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Mosca, a ottant'anni dal giorno della vittoria nella Grande Guerra Patriottica, la grande parata militare: "Chiunque giri le spalle offende la memoria dei caduti"

Nessun rappresentante delle forze Alleate, nessun leader europeo eccetto lo slovacco Robert Fico, il serbo Aleksandar Vucic e il serbo bosniaco Milorad Dodik

08 Maggio 2025

Domani a Mosca, a ottant'anni dal giorno della vittoria nella Grande Guerra Patriottica, la grande parata militare: "Chiunque giri le spalle offende la memoria dei caduti"

Parata del Giorno della Vittoria (fonte: Lapresse)

Chi scrive ha il dovere di raccontare una verità tremenda, e chi legge ha il dovere civile di conoscerla, questa verità. Chiunque giri le spalle, chiuda gli occhi o passi oltre offende la memoria dei caduti.” (Vasily Grossman, autore di Stalingrado)

Domani – a distanza di ottant'anni – i cittadini della Federazione Russa, nessuno escluso, festeggeranno la fine della Seconda Guerra Mondiale, la “Grande Guerra Patriottica”.

La parata militare sulla Piazza Rossa non sarà dissimile da quella del 1945

Per noi italiani è difficile comprendere quanto sia stata importante – nella formazione dell'identità russa – la vittoria delle truppe sovietiche.

L'URSS venne aggredita il 22 giugno 1941, quando le forze armate del Terzo Reich attraversarono il confine con 134 divisioni equipaggiate con i mezzi corazzati e le armi più moderne. L'Operazione Barbarossa era nata dalla mente malata di Adolf Hitler. Il Generalplan Ost prevedeva la conquista di uno spazio vitale a Est (il famigerato Lebensraum) per popolarlo di tedeschi di pura razza ariana, la schiavizzazione delle popolazioni slave (destinate alla deportazione nelle zone più remote dell'Asia).

Le atrocità commesse dai tedeschi furono innominabili: l'Hungerplan si prefiggeva di sterminare la popolazione civile distruggendo completamente i raccolti. Il colmo dell'orrore (se è possibile stabilire un'insana graduatoria) si raggiunse nell'assedio di Stalingrado.

Vasily Grossman era presente, la sua opera è un monito per l'umanità intera.

La Grande Guerra Patriottica terminò con la conquista di Berlino, quando le truppe comandate dal Maresciallo Georgij Konstantinovič Žukov issarono la bandiera rossa sulle rovine della capitale nemica.

Nel corso della guerra, una parte della popolazione ucraina aveva costituito la Waffen SS Galizia e combattuto dalla parte sbagliata della Storia.

Lo voglio ripetere: dalla parte sbagliata della Storia. Il negazionismo, il revisionismo storico mi fanno ribrezzo: gli ucraini nelle SS furono circa 50.000, e con loro gli olandesi (50.000), i lettoni (35.000), gli altoatesini (20.000), gli estoni (20.000), i croati (20.000), i danesi (11.000) eccetera.

Soltanto nel pogrom di Leopoli, i nazisti ucraini uccisero 4.000 ebrei in una notte.

Oggi, oltre il 40% di ucraini considera Stepan Bandera (ucciso da un agente del KGB a Monaco di Baviera nel 1959) un eroe. Statue in suo onore sono state erette in molte città e nelle scuole si insegna che fu un martire per l'indipendenza dell'Ucraina.

Oggi, il nazifascismo è tornato sotto mentite spoglie. Torna utile – nella propaganda contro Vladimir Putin – tacere dei crimini commessi dalle Waffen SS. Per la verità, la tendenza a dimenticare, a confondere i ruoli e le responsabilità, è incominciata da molti anni. L'apologia di figure storiche controverse (Benito Mussolini, Stepan Bandera) viene tollerata se finalizzata a mistificare la realtà storica ad usum delphini.

La seconda carica dello Stato non si limita ad affermare che “il Duce ha fatto anche cose buone”, ma ne colleziona busti e non esita a giustificare il saluto romano.

Non stupisce dunque che si sia giunti al punto di modificare persino Wikipedia, scrivendo che Auschwitz fu liberata dall'esercito ucraino. Tanto – ed è questo ciò che conta – in tutti i film (l'unica cosa che i giovani ricorderanno) si vede che venne liberata dai buoni di sempre, gli americani.

Mi perdonerete se cito un altro grande scrittore, Kurt Vonnegut, che nel suo capolavoro Mattatoio N. 5 racconta il bombardamento di Dresda: “Ho detto ai miei figli che non devono, in nessuna circostanza, partecipare a un massacro, e che le notizie di massacri compiuti tra i nemici non devono riempirli di soddisfazione o di gioia.” Dresda fu distrutta per terrorizzare, morirono soltanto civili, non vi era stanziata neppure una divisione tedesca. Fu un esempio di come gli americani hanno sempre inteso la guerra: prima distruggi tutto da lontano (B52, napalm, bombe atomiche) poi invadi.

I caduti dell'URSS nella Grande Guerra Patriottica furono circa 27 milioni, mentre quelli tedeschi furono oltre 10 milioni. C'era un invaso e un invasore e l'invasore non aveva alcuna giustificazione, non rispondeva alla sistematica persecuzione della popolazione germanofona.

Eppure, nonostante sia chiaro a tutti che l'Armata Rossa abbia sconfitto da sola il Terzo Reich sul fronte orientale, domani sulla Piazza Rossa ci saranno soltanto il leader slovacco Robert Fico, il Presidente serbo Aleksandar Vucic e il leader serbo bosniaco Milorad Dodik.

Una vergogna. L'ennesimo episodio di russofobia. L'ennesimo esempio di propaganda.

I cittadini della Federazione Russa non si meritavano una simile offesa. Per tutti loro, il sacrificio dei loro antenati è – ancora oggi, a 80 anni di distanza - sacro. Nemmeno Adolf Hitler è riuscito nel suo intento di schiavizzare e deportare il popolo russo e nessuno slavo – eccetto i discendenti dei nazisti, i negazionisti e i traditori – dimentica di essere stato giudicato inferiore perché non ariano.

Ma si sa, noi qui abbiamo la memoria corta e guardiamo molti film americani.

Di Alfredo Tocchi

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