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Clima, il super manager del petrolio presiederà l’edizione 2023 della Cop28: il paradosso dell’Onu

La scelta di Sultan Ahmed al-Jaber, ad di Abu Dhabi National Oil Corporation, scatena le polemiche degli ambientalisti: “Deve dimettersi dalla società”

12 Gennaio 2023

Clima, il super manager del petrolio presiederà l’edizione 2023 della Cop28: il paradosso dell’Onu

Quanto meno paradossale. La prossima edizione della Cop28, la conferenza sui cambiamenti climatici dell’Onu in programma a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre 2023, sarà presieduta da Sultan Ahmed al-Jaber, amministratore delegato del colosso petrolifero Abu Dhabi National Oil Corporation. Una decisione che ha scatenato la polemica di attivisti e ambientalisti.

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La scelta è dovuta agli Emirati Arabi Uniti, Paese ospitante della conferenza, che hanno nominato Ahmed al-Jaber. Per la prima volta a guidare la Cop28 delle Nazioni Unite sarà un amministratore delegato, oltretutto manager nel campo dell’oil&gas. Ahmed al-Jaber è ad della società petrolifera emiratina dal 2016. Ed è anche alla guida di Masdar, azienda di energia rinnovabile, nonché del ministero dell’Industria e inviato speciale per il cambiamento climatico. Il petroliere dice di avere un approccio “pragmatico, realista e orientato alle soluzioni per un’immensa opportunità economica di investimento nella crescita sostenibile”. Fatto sta che la scelta degli Emirati Arabi Uniti, tra i principali esportatori di petrolio al mondo e che hanno promesso di raggiungere la neutralità carbonica nel 2050, ha provocato le critiche degli attivisti del clima.

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Secondo Tasneem Essop, direttore esecutivo di Climate Action Network International, è “indispensabile” che “il mondo sia rassicurato sul fatto che egli si dimetterà dal suo ruolo di amministratore delegato della Abu Dhabi National Oil Corporation”. Per Essop, al-Jaber “non può presiedere un processo che ha il compito di affrontare la crisi climatica con un tale conflitto di interessi, dirigendo un’industria che è responsabile della crisi stessa”. Jaber si è espresso a favore di un aumento degli investimenti annuali verso i produttori di combustibili fossili di circa 600 miliardi fino al 2030. Non proprio in linea con la necessità di arrivare a emissioni zero quanto prima per impedire l’innalzamento delle temperature globali oltre 1,5 gradi. Gli stessi Emirati hanno obiettivi climatici assolutamente insufficienti, secondo Climate Action Traker, e la loro iniziativa per raggiungere emissioni zero entro il 2050 comprendendo solo il 44% di rinnovabili e il 6% di nucleare, il resto è gas e carbone pulito. Paradossale, sì.

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