Mercoledì, 08 Ottobre 2025

Seguici su

"La libertà innanzi tutto e sopra tutto"
Benedetto Croce «Il Giornale d'Italia» (10 agosto 1943)

Alla presentazione dell’edizione inglese della Storia dell’India di Michelguglielmo Torri, un incontro tra storia, spiritualità e memoria personale

Il misticismo salverà l’umanità

una riflessione personale sulla conferenza romana del Prof. Torri dedicata al suo capolavoro, Storia dell’India: il potere unisce creando nemici, ma solo la conoscenza interiore può ricomporre le fratture dell’uomo e della società.

08 Ottobre 2025

Il misticismo salverà l’umanità

Oggi, nelle eleganti sale di Palazzo Valentini, sede della Città Metropolitana di Roma, si è tenuta la presentazione dell’edizione inglese della monumentale trilogia della Storia dell’India (pubblicata in Italia da Laterza) del professor Michelguglielmo Torri, ordinario di Storia moderna e contemporanea dell'Asia all’Università di Torino e decano degli studiosi italiani dell’Asia meridionale. A ottant’anni, il professor Torri appare come un uomo di straordinaria compostezza: signorile, distinto, pacato, dotato di quella calma autorevolezza che appartiene ai veri maestri.

Durante l’incontro mi ha colpito profondamente una sua risposta a una domanda sull’intransigenza hindu che, sotto il governo Modi, sembra costituirsi oggi in India come una nuova forma identitaria. Il professore ha osservato che tale irrigidimento rappresenta una rottura con la tradizionale tolleranza religiosa dell’India — quella pluralità millenaria che aveva fatto della penisola un mosaico armonico di fedi e culture.

Riflettendo sulle sue parole, mi è parso che l’attuale nazionalismo religioso possa essere interpretato non solo come una reazione identitaria alla modernità globalizzante, ma soprattutto come una strategia politica. Il modo più semplice per aggregare gli elettori è infatti offrire loro un nemico comune, sacrificando simbolicamente — e talvolta concretamente — parte della popolazione per creare consenso e consolidare il potere. Così si alimentano paure latenti, nate dall’ignoranza del prossimo e dalle differenze ideologiche, culturali, rituali e di costume, trasformandole in identità collettive ostili. In questo modo, l’attenzione delle masse viene deviata verso presunti nemici “interni” o “esterni” — l’islam, e in parte il cristianesimo — mentre le vere questioni socio-economiche rimangono sullo sfondo.

Va ricordato, tuttavia, che l’induismo non è una religione monolitica, bensì un insieme di insegnamenti, pratiche e devozioni provenienti da molteplici maestri, incarnazioni divine e divinità. Ciascuno è libero di scegliere la propria via: non si tratta dunque di un sistema compatto e rigido come l’immagine che certi governi cercano di costruire a fini politici.

Torri ha anche ricordato che la conflittualità tra hindu e musulmani non appartiene alla storia profonda dell’India. Al contrario, per secoli la convivenza fra le due comunità è stata resa possibile da una dimensione spirituale condivisa: il misticismo, nelle sue diverse espressioni religiose. Era proprio il misticismo, spiega il professore, a costituire il ponte che univa mondi apparentemente opposti. Nel sufismo islamico, maestri come Nizamuddin Auliya e Moinuddin Chishti predicavano l’amore universale e la comunione di tutti gli esseri in Dio, rifiutando la logica della separazione. Allo stesso modo, nella tradizione bhakti hindu, poeti e santi come Kabir, Mirabai, Tulsidas e Chaitanya celebravano la devozione personale e l’esperienza diretta del divino, al di là delle caste e dei dogmi. Persino figure come Sai Baba di Shirdi, venerato insieme da hindu e musulmani, incarnavano questa visione unitaria dell’amore sacro.

A tale corrente si ispirò anche il grande imperatore Akbar, nel XVI secolo, fondatore del Din-i Ilahi, con cui cercò di armonizzare le religioni dell’India in una visione sincretica di tolleranza e conoscenza reciproca. Come ha sottolineato Torri, questo tessuto spirituale condiviso rappresentava la vera forza dell’India: una civiltà in cui la ricerca mistica dell’Uno permetteva di superare le differenze ideologiche, culturali e sociali. Era il misticismo, dunque, a custodire la pace, perché dove si riconosce l’unità del divino non può attecchire l’odio.

Con l’irruzione del colonialismo britannico, però, quell’equilibrio si spezzò. L’imposizione di categorie, divisioni e classificazioni irrigidì ciò che prima era fluido, e la politica moderna — erede di quella logica divisoria — continua ancora oggi ad alimentare identità contrapposte.

Mi sono allora chiesto se non sia proprio il misticismo, quella capacità di vedere nell’altro il riflesso dello stesso Dio, a poter ancora salvare l’umanità. Non come fuga dal mondo, ma come ritorno al suo centro. Torri stesso ha affermato che il misticismo nasce dalla certezza, estranea all’Occidente, di poter conoscere Dio in questa vita terrena, e non solo dopo la morte.

Al termine dell’intervento ho avuto la fortuna di potermi intrattenere con il professor Torri per esprimergli la mia ammirazione. In quell’occasione mi ha confidato un’esperienza profondamente personale: la perdita della moglie dopo cinquantadue anni di matrimonio e come, proprio grazie a lei, durante la loro vita insieme, si sia avvicinato al volto più mistico dell’India, che gli ha aperto orizzonti interiori altrimenti difficili da raggiungere. Mi ha colpito la serenità con cui ne parlava: dalle sue parole trasparivano l’amore profondo e la stima ancora viva per la compagna di una vita. Una testimonianza preziosa e rara del legame tra un uomo e una donna uniti da un autentico sentimento spirituale.

Dopo quell’incontro, gli ho inviato — insieme alla promessa di acquistare la sua trilogia in italiano — un piccolo libro che raccoglie i principali insegnamenti di Shri Mataji Nirmala Devi, fondatrice del metodo della Meditazione Sahaja Yoga. Un insegnamento semplice e universale, diffuso e praticato gratuitamente in tutto il mondo, che consente a chiunque di sperimentare in sé il misticismo indiano, cristiano e islamico: forse non con la profondità dei grandi maestri, ma con la stessa apertura del cuore. È un metodo che insegna ad accogliere le altre culture e religioni non come barriere, ma come rami di un medesimo albero: espressioni diverse di una stessa radice spirituale.

Purtroppo, gli esseri umani, spesso per interesse o mediocrità, non riescono a coglierne la totalità e finiscono per dividere ciò che dovrebbero contemplare, impadronendosi di una parte per usarla contro gli altri. E forse è proprio questa la riflessione che porterò con me del professor Torri: le civiltà possono sopravvivere solo quando ricordano che l’essenza dell’essere umano non è nella conquista, ma nella compassione, nella conoscenza e nell’amore che trascende le differenze.

Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.

Commenti Scrivi e lascia un commento

Condividi le tue opinioni su Il Giornale d'Italia

Caratteri rimanenti: 400

Articoli Recenti

x