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Sanzioni Russia, così la moda italiana aggira i divieti

Alcune aziende usano lo stratagemma delle triangolazioni col Kazakistan per aggirare il divieto di export verso Mosca: se scoperti, le pene sono durissime

29 Aprile 2022

Sanzioni Russia, così la moda italiana aggira i divieti

La moda italiana aggira i divieti imposti dalle sanzioni nei confronti della Russia. Le ritorsioni economiche decise dai Paesi occidentali nei confronti di Mosca, ormai è acclarato, sono un boomerang per le aziende e le imprese votate all'export come quelle italiane. Le misure decise dagli Stati Uniti e dall'Unione europea finora non hanno impedito a Vladimir Putin di continuare a perseguire i suoi obiettivi in Ucraina, ma hanno sicuramente assestato un duro colpo al mondo dell'economia reale, che si era appena messa alle spalle un'altra emergenza, il Covid. Così alcuni settori sono costretti a ricorrere a pratiche illegali per andare avanti: è il caso, sembrerebbe, della moda e del lusso made in Italy, da sempre oggetto del desiderio in tutto il mondo. E i Paperoni russi non fanno eccezione. 

Sanzioni Russia, così la moda italiana aggira i divieti

In particolare, come riporta il sito del Fatto Quotidiano, lo stratagemma usato per aggirare i divieti è uno dei più classici: la triangolazione. In pratica, le aziende esportano ufficialmente i loro prodotti in Paesi non colpiti dalle sanzioni, con cui quindi i rapporti commerciali sono leciti. Ma una volta arrivati qui, si muovono nuovamente per raggiungere la reale destinazione, cioè il Paese sanzionato.

In questo caso la meta scelta dagli imprenditori, soprattutto nel settore della moda, è il Kazakistan, un'ex Repubblica Sovietica molto vicina alla Russia di Putin. Da qui le merci prendono la strada di Mosca, di San Pietroburgo e delle altre città più ricche del Paese. La pratica è rischiosissima: chi viene beccato ad infrangere le sanzioni internazionali rischia la detenzione da due a sei anni oltre a multe salatissime, da decine di migliaia di euro. 

Come funzionano le triangolazioni commerciali

Molti imprenditori sono disposti a rischiare perché spesso i diversi sistemi doganali non collaborano e rintracciare questo tipo di movimenti è complesso. In questo caso poi aspettarsi la collaborazione della dogana uzbeka è una speranza vana, visto che tra il governo del Paese asiatico e quello di Putin c'è un rapporto molto stretto: basti pensare che per sedare le rivolte scoppiate lo scorso gennaio nella capitale Tashkent Mosca inviò propri soldati. 

Al di là dell'illegalità del meccanismo, questa realtà segnala le difficoltà che incontrano le aziende italiane per lo scoppio della guerra. A pagare di più il prezzo del conflitto sono proprio quelle che avevano nella Russia un mercato prezioso, che ora rischia di scomparire per mesi se non anni. La conseguenza è che in molti casi si scelga di sconfinare nell'illegalità pur di sopravvivere

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