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Guerra in Ucraina, apertura Usa all'invio di bombe a grappolo a Kiev. Nel 2010 l'Onu le aveva messe al bando

Gli Usa aprono alla possibilità di inviare bombe a grappolo a Kiev. L'amministrazione Biden, finora dettasi contraria a causa dei devastanti effetti sui civili, starebbe cedendo alle richieste ucraine, secondo il generale Milley

01 Luglio 2023

Guerra in Ucraina, apertura Usa all'invio di bombe a grappolo a Kiev. Nel 2010 l'Onu le aveva messe al bando

Fonte: Rawpixel

Gli Stati Uniti stanno prendendo molto sul serio l’ipotesi di rifornire Kiev di cluster bombs, o bombe a grappolo. A riferirlo è un funzionario di primissimo piano dell’apparato militare statunitense, il Capo degli Stati Maggiori Riuniti Usa (equivalente del nostro Capo di Stato Maggiore della Difesa), generale Mark Milley, che durante una conferenza con i giornalisti al National Press Club ha dichiarato oggi, sabato 1 luglio: “Abbiamo pensato a lungo alle Dual Purpose Improved Conventional Munition (DPICM). C’è un processo decisionale in corso”.

Gli Usa valutano l’invio di bombe a grappolo a Kiev, 123 Paesi all’Onu le hanno messe al bando

Quello attorno all’utilizzo delle DPICM è un dibattito molto delicato, per via della particolare natura di questo ordigno. Le bombe a grappolo, infatti, rilasciano esplodendo una immensa quantità di frammenti, schegge e detriti metallici che fanno completamente piazza pulita di tutto ciò che le circonda nel raggio di decine e decine di metri. La loro identificazione di munizioni “dual purpose” è dovuta al fatto che un’alta percentuale di bombe a grappolo (almeno il 25%, secondo gli ultimi dati raccolti durante la guerra del Libano) non detonano al momento dell’impatto, ma restano inesplose a volte per anni, sensibili ai più piccoli movimenti, trasformandosi, di fatto, in mine antiuomo. Sono centinaia i casi, nei teatri in cui sono state utilizzate, di civili mutilati o uccisi anni dopo la fine dei conflitti in cui erano state impiegate.

Nonostante, quindi, dall’inizio della guerra nel febbraio scorso sia Kiev che Mosca ne avrebbero fatto utilizzo (le uniche fonti a riguardo, tuttavia, sono riconducibili alla stessa intelligence americana), sono molte le critiche degli alleati nei confronti di Washington. Se la presidenza Biden, infatti, si era dichiarata contraria alla loro fornitura, le continue pressioni ucraine e l’andamento “deboluccio” della controffensiva, starebbero facendo cambiare rotta alla Casa Bianca. Un cambio di rotta che non passa certo inosservato, e che ha suscitato una levata di proteste trasversali, proteste in parte mosse (seppur con toni di voce diversi) in particolare dai 123 Paesi del mondo, tra cui figura l’Italia, che nel 2010 hanno siglato all’Onu la Convenzione Internazionale sulle bombe a grappolo, documento che ne mette al bando l’uso proprio per gli effetti sulle popolazioni civili.

 Tra questi Paesi, naturalmente mancano gli Usa, nei quali tuttavia è parte della società civile a prendere le distanze dalla piega che potrebbero prendere i rifornimenti bellici a Kiev nel prossimo futuro. Sarah Yager, direttrice della Humans Right Watch di Washinton, ha così denunciato l’apertura dell’amministrazione Biden sull’invio di bombe a grappolo a Kiev: “Sono indiscriminate e colpiscono i civili. Parliamo anche di infrangere una norma globale contro l'utilizzo di munizioni a grappolo, almeno per i Paesi che credono nell'umanità anche in tempo di guerra”.

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