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Gaza, Idf ordina di sparare sui civili disarmati in attesa di aiuti umanitari, la testimonianza di alcuni soldati: "È un campo di sterminio"

Le testimonianze di alcuni soldati dell'Idf ad Haaretz: "Gaza è diventata un luogo con leggi proprie. La perdita di vite umane non ha più alcun peso. Non è nemmeno un ‘incidente sfortunato’, come si diceva una volta"

27 Giugno 2025

Israele

Soldati israeliani di stanza a Gaza hanno testimoniato ad Haaretz che l’Idf ha intenzionalmente aperto il fuoco contro civili palestinesi nei pressi dei centri di distribuzione degli aiuti umanitari nelle ultime settimane. Interviste con ufficiali e militari rivelano che i comandanti avrebbero ordinato di sparare sulle folle per disperderle o respingerle, anche quando era evidente che non rappresentavano alcuna minaccia. Un soldato ha descritto la situazione come "Un campo di sterminio" e "un completo collasso dei codici etici delle Forze di Difesa Israeliane a Gaza".

Gaza, Idf ordina di sparare sui civili disarmati in attesa di aiuti umanitari, la testimonianza di alcuni soldati: "È un campo di sterminio"

Secondo i dati del ministero della Salute di Gaza, amministrato da Hamas, dal 27 maggio sono stati uccisi 549 civili nelle vicinanze dei centri di distribuzione o lungo i percorsi dove la popolazione attendeva i camion dell’ONU. Oltre 4.000 persone sono rimaste ferite, ma non è noto quanti siano stati colpiti direttamente dai soldati israeliani.

La testata riferisce che il Procuratore Militare Generale ha incaricato il Meccanismo di Valutazione dei Fatti dello Stato Maggiore — l’organo dell’Idf che indaga su possibili violazioni del diritto bellico — di esaminare i recenti episodi sospetti accaduti presso i siti di aiuto.

I centri della Gaza Humanitarian Foundation (GHF), operativa da fine maggio, sono stati istituiti con il coinvolgimento di Israele, gruppi evangelici statunitensi e aziende private di sicurezza, vicine a Donald Trump e Benjamin Netanyahu.

La GHF gestisce quattro punti di distribuzione alimentare, tre nel sud e uno nel centro della Striscia, definiti dall’Idf “centri di distribuzione rapida” (Mahpazim). Ogni giorno vi si radunano migliaia — talvolta decine di migliaia — di palestinesi in cerca di cibo.

Contrariamente alle intenzioni iniziali, la distribuzione è caotica, con folle che si accalcano sulle forniture. Dall’apertura dei centri, Haaretz ha documentato 19 episodi di spari nelle vicinanze. Anche se in alcuni casi l’identità dei responsabili non è certa, l’Idf vieta l’accesso ad armati nelle zone umanitarie, salvo approvazione esplicita.

I punti di distribuzione aprono generalmente per un’ora al mattino. Secondo militari sul posto, l’Idf fa fuoco su chi si avvicina prima dell’orario previsto o dopo la chiusura per allontanare i civili. Alcuni scontri sono avvenuti di notte, quando — secondo testimoni — era difficile per la popolazione distinguere i confini dell’area consentita.

"È un campo di sterminio", ha dichiarato un soldato. "Nel mio settore, morivano da una a cinque persone ogni giorno. Vengono trattate come una minaccia ostile: niente gas lacrimogeni, solo fuoco vivo con ogni tipo di arma, mitragliatrici pesanti, mortai, lanciagranate. Poi, quando il centro apre, gli spari si interrompono, e loro capiscono che possono avvicinarsi. Il nostro modo di comunicare è sparare".

Ha aggiunto: "All’alba apriamo il fuoco se qualcuno prova a mettersi in fila, anche a centinaia di metri di distanza. A volte ci avviciniamo e li affrontiamo direttamente. Ma non c’è alcun rischio per noi". E ha sottolineato: "Non conosco neanche un caso di risposta armata. Non ci sono nemici, non ci sono armi". Le operazioni nell’area sono note come “Operazione Pesce Salato”, in riferimento alla versione israeliana del gioco per bambini “un, due, tre, stella”.

"Gaza non interessa più a nessuno", ha detto un riservista appena rientrato dalla zona nord della Striscia. "È diventata un luogo con leggi proprie. La perdita di vite umane non ha più alcun peso. Non è nemmeno un ‘incidente sfortunato’, come si diceva una volta".

Un ufficiale addetto alla sicurezza nei siti di distribuzione ha criticato duramente l’approccio dell’IDF: "Gestire una popolazione civile quando l’unico metodo di controllo è sparare è estremamente problematico, per usare un eufemismo". Ha spiegato che la sicurezza è articolata su tre livelli: personale statunitense all’interno dei centri; supervisori palestinesi, anche armati (alcuni legati alla milizia Abu Shabab), nella fascia intermedia; e forze IDF — inclusi carri armati, cecchini e mortai — lungo il perimetro esterno.

"Spariamo di notte per segnalare alla popolazione che si tratta di una zona pericolosa", ha detto. In un’occasione, quando i mortai hanno cessato il fuoco, i civili si sono avvicinati, costringendo i militari a riprendere i colpi. "Alla fine, uno dei proiettili è caduto su un gruppo di persone". Ha aggiunto che, in altre occasioni, sono state usate mitragliatrici o granate: "Non era intenzionale, ma succede".

Un soldato di riserva ha confermato che i comandanti hanno adottato una strategia di “deterrenza attiva” contro i civili che si avvicinano. Alcuni adolescenti, ha spiegato, si nascondono dietro cumuli di terra per avvicinarsi ai camion di cibo, ma "non rappresentano alcuna minaccia".

In un caso, ha raccontato, è stato ordinato un colpo di mortaio come “avvertimento” contro una folla vicino alla costa, ma l’uso “abituale” di questo tipo di fuoco ha comunque causato vittime. Quando qualcuno ha chiesto spiegazioni, "non c’era mai una risposta accettabile. Anzi, fare domande spesso faceva arrabbiare i comandanti".

Ha proseguito: "Se spariamo per avvertire e vediamo la gente tornare indietro verso Gaza, perché continuare a sparare?". Secondo lui, si giustifica l’uso della forza dicendo che i civili “sono ancora nascosti” e “non se ne sono andati”, ma in realtà "non possono muoversi se al minimo gesto apriamo il fuoco".

Un altro ufficiale riservista ha raccontato che durante un’azione simile sono state uccise almeno dieci persone. "Quando abbiamo chiesto il motivo dell’attacco, ci è stato detto che era un ordine dall’alto, e che i civili avevano minacciato le truppe. Ma so con certezza che erano a distanza, non erano un pericolo. Sono stati uccisi senza motivo". Ha aggiunto: "L’idea che uccidere innocenti sia diventato normale è terribile. Ci ripetevano che a Gaza non esistono non-combattenti e pare che molti ci abbiano creduto".

Durante una riunione al Comando Sud è emerso che è stato impiegato anche l’artiglieria per disperdere i raduni. "Si parla di usare artiglieria in un incrocio pieno di civili come fosse normale", ha raccontato una fonte militare. "Nessuno si chiede se tutto questo sia giusto. La morale è completamente assente. Ci si preoccupa solo di non compromettere la legittimità delle operazioni".

Alcune vittime, secondo fonti militari, sarebbero state causate anche dalle milizie armate sostenute dall’IDF, come Abu Shabab. "Controllano zone dove Hamas non ha accesso, e l’IDF li sostiene", ha spiegato un ufficiale. Un altro ha ammesso: "Ormai nessuno si assume più la responsabilità".

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