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Agcom, il 52,4% degli italiani si informa tramite web e social, il 46,5% dalla TV; Lasorella: "Necessità di tutelare l’informazione professionale"

La pubblicità online cresce del 250% in 7 anni e ridisegna gli equilibri del settore media; Agcom chiede regole condivise per misurare gli ascolti digitali e tutelare l’editoria in crisi

17 Luglio 2025

Agcom, il 52,4% degli italiani si informa tramite web e social, il 46,5% dalla TV; Lasorella: "Necessità di tutelare l’informazione professionale"

Agcom, il 52,4% degli italiani si informa tramite web e social, il 46,5% dalla TV; Lasorella: "Necessità di tutelare l’informazione professionale". Negli ultimi anni, il modo in cui gli italiani si informano è cambiato radicalmente. Per la prima volta, Internet supera la televisione come principale fonte d’informazione. A certificarlo è la Relazione annuale 2025 dell’Agcom, presentata in Senato dal presidente Giacomo Lasorella. Secondo il rapporto, oggi il 52,4% degli italiani si informa online, utilizzando motori di ricerca, social media e le app o i siti dei giornali. La TV, che nel 2019 era al 67,4%, scende al 46,5%.

"Un italiano su due (il 52,4%) si informa online, con motori di ricerca, social media e siti web o app di quotidiani e periodici che sono diventate le principali porte di accesso all'informazione" – ha dichiarato Lasorella. Tuttavia, il presidente dell’Autorità sottolinea che la transizione digitale dell’informazione non è ancora definitiva:
"Televisione, radio e carta stampata rimangono fonti informative ritenute più affidabili rispetto a social network e piattaforme", ha precisato, evidenziando "la necessità di tutelare e salvaguardare l’informazione professionale".

Il digitale conquista il mercato pubblicitario

Mentre cambia il modo di informarsi, cambia anche la geografia economica del sistema mediatico. In soli sette anni, i ricavi pubblicitari delle piattaforme digitali in Italia sono cresciuti del 250%, passando da 2 a quasi 7 miliardi di euro. A dominare la scena sono i grandi gruppi globali come Alphabet/Google, Meta/Facebook, Amazon e Netflix, che ormai competono alla pari con i broadcaster tradizionali: Rai, Mediaset, Sky, Discovery e Cairo Communication.

"Assistiamo a un forte riequilibrio nel Sistema integrato delle comunicazioni, con l’ascesa di attori globali come Alphabet/Google, Meta/Facebook, Amazon e Netflix", ha affermato Lasorella. Proprio per questo, l’Agcom chiede una riforma urgente delle modalità con cui si rilevano gli ascolti digitali, invocando un sistema di misurazione condiviso da tutti i soggetti del settore.

Nonostante la crisi dell’editoria tradizionale – con una diffusione media giornaliera dei quotidiani scesa nel 2024 a 1,7 milioni di copie, in calo del 6,7% – l’interesse per la lettura resta vivo: oltre 11 milioni di italiani leggono almeno un quotidiano ogni giorno.

Copyright, IA e diritti degli editori

Uno dei temi centrali della Relazione è quello dei diritti economici degli editori nei confronti delle grandi piattaforme digitali. Lasorella ha ricordato che:
"Il tema dell’equo compenso per gli editori in relazione allo sfruttamento in ambiente digitale delle pubblicazioni di carattere giornalistico è cruciale per il pluralismo informativo".

In base alla legge italiana – che recepisce la direttiva europea sul copyright – le piattaforme come motori di ricerca e social network devono riconoscere un equo compenso agli editori per l’uso dei loro contenuti. Se non si arriva a un accordo, è Agcom ad avere l’ultima parola.

Nel 2024, l’Autorità ha già concluso due procedimenti, uno riguardante un motore di ricerca e l’altro una piattaforma social. Tuttavia, il regolamento è finito davanti alla Corte di giustizia europea a causa di un ricorso (probabilmente di Google). A favore della normativa italiana si sono già schierati Francia, Belgio e Danimarca, e l’Avvocato generale ha espresso parere favorevole alla posizione dell’Agcom.

Nel frattempo, la legge italiana resta in vigore, stabilendo che le piattaforme non possono penalizzare la visibilità dei contenuti editoriali durante le trattative. Altri tre casi, aperti da un unico editore, riguardano Meta, X (ex Twitter) e LinkedIn, mentre all’inizio del 2025 sono state presentate otto nuove richieste, soprattutto da parte della Siae.

Infine, la Relazione affronta un nuovo fronte emergente: quello dell’intelligenza artificiale e della riproduzione automatica degli articoli da parte dei chatbot, come Gemini (ex Bard) di Google. L’Agcom avverte: le nuove tecnologie rischiano di sostituire l’informazione professionale senza riconoscere alcun diritto a chi la produce.

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