24 Novembre 2022
Ben Gray/AP
Con un documento di una pagina, la Corte Suprema dello Stato di Georgia ha proibito di nuovo l'aborto dopo le sei settimane di gravidanza. Tutte le cliniche che avevano ripreso a praticare il servizio sono ora nuovamente costrette a interromperlo; il provvedimento sta già causando accese polemiche e proteste da parte dei gruppi dedicati ai "diritti riproduttivi". Di certo è un provvedimento che stupisce, in considerazione della pioggia di accuse contro il Quatar negli ultimi giorni...
Dopo che la sentenza della Corte Suprema aveva stabilito che l'aborto non è un diritto costituzionale, tutti gli stati degli USA sono divenuti campi di battaglia in cui si tenta di spostare o annullare i limiti all'aborto. I conservatori pro-vita tentano infatti di renderlo illegale, oppure di restringere il più possibile il lasso di tempo in cui è possibile abortire; al contrario, gli attivisti pro-scelta tentano di renderlo più semplice ed estendere la finestra di legalità entro cui è possibile abortire.
La Georgia è uno di quegli Stati che aveva deciso di rendere illegali gli aborti "non appena è percepibile il battito del cuore del feto". Tuttavia, la scelta è stata contestata da una sentenza del giudice Robert McBurney, che aveva stabilito che la sentenza Roe v. Wade, che regola gli aborti, permettesse gli aborti dopo le sei settimane. Nel giro di poche settimane, la Corte Suprema della Georgia ha deciso che l'aborto è comunque illegale dopo questo lasso di tempo per il timore di "danni irreparabili all'infante".
Gli attivisti pro-scelta contestano questo "ping-pong" giudiziario, che ha generato difficoltà nelle donne che si apprestano a ricevere il servizio e dovranno ora viaggiare in altri Stati. Tuttavia, vi è una chiara contraddizione tra un paese che accusa altri di violazioni dei diritti umani, specificatamente nel caso del Qatar, e non è neanche in grado di offrire una legislazione coerente su un argomento di così vitale importanza.
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