Mercoledì, 17 Settembre 2025

Seguici su

"La libertà innanzi tutto e sopra tutto"
Benedetto Croce «Il Giornale d'Italia» (10 agosto 1943)

Le radici del male, Israele: macchina coloniale, macchina del terrore; dall’insediamento del 1882 al terrorismo di Stato legalizzato

Il genocidio di Gaza non è un caso scaturito dalla combinazione esplosiva degli intenti criminali delle menti folli di Netanyahu, Ben-Gvir, Smotrich e Katz. Il genocidio di Gaza è parte di un progetto che nasce già nelle menti dei primi coloni israeliani nel 1882

01 Luglio 2025

Il peccato originale della fondazione di Israele e il filo diretto che collega Begin a Netanyahu

Israele (Pixabay)

Creare un problema e poi (fingere di) risolverlo. È una tecnica con cui da sempre il Potere mette in atto le proprie strategie di conservazione ed esercita il controllo. A Tel Aviv sono maestri insuperabili in questo campo. Fin dall’inizio sono stati capaci di sottrarre terra e insediamenti ai legittimi proprietari per poi (fingere di) concedere, con grande “generosità”, una piccola parte del bottino a coloro a cui lo hanno sottratto.

Ai “sionisti di buona volontà” di casa nostra, che si affannano a sostenere che il sionismo non è la causa di come agisce Israele e che il problema, semmai è Netanyahu con il suo governo, va ricordato con fermezza quello che afferma lo storico israeliano Ilan Pappé: “Il sionismo è stato, sin dall’inizio, un progetto coloniale. Non di coabitazione, ma di espulsione. I coloni europei arrivarono in Palestina convinti che la terra fosse loro, e che gli arabi fossero un problema da rimuovere” .
La narrazione dominante ci racconta che il conflitto israelo-palestinese è scoppiato nel 1948, forse addirittura nel 1967. Ma, come ricorda Pappé, l’occupazione ha radici molto più profonde. È il 1882, anno delle prime immigrazioni sioniste nell’allora Palestina ottomana, il vero inizio di una storia di espropri, segregazione e pulizia etnica pianificata. Negli archivi dei primi coloni e nei loro diari si trova una retorica disumanizzante: i palestinesi sono definiti “stranieri” sulla propria terra. L’obiettivo non era coesistere, ma sostituire, prendere la terra e sbarazzarsi di chi la abitava.

Nel film documentario premio Oscar 2025 “No other Land” e nella serie di documentari sui coloni israeliani prodotta da Arte, emerge un dato allarmante: gli insediamenti non sono solo una violazione del diritto internazionale, ma l’incarnazione dell’ideologia etnica fondativa dello Stato d’Israele che fonde razzismo, suprematismo e colonialismo.
I coloni agiscono con la protezione dell’IDF, partecipano ad attacchi contro civili palestinesi, occupano case, distruggono uliveti, coltivazioni, bestiame, incendiano scuole, ecc. Tutto documentato. Tutto ignorato.
Fin dal principio la colonizzazione non è una deviazione dal sionismo: è la sua attuazione più coerente. Il massacro di Deir Yassin (9 aprile 1948) compiuto dalla formazione di terroristi dell’Irgun, guidata da Menachem Begin e dalla “Banda Stern” (Lehi) guidata tra gli altri da Yitzhak Shamir, è uno dei fatti storici più noti, uno dei tanti. Dal 1948 in poi, infatti, l’uso della violenza da parte dei coloni nei confronti dei palestinesi è diventato sistematico e programmato. Oltretutto va ricordato che Begin e Shamir hanno assunto entrambi il ruolo di primo ministro di Israele. A Begin è stato addirittura conferito il premio Nobel per la Pace nel 1978, nonostante i trascorsi da feroce terrorista.

Del resto, anche la “moderata” premier laburista Golda Meir nel 1969 dichiarò, in un’intervista al The Sunday Times, che “non esiste un popolo palestinese. Non è che siamo venuti, li abbiamo buttati fuori e abbiamo preso il loro paese. Non esistevano”. La signora Meir ribadì il concetto in più occasioni e lo riprese anche in un’intervista del 1972 rilasciata al New York Times. Il mito della “Terra Nulla”, una Terra senza Popolo. Un’altra figura di spicco del mondo politico e militare israeliano, Moshe Dayan, stabilì la modalità di gestione dei rapporti con gli stati confinanti. L’ex generale, famoso per la benda che ricopriva l’occhio sinistro perso in Siria durante la seconda guerra mondiale, teorizzò infatti che “Israele deve comportarsi come un cane pazzo, rabbioso e imprevedibile, per incutere terrore ai potenziali nemici”.

Già vent’anni anni dopo la costituzione dello stato di Israele si iniziava a contestare il modus operandi dei governi di Tel Aviv. Verso la fine degli anni sessanta il ministro degli Esteri del governo israeliano, Abba Eban, ebbe un’intuizione geniale con cui vennero bloccate sul nascere le contestazioni a Israele. Diede infatti disposizione a tutto il corpo diplomatico di accusare di antisemitismo chi contestava Israele. Ancora oggi è un’arma potentissima usata da Israele e dalla lobby israeliana per bloccare sul nascere ogni forma di dissenso.

Nel corso dei decenni Israele ha poi saputo costruire e imporre con grande abilità all’Occidente la visione di uno stato europeo che accidentalmente non si trova in Europa ma è del tutto europeo e occidentale. Si è alienato in qualsiasi modo dal proprio contesto geografico e antropologico. In questo senso va inquadrata, per esempio, la partecipazione di Israele ai campionati sportivi europei e all’Eurovision.

Il problema, con buona pace dei “sionisti di buona volontà” come Lerner,Mentana,Renzi,Calenda,Tajani, la signora Segre e la signora Shammah, è la natura stessa, la natura ideologica su cui si fonda Israele, come sostiene Ilan Pappé. La vocazione di Netanyahu per la guerra è infatti senza dubbio parte dell’eredità politica e morale dei suoi miti e mentori: Jabotinsky, Shamir e Begin. Un amico e ammiratore di Mussolini con simpatie e inclinazioni fasciste e due feroci terroristi diventati politici e capi di governo. La generazione dei “padri fondatori” di Israele ha infatti promosso e spesso compiuto atroci atti di terrorismo per cacciare i palestinesi dalle loro terre. Credevano fermamente che i sionisti potessero usare qualsiasi tipo di violenza – guerre, assassinii, terrore – per raggiungere il loro vero obiettivo finale, cioè l’eliminazione di qualsiasi rivendicazione palestinese di una patria.

Del resto perfino nella carta costitutiva del Likud (1977) si afferma in modo inequivocabile la precisa volontà di impedire la nascita dello Stato palestinese:  “Il diritto del popolo ebraico alla terra d'Israele è eterno e indiscutibile ed è legato al diritto alla sicurezza e alla pace; pertanto, la Giudea e la Samaria non saranno cedute ad alcuna amministrazione straniera; tra il Mar Morto e il Giordano ci sarà solo la sovranità israeliana.” Insomma, il famigerato canto “dal fiume al mare“, definito antisemita, in realtà è il centro del programma antipalestinese su cui è stato costituito Likud. Il punto successivo della carta esplicita ulteriormente il concetto: “Un piano che rinuncia a parti della Terra d'Israele occidentale, mina il nostro diritto al paese, porta inevitabilmente alla creazione di uno Stato palestinese, mette a repentaglio la sicurezza della popolazione ebraica, mette in pericolo l'esistenza dello Stato di Israele e vanifica qualsiasi prospettiva di pace.”

Il genocidio di Gaza non è un caso scaturito dalla combinazione esplosiva degli intenti criminali delle menti folli di Netanyahu, Ben-Gvir, Smotrich e Katz. Il genocidio di Gaza è parte di un progetto che nasce già nelle menti dei primi coloni israeliani nel 1882.

di Marco Pozzi

Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.

Commenti Scrivi e lascia un commento

Condividi le tue opinioni su Il Giornale d'Italia

Caratteri rimanenti: 400

Articoli Recenti

x