05 Gennaio 2024
Enzo Cannizzaro, fonte: imagoeconomica
Secondo alcune ricostruzioni il governo Netanyahu sta valutando la deportazione di palestinesi in Congo. Una soluzione che secondo il giurista Enzo Cannizzaro equivarrebbe ad un "genocidio". Ma soprattutto trattasi di un "trasferimento forzato e crimine contro l’umanità".
Portare, o meglio, deportare i palestinesi di Gaza in Congo e in altre nazioni. Questa l'ultima idea di Netanyahu, che sarebbe in contatto proprio con il Paese africano affinché ciò avvenga il prima possibile. Bibi starebbe lavorando ad una migrazione "volontaria", risolvendo così il problema degli sfollati della Striscia che ora premono sui confini dell’Egitto.
Enzo Cannizzaro, ordinario di Diritto internazionale all’Università La Sapienza di Roma, ha un'idea di diversa da quella del governo di Tel Aviv. "Il trasferimento forzato della popolazione civile verso altri Stati è proibito dall’art. 49 della IV Convenzione dell’Aja del 1949", spiega. "Israele è parte di questa Convenzione. L’art. 49 vieta il trasferimento forzato, sia di massa che individuale, della popolazione civile, per qualsiasi motivo. La Convenzione, tuttavia, consente per motivi militari imperativi, ovvero per la sicurezza della popolazione civile, un trasferimento temporaneo, allorché siano garantite condizioni di sicurezza e di una vita dignitosa per la popolazione. L’art. 49 specifica, quindi, il principio fondamentale del diritto umanitario, e cioè la distinzione fra combattenti e civili".
Migrazione volontaria da parte degli abitanti della Striscia? Non è così, secondo Cannizzaro. "L’art. 49 vieta anche il trasferimento dei civili all’interno del territorio nel quale si combatte, consentendolo solo a stringenti condizioni di sicurezza per la popolazione civile. Inoltre, ai civili debbono essere assicurate condizioni di igiene, salute e nutrimento. Or bene, sulla base dei rapporti delle Nazioni Unite e delle altre organizzazioni internazionali, né l’una né l’altra condizione sembrano soddisfatte. Anzi, sulla base di rapporti indipendenti, sembra proprio che la popolazione civile versi in stato di estremo pericolo nonché in condizioni di vita disumane, privata di cibo, di assistenza medica, di una forma ancorché precaria di abitazione, del mantenimento dei legami familiari, e così via. In questa situazione, è ragionevole ritenere che trasferire su base volontaria una popolazione civile che versi in queste condizioni equivalga a un trasferimento forzato".
"Vi è, a prima vista, una analogia fra il piano del governo inglese e quello che, secondo fonti giornalistiche, sarebbe un piano ancora in via di elaborazione da parte di Israele", osserva Cannizzaro sulla similarità del piano di Israele con quello del Regno Unito di portare i migranti in Rwanda.
"Ma, a ben vedere, si tratta di due cose diverse. La deportazione di immigrati irregolari verso uno Stato terzo non è paragonabile al trasferimento forzoso di una intera popolazione. Il piano britannico si fonda sul principio che nessuno Stato ha l’obbligo di aprire i propri confini alla immigrazione irregolare. Certo, ci sono problemi giuridici, anche gravi, nelle vicende della esternalizzazione del fenomeno delle migrazioni. Ma la deportazione forzata di una intera popolazione verso un altro Stato è un’altra cosa. È una violazione delle regole fondamentali del diritto internazionale, del divieto di crimini contro l’umanità, del principio di autodeterminazione dei popoli e potrebbe essere qualificata come genocidio".
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