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Il mondialismo a guida americana contro i BRICS: il vero scontro dietro la guerra alla Russia

Prima il comunismo, ora il mondialismo, erano e sono destinati a fallire tragicamente perché contrari alla natura umana

06 Luglio 2024

Il mondialismo a guida americana contro i BRICS: il vero scontro dietro la guerra alla Russia

Thomas Jefferson, fonte Wikipedia

“Noi sosteniamo che queste verità sono per sé evidenti: che tutti gli uomini sono creati uguali; che sono dotati dal Creatore di certi diritti inalienabili, tra i quali sono la vita, la libertà e la ricerca della felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini i governi, che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che, ogni qualvolta una forma di governo diventi perniciosa a questi fini, è nel diritto del popolo di modificarla o di abolirla", Thomas Jefferson (bozza della Dichiarazione d'Indipendenza degli Stati Uniti d'America).

Rammentate a un americano questa frase: si gonfierà d’orgoglio come un tacchino e non verrà sfiorato dal sospetto che si trattasse – nel momento in cui veniva scritta – di una colossale menzogna.

Gli uomini non sono creati uguali: questa sì che è una verità per sé evidente! Sono tutti diversi, con pregi e difetti che li rendono unici, ciascuno diverso dai miliardi che sono nati prima o nasceranno dopo. E questo è precisamente il miracolo della creazione.

Thomas Jefferson – terzo Presidente degli Stati Uniti - non considerava uomini i nativi americani e gli schiavi. Cito: “Thomas Jefferson chiamò la schiavitù una depravazione morale e una orribile macchia, ma per tutta la sua vita possedette schiavi”: quale sublime esempio di ipocrisia!

Naturalmente, considerava le donne alla pari del resto dei maschi dell’epoca: inferiori.

Nonostante sia del tutto evidente che l’uguaglianza non esista, nonostante sia del tutto evidente che l’uguaglianza del motto Liberté Egalité Fraternité significasse uguaglianza davanti alla legge, c’è ancora chi si batte per l’uguaglianza tout court.

Eppure, le scienze sociali e la psicoanalisi ci insegnano che l’uomo si forma in relazione all’altro: l’identità è possibile soltanto in relazione ad altre identità diverse.

In un mondo di uguali nessuno sarebbe se stesso.

Ma vi è molto di più: l’uomo è un animale sociale. Si tratta di un istinto naturale, innato. La sociologia ci insegna che persino nei luoghi più sperduti del nostro pianeta, gli esseri umani si dividono in gruppi. Dunque, non vogliono affatto essere uguali, ma essere diversi da coloro che fanno parte dell’altro gruppo.

Nozioni elementari e incontrovertibili.

La caduta del comunismo è stata massimamente favorita dalla sensazione che gli appartenenti all’altro gruppo beneficiassero di condizioni di vita migliori.

«Il vizio inerente al capitalismo è la divisione ineguale dei beni; la virtù inerente al socialismo è l'uguale condivisione della miseria.» (Winston Churchill). Possiamo affermare, senza timore di smentita, che l’attrattiva dello stile di vita nordamericano è stata più forte dell’ideologia.

L’essere umano è l’eterno scontento della creazione. Tutta la nostra vita è all’insegna della ricerca di qualcosa che ci sfugge. L’illusione, (tema dei miei romanzi) ne è una componente indispensabile.

Tutte queste cose, in verità estremamente banali, sembrano essere ignorate dagli utopisti.

Prima il comunismo, ora il mondialismo, erano e sono destinati a fallire tragicamente perché contrari alla natura umana.

Il mondialismo ha come fine ultimo il governo mondiale. Presupposto essenziale per la sua instaurazione, è il superamento delle differenze. Paradossalmente, l’Agenda 2030 di Klaus Schwab è basata su un errore macroscopico: l’identità di un gruppo si plasma soltanto in confronto a un altro gruppo. In parole povere, il multipolarismo teorizzato da Aleksandr Dugin e oggi portato avanti dai BRICS ha maggiori probabilità di successo del mondialismo a guida americana. Ma attenzione: gli Stati Uniti si sono formati conquistando la frontiera, conquista che è passata per il totale annientamento culturale dei nativi americani: noi – cittadini ai confini dell’Impero – rischiamo di fare la stessa fine.

A me, vecchio liberale educato in Nord America, in grado di leggere in tre lingue e (almeno in passato) convinto europeista, il nostro annientamento culturale è parso il minore dei mali. Guardiamo soltanto programmi d’intrattenimento americani, ci vestiamo come loro con abiti economici cuciti in Cina, siamo sempre pronti a riconoscerci sudditi: pregi perfetti per gli abitanti di una colonia.

Tra un paio di generazioni parleremo soltanto inglese in ufficio (ammesso che ancora esistano gli uffici), ci saremo dimenticati la nostra Storia e potremmo persino essere fieri di fare parte di un impero antagonista dei BRICS.

Nel frattempo, le popolazioni si saranno mescolate, ma essere americano (ovvero nato nella Nazione dominante) sarà motivo di diversità.

Ci attende un destino da inferiori. E questo ci porterà a desiderare di fare parte dell’altro gruppo, quello che con tutta probabilità si formerà tra i BRICS.

E alla fine, il progetto mondialista naufragherà esattamente come è naufragato il comunismo.

Il punto, purtroppo, è che allora saremo tutti morti.

di Alfredo Tocchi, Il Giornale d’Italia

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