12 Maggio 2022
Petrolio: fonte twitter @siracusaoggi
La Russia si beffa dell'Occidente e registra un aumento del 50% per quanto riguarda la vendita del petrolio nei primi mesi del 2022. Record nonostante le sanzioni internazionali, che hanno portato nelle tasche della Russia circa 20 miliardi di dollari al mese. C'è chi giura che la situazione è pronta a cambiare, ma dall'Ue si fatica ancora a trovare una quadra tra i Paesi per quanto riguarda l'embargo. Se diversi Paesi occidentali concordano per una deroga al 2023, ci sono nazioni che stanno mettendo i bastoni tra le ruote e che vorrebbero maggiore tempo per organizzare il nuovo flusso che non arriverebbe più dal Cremlino, con l'Ungheria in prima fila.
Sulla vendita di petrolio da parte della Russia, i dati sono ufficializzati dall'Oil Market Report dell’Agenzia internazionale dell’energia. "Nonostante la crescente pressione internazionale e la produzione calante di petrolio, le esportazioni russe hanno nel complesso resistito", si legge nel report. Continua: "Ora le principali società di trading stanno riducendo gli acquisti in vista della deadline del 15 maggio per lo stop a tutte le transazioni con le società a controllo statale Rosneft, Gazprom Neft e Transneft". Ragion per cui "dopo un declino di circa un milione di barili al giorno in aprile, le perdite potrebbero salire a circa 3 milioni di barili al giorno nella seconda metà dell’anno". Ipoteticamente come detto, perché finché non si troverà un accordo, la Russia continuerà ad incassare con la vendita del greggio.
Se la maggior parte dei Pesi occidentali sembra non poter fare a meno del petrolio che arriva dalla Russia, diverso è il discorso per quanto riguarda Stati Uniti, Canada e Gran Bretagna: tre paesi che però fanno un ricorso estremamente ridotto al petrolio di Mosca. Gli Stati Uniti dipendono dalla Russia per quanto riguarda il 7%, gli inglesi per l'11% e niente in Canada. La media dei paesi europei è invece del 34%.
Qual è dunque la rotta che potrà prendere la Russia nei prossimi mesi? Approfittare dei (pochi) Paesi con cui avrà ancora libertà e che non le hanno imposto sanzioni per continuare la vendita sembra il passaggio più semplice. Da questo punto di vista c'è in prima fila l'India di Modi che lo sta comprando a prezzi più bassi rispetto a quelli di mercato. La Cina ha registrato un +56% ad aprile in termini di importazioni generali, rinsaldando ancora di più quello che sembra un asse portante destinato a continuare.
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