03 Giugno 2025
Parevano una follia le quotazioni di Tesla, quando il 17 dicembre scorso, toccarono il record di 480 dollari. Non s’era mai visto un produttore d’auto valere 141 volte gli utili attesi e oltre 15 volte i ricavi. Pur concedendo la peculiarità di Tesla, il titolo era valutato 20 volte più di Toyota e 30 volte più del settore internazionale.
Poi ci si è accorti che le stime di utili e ricavi erano alquanto gonfiate, perché, anche a causa delle arroganti dichiarazioni di Elon Musk verso i governi europei non allineati a Trump, le vendite delle sue auto si sono pressoché dimezzate nel Vecchio continente, crollate in Cina e persino diminuite di un buon 20% negli Stati Uniti.
Il valore del titolo s’è più che dimezzato in tre mesi, in apparente sintonia con le stime di utili e ricavi in forte calo, ma ha ripreso a correre ad aprile (+65%), paradossalmente in coincidenza di una trimestrale che aveva mostrato utili crollare del 71%, sospinto dall’euforia di Wall Street. Ora, a 364 dollari, è ben più caro di quanto fosse a dicembre.
Con una previsione di utili di 1,97 dollari per azione (dai 3,5 immaginati 5 mesi fa), Tesla esprime un P/E di 185 e capitalizza 16 volte i ricavi 2025: valutazioni che farebbero impallidire quelle di Cisco 26 anni fa.
In questa irrazionale esuberanza si scorge la mano dei piccoli investitori, che non badano alle sottigliezze dei fondamentali. Ma che dire degli analisti delle grandi case? Tra buy e overweight si contano 29 consigli di acquisto (dati wsj.com) contro i 27 di 4 mesi fa; e i sell sono appena 11, due in meno.
Cinque giorni fa Joseph Spak di UBS ha reiterato il suo «vendere», con un obiettivo di prezzo a 190 dollari (-48%). L’analista sottolinea come l’appetibilità delle auto Tesla sia in netto calo (-23%) persino negli USA, mentre in Cina, pur avendo ridotto i prezzi, l’azienda soffre la competizione di BYD e Xiaomi. E in Europa, anche a causa del «coinvolgimento politico di Musk», i consumatori sembrano prediligere i marchi Audi e BMW.
Fonte: Corriere Economia
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