscia, risponde così ad un giornalista: “Vuole che pronunci quella parola che inizia per G? Posso dire quel che vedo: che Israele sta distruggendo intere città, che sta spostando milioni di persone da una parte e dall’altra, che usa la fame come arma di guerra. Vedo che è disumano, orribile, inaccettabile. Ma questa smania di definire è frutto della cultura Instagram. Putin è come Hitler? No è diverso. Quel che succede a Gaza è genocidio? Non lo so. Finiamo questo massacro, liberiamo gli ostaggi e poi chiamiamo i migliori giuristi del pianeta per capire se quest’orrore rientra nella categoria del genocidio e allora lo urleremo ai quattro venti: genocidio. Ma prima, per favore, fermiamolo”.
Lo scrittore israeliano rompe, poi, ogni ambiguità e condanna con durezza la decisione del governo Netanyahu di procedere con l’invasione completa della Striscia: “Un incubo. Stiamo vivendo un momento storico in cui la democrazia ha smesso di funzionare. La stragrande maggioranza degli israeliani vuole fermare la guerra e liberare gli ostaggi. Solo un 20% è favorevole a continuare con la violenza, magari anche spianare Gaza e approfittare del momento per vessare i palestinesi in Cisgiordania. Sono all’incirca due milioni di persone, estremisti come ce ne sono in tanti Paesi: razzisti, messianici, fanatici. Ma sono una frangia, come i neonazisti in Germania. Solo che qui sono al governo. Purtroppo per noi e i palestinesi fanno i ministri”.
Nonostante gli ultimi sondaggi sembrino premiare ancora Netanyahu, Keret è convinto del contrario: “Può essere che io stesso mi voglia ingannare, che non sappia accettare la realtà, però studio le ricerche demoscopiche e vedo che l’80% degli israeliani vuole smettere di combattere e che gli ostaggi siano a casa. L’abilità di Netanyahu è ripeterci da anni ormai, che sta trattando, che questa è la settimana decisiva, così va avanti col suo piano. Ha sempre lavorato creando caos, impedendo alla gente di ragionare”.
L’intellettuale denuncia il clima di confusione che regna nel Paese, dove la società israeliana è ancora imprigionata nel trauma del 7 ottobre: “Se chiedo a chi passa per strada cosa stiamo facendo a Gaza, mi rispondono alzando le mani: non lo sanno. C’è un problema prettamente israeliano e un altro mondiale. Noi siamo ancora nella nebbia del 7 ottobre. Non è stress post traumatico, è trauma continuo. La gente ha paura dei palestinesi, si sente insicura, si fida solo dell’esercito. E poi c’è il problema generale. Ci sono persone orribili come Trump e Netanyahu che riescono a far fare alla gente ciò che non vuole. L’intero sistema collabora. I social aiutano, ma anche i media tradizionali sono responsabili nel mantenere questo stato d’ansia e adrenalina che impedisce di pensare. Non passa sera senza un programma sul 7 ottobre. Invece su Gaza il nulla o quasi. Aspettiamo l’inviato americano Witkoff come fosse Godot. Deve andare lui a Gaza per dirci se c’è o no la carestia? Ma siamo pazzi?”.
In questo scenario, Keret continua a opporsi con la scrittura e con la presenza fisica nelle piazze, insieme alla moglie: “Ci provo scrivendo, ma anche tutti i sabati, con mia moglie in strada. Stiamo fermi con la foto di un bambino palestinese in mano. Nell’universo vittimistico in cui siamo immersi chi guarda non riesce ad accettare che esiste un’altra vittima. Siamo affetti da empatia selettiva che impedisce di comprendere la sofferenza degli altri”.
Le reazioni della gente dimostrano quanto sia profonda la frattura nella percezione pubblica: “Una signora mi ha urlato: ‘Ma non capisci che sono immagini create con l’intelligenza artificiale?’. Un altro mi ha detto che i gazawi potrebbero disfarsi di Hamas e tutto finirebbe, se non lo fanno è perché sono complici. Di solito non rispondo, ma in quel caso non ce l’ho fatta. Ho detto che noi abbiamo manifestato per mesi a centinaia di migliaia per liberarci di Netanyahu e non ci siamo riusciti. Come fanno i palestinesi con Hamas?”.
Nonostante tutto, lo scrittore crede ancora in una soluzione possibile, in una storia che prenda una direzione diversa: “La storia va verso i due Stati israeliano e palestinese che vivono uno accanto all’altro e i Patti di Abramo con i vicini. Voglio credere che Netanyahu e i criminali come Ben-Gvir siano un accidente della storia. Che prima o poi usciremo dalla nebbia del 7 ottobre e capiremo in che tragedia siamo finiti”.
Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.
Articoli Recenti
Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Luca Greco - Reg. Trib. di Milano n°40 del 14/05/2020 - © 2025 - Il Giornale d'Italia