31 Gennaio 2024
A considerare quanto ha combinato Donald Trump nel tentativo di ribaltare le elezioni del 2020, mettendo se stesso davanti alle istituzioni e alla Costituzione degli Stati Uniti, molti si chiedono come mai gli elettori americani non l'abbiano ancora relegato al cestino della storia. Nonostante la sconfitta contro Biden, il suo comportamento sempre irruento e soprattutto le numerose imputazioni penali (per cui rischia di essere condannato a molti anni di prigione), non solo Donald ha già ipotecato la nomina del Partito Repubblicano, ma i sondaggi lo mostrano in parità o addirittura avanti rispetto a Joe Biden nella probabile sfida di novembre.
Per capire la sua popolarità occorre andare oltre il giornalismo tipico dei Trump-watchers, non solo in Europa ma anche negli stessi Stati Uniti. Infatti, ancora oggi, è necessaria una certa dose di perseveranza per individuare il nucleo del messaggio di Trump se si cerca sui grandi giornali o reti televisive. Bisogna leggere la stampa alternativa o addirittura fare quella cosa rivoluzionaria di ascoltare effettivamente i suoi comizi. Non è affatto semplice, poiché passa gran parte del tempo a ripetere gli stessi pochi punti all'infinito: la corruzione di Biden e dei media, i suoi successi - sebbene ironizzi su come li esagera - e poi temi scottanti come l'immigrazione e l'inflazione.
Basterebbero questi ultimi due punti per comprendere perché il candidato repubblicano potrebbe dare del filo da torcere a Biden. Nonostante i numeri buoni a livello macroeconomico, l'americano medio percepisce una situazione di crisi diffusa, con i prezzi alti, una crisi al confine meridionale, preoccupazioni per la criminalità e conflitti culturali. Tuttavia, l'ex presidente va dritto al punto anche su altre questioni rilevanti, proprio come aveva fatto nel 2015/2016 contro Hillary Clinton, cogliendo in contropiede l'establishment sia a sinistra che a destra.
Trump picchia duro su due grandi questioni: la difesa dello stato sociale e la necessità di porre fine alle guerre all'estero. Nikki Haley, l'unica sfidante rimasta su cui la vecchia guardia repubblicana fa affidamento, è più giovane e teoricamente moderata, ma in realtà le sue posizioni sostanziali sono distanti dalla sensibilità della base repubblicana post-populista. L'ex governatrice della South Carolina sembra quasi una Dick Cheney con i tacchi - come l'ha chiamata Vivek Ramaswamy durante uno dei primi dibattiti - concentrandosi costantemente sulla lotta contro il male rappresentato da Russia, Cina e Iran. E Trump? Promette di porre fine alle guerre entro 24 ore attraverso trattative. Ovviamente, la realtà sarebbe più complessa, ma tra il politico che sembra abbracciare una visione da guerra mondiale e quello che non solo non ha avviato nuovi conflitti durante il suo primo mandato, ma ora si impegna a fermare quelli in corso, chi sceglierà il popolo?
E poi, ci sono pensioni e sanità. La responsabilissima Haley - come la maggior parte dei politici ed economisti americani prima del cambiamento imposto dal populismo - individua la spesa pubblica come il problema principale del paese. Cosa si dovrebbe fare? Cominciare a "riformare" il Social Security (pensioni pubbliche) e il Medicare (assistenza sanitaria pubblica per gli over-65). Questo approccio, oltre a essere economicamente sbagliato, in quanto per un paese sovrano come gli Stati Uniti il debito pubblico può essere gestito senza ridurre il tenore di vita della popolazione, è un messaggio che non può che preoccupare gli elettori.
Le gente chiedo uno stato più efficace e una maggiore stabilità economica, non una diminuzione dei servizi sociali mentre si finanziano interventi militari all'estero. Donald Trump lo ha capito, e attacca Haley su questi temi anche attraverso la pubblicità televisiva. I conservatori tradizionali all'interno della leadership repubblicana non accettano la necessità di adattarsi a questa nuova realtà, e anche per questo non riescono ad andare oltre il ciclone Trump.
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