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Italiani popolo di ferro? Ma mi faccia il piacere.....

06 Ottobre 2025

Italiani popolo di ferro? Ma mi faccia il piacere.....

«Popolo di ferro». Così recita un noto spot in onda ormai da settimana; impossibile non beccarlo tra uno zapping e l'altro. Binari che uniscono, ponti che superano le divisioni, una voce profonda che ci ricorda quanto siamo resilienti, duri, invincibili.
Totò, che ne aveva viste più di noi, avrebbe alzato il sopracciglio e detto: «Ma mi faccia il piacere». Perché raccontare l’Italia come un blocco di ferro coeso, eroico e vibrante è affascinante, certo. Ma il punto è che ’Italia non è mai stata “di ferro”. Semmai è di stagno, di bronzo, di ghisa e con qualche bullone allentato. Più che ferro, spesso latta.

Partiamo dalla storia, quella vera. Il cosiddetto “popolo italiano” non è sempre esistito. È un’invenzione recente, come l’aperitivo con lo spritz. Fino al 1861 eravamo un mosaico di staterelli, signorie, ducati, regni e occupazioni straniere. Un napoletano e un piemontese avevano meno in comune di un francese e un belga. Altro che “una sola nazione”.

E la bandiera? Il tricolore nasce nel 1797 nella Repubblica Cispadana, sotto la protezione di Napoleone. Poi cambia forma, significato, stemma: Repubblica Cisalpina, Italiana, Regno d’Italia napoleonico, poi monarchia sabauda, poi fascismo, poi la Repubblica. L’abbiamo cambiata più volte noi che i francesi, e loro hanno fatto fior di rivoluzioni.

Siamo il Paese dove il trasformismo è virtù. In guerra entriamo con una parte, usciamo con l’altra. Nel 1915 ci giriamo contro gli austriaci. Nel 1943, dopo vent’anni di “Duce, Duce!”, voltiamo le spalle ai nazifascisti e ci consegniamo agli Alleati. Un popolo “di ferro” non cambia così spesso bandiera, alleati, ideali. Lo fa chi sa piegarsi.

Eppure, oggi ci raccontano un’altra favola. Quella dell’Italia che resiste, che costruisce, che viaggia spedita sui binari dell’orgoglio nazionale. Che siamo forti, duri, compatti. Nonostante le frane, i cantieri eterni, le linee chiuse, i treni soppressi e i pendolari stipati come sardine. Altro che “popolo di ferro”: siamo un popolo che si sveglia alle 5 per arrivare al lavoro alle 9, se tutto va bene. Che lotta con app in crash e ascensori perennemente fuori servizio.

Non è questione di mancanza di orgoglio, ma di realismo. L’Italia non è mai stata un monolite. È un Paese complesso, pieno di sfumature, ambiguità, cambi di rotta. Il suo popolo è resiliente, sì, ma spesso passivo, rassegnato. La sua storia è fatta più di adattamenti che di eroismi, più di furbizie che di battaglie epiche.

Allora sì, raccontiamoci pure che siamo di ferro. Ma con l’onestà di aggiungere: ferro che arrugginisce, che cigola, che va oliato spesso. Ferro che si piega alle stagioni politiche, alle narrazioni del potere, alle esigenze elettorali.

In fondo, il vero miracolo italiano non è resistere come l’acciaio, ma sopravvivere come il legno tarlato. Flessibili, creativi, contraddittori. Altro che ferro: siamo un popolo di materiali misti, con l’anima in plastica e la memoria corta.

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