02 Agosto 2023
Fonte: imagoeconomica
SCRITTI BELLICI
Il debito pubblico: la nuova servitù della gleba
E’ del 28 luglio scorso la notizia che il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha concesso un prestito di 7,5 miliardi di US $ all’Argentina, evitandone l’ennesimo (sarebbe stato il decimo!) imminente default.
In cambio – tra le altre cose – il Fondo Monetario Internazionale avrebbe imposto alla nazione sudamericana di rinunziare all’adesione ai BRICS.
Durante il XIV vertice dei BRICS, nel luglio dello scorso anno, il presidente Fernández aveva formalmente espresso la volontà argentina di entrare a far parte del blocco. Buenos Aires, in cerca di nuovi finanziamenti, aveva attirato l’interesse dei BRICS soprattutto per le potenzialità delle proprie risorse naturali.
Il XIV vertice, tenutosi sotto la presidenza cinese di Xi Jinping, aveva per tema “Rafforzare la partnership BRICS di alta qualità, entrare in una nuova era di sviluppo globale” e si era concluso con la “Dichiarazione di Pechino del XIV Summit BRICS” che tra i punti più importanti comprendeva quello intitolato “Rafforzare e riformare la governance globale”.
In estrema sintesi, tale dichiarazione programmatica prevedeva un radicale cambiamento degli assetti di potere, in primis un ridimensionamento del ruolo del dollaro allo scopo di abbandonare il sistema unipolare “americanocentrico” per orientarsi maggiormente verso un modello geopolitico multipolare. Nel proprio intervento, Xi Jinping aveva dichiarato che le cinque principali economie emergenti “devono agire con senso di responsabilità per portare una forza positiva, stabilizzante e costruttiva nel mondo”.
Con l’accettazione del prestito concesso dal Fondo Monetario Internazionale, l’Argentina torna nell’orbita americana.
Che il denaro costituisca lo strumento più efficace per sottomettere le Nazioni e le persone non è certo una novità.
Gli Stati Uniti (di concerto con i loro partner europei) hanno evitato alla Polonia il default nel 1991 (questo l’articolo del New York Times https://www.nytimes.com/1991/03/16/business/poland-is-granted-large-cut-in-debt.html), cancellando circa la metà del debito pubblico (stimato in US $ 33 miliardi) e da allora la Polonia si erge a paladina del rigore nei conti pubblici.
(Per inciso, ieri il Ministro Guido Crosetto ha dichiarato che il nostro è il Paese più vicino agli USA dopo la Polonia: non poteva sommessamente richiedere la cancellazione di una parte del nostro debito pubblico?).
Battute a parte, quello del giogo del FMI è un problema enorme per oltre un quinto dell’umanità.
Rimando a un interessante articolo (https://www.notiziegeopolitiche.net/il-peso-del-debito-dei-paesi-poveri-e-insostenibile/).
“Il debito dei Paesi più poveri …(che) rappresentano quasi il 18% della popolazione mondiale e il 50% delle persone che vivono in povertà estrema (è diventato insostenibile). Pur essendo ricchissimi di materie prime e di altre commodity alimentari, essi rappresentano un misero 3% del pil globale. Sarebbero 54 i Paesi in via di sviluppo che necessitano di una riduzione urgente del debito pubblico, pena una imminente catastrofe umanitaria, emigrazioni incontrollate e guerre di vario tipo: 25 sono nella regione sub sahariana, 10 nell’America Latina e nei Caraibi.
L’aggravamento è dovuto al fatto che i suddetti Paesi emettono debito in dollari e, di conseguenza, subiscono le decisioni prese dagli Stati Uniti. Per esempio, l’aumento dei tassi d’interesse da parte della Fed ha per loro un effetto negativo insostenibile. Da qualche tempo almeno 19 Paesi pagano interessi superiori del 10% rispetto a quelli dei Treasury bond.
Queste obbligazioni sono in caduta libera con un deprezzamento del 40-60%. Se si considerano tutte le economie in via di sviluppo, ben 26, circa un terzo, sono classificate “rischio sostanziale, estremamente speculativo o insolvenza”.
Il peggioramento della loro situazione economica e sociale è confermato anche da un altro studio dell’Undp sul Multidimensional Poverty Index (mpi). Tale indice analizza la povertà combinando il livello del reddito pro capite con i diversi aspetti della vita quotidiana di persone in povertà: l’accesso all’istruzione e alla salute e lo standard di vita come alloggi, acqua potabile, servizi igienici ed elettricità.
I dati di prima della pandemia e dell’impennata inflazionistica mostrano che 1,2 miliardi di persone in 111 Paesi vivono in condizioni di povertà “multidimensionale” acuta. Questo è quasi il doppio del numero di chi è considerato povero perché ha un reddito inferiore a 1,90 dollari al giorno.
L’analisi evidenzia che oltre il 50% delle persone povere (593 milioni) non ha elettricità e gas per cucinare; quasi il 40% dei poveri non ha accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici; più del 30% delle persone povere è privato contemporaneamente di cibo, combustibile per cucinare, servizi igienici e alloggio.
La maggior parte delle persone povere “multidimensionali” (83%) vive nell’Africa sub sahariana (579 milioni) e nell’Asia meridionale (385 milioni).
L’Undp sostiene che la risposta del G20 sia del tutto inadeguata. Ricorda anche che, nella pandemia del 2020-2021, il G7 ha stanziato ben 16.000 miliardi di dollari. Lo stesso Fmi potrebbe espandere le sue linee di credito e accelerare la ricanalizzazione dei diritti speciali di prelievo. Perciò, volendo, “i problemi di liquidità non sono ingestibili”.
Lo studio propone il coordinamento dei creditori, compresi quelli privati, e l’uso di clausole per le obbligazioni statali che mirino alla resilienza economica e fiscale. Si sostiene che in alcuni casi si debba cancellare il debito.
Oggi mancano le assicurazioni finanziarie dei principali governi creditori per raggiungere un accordo. Perciò si proporrebbero i cosiddetti Brady Bonds, obbligazioni della durata di 30 anni, sostenute da Treasury bond, emesse negli anni ottanta dai Paesi in crisi per finanziare il debito con le banche commerciali. Si ricordi il default dell’Argentina.
Il debito di questi Paesi è pesante per loro, non per il G20. Nel 2020, il debito dei 54 Paesi in considerazione (senza Argentina, Venezuela e Ucraina) era di 552 miliardi di dollari, 186 dei quali in mani private. Gli interessi ammontavano a 69 miliardi, 42 dei quali dovuti a privati.
Il loro rapporto debito/pil nel 2022 è del 66,3%, sotto la media europea e di quello degli Usa. I Paesi poveri, però, non sono in grado di gestire il pagamento degli interessi e il rifinanziamento dei debiti.
Sono cifre enormi ma i Paesi ricchi potrebbero affrontarle. D’altra parte, lo si fa in supporto dell’Ucraina. Secondo l’Institute for the World Economy di Kiel, in Germania, dal 24 gennaio al 3 di ottobre 2022 sono stati dati aiuti militari, finanziari e umanitari all’Ucraina pari a 94 miliardi di euro, dei quali 52 dagli Usa e 29 dall’Ue.
(Mario Lettieri, già deputato e sottosegretario all’Economia; Paolo Raimondi, economista e docente universitario).”
In un simile contesto, in cui le popolazioni di intere nazioni sono trattate peggio dei servi della gleba, il segnale che ci giunge dall’Argentina è particolarmente sinistro: nessuna Nazione è davvero sovrana, fino a quando è tenuta al guinzaglio dal proprio creditore. E l’FMI è altro non è che il guinzaglio americano col simbolo del Dollaro.
di Alfredo Tocchi, 31 luglio 2023
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