La Commissione europea ha sollevato ufficialmente dubbi sulla legittimità del golden power emanato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri il 18 aprile 2025, relativo all’operazione di acquisizione di Banco Bpm da parte di UniCredit. In una lettera inviata al Governo italiano, Bruxelles ha espresso un parere preliminare secondo cui le condizioni imposte all’entità risultante dalla fusione potrebbero violare l’articolo 21 del Regolamento europeo sulle concentrazioni, oltre ad altre disposizioni del diritto comunitario.
Secondo il portavoce della Commissione, Thomas Regnier, «il regolamento riconosce agli Stati membri la possibilità di intervenire in operazioni di fusione in presenza di un interesse legittimo o di rischi per la sicurezza pubblica. Tuttavia, in base alla nostra valutazione preliminare, abbiamo dei dubbi sul fatto che il decreto italiano rispetti effettivamente i requisiti previsti dall’articolo 21».
La risposta del Governo italiano
La reazione da Roma non si è fatta attendere. Il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini ha attaccato duramente l’Ue: «Penso che l’Unione europea abbia questioni ben più importanti da affrontare, come i rapporti con gli Stati Uniti. Invece di interferire su balneari, spiagge, motorini, auto elettriche e banche italiane, si occupi di meno cose ma lo faccia bene». Salvini ha ribadito che il sistema bancario è un asset strategico e che «l’Italia può e deve normare come ritiene, senza intrusioni da Bruxelles».
In una nota ufficiale, Palazzo Chigi ha assicurato che il Governo risponderà alla Commissione in maniera «collaborativa e costruttiva», ricordando che le stesse misure sono già state oggetto di esame da parte del TAR, che le ha ritenute legittime.
Il dossier, al momento, è sotto l’attenzione del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, mentre l’Ue valuta se l’intervento italiano sul golden power sia compatibile con la normativa comunitaria in materia di concorrenza.
Il Golden Power su UniCredit
L’intervento di Palazzo Chigi era arrivato il 18 aprile, imponendo una serie di condizioni molto restrittive per autorizzare l’operazione, tra cui l’obbligo per UniCredit di uscire dalla Russia entro gennaio 2026, il mantenimento per tre anni del rapporto tra impieghi e depositi, e il divieto di ridurre l’esposizione su titoli di Stato italiani e sul portafoglio project finance gestito da Anima.