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"La libertà innanzi tutto e sopra tutto"
Benedetto Croce «Il Giornale d'Italia» (10 agosto 1943)

Oltre il linguaggio ricorsivo, destrutturare il bias di conferma, uscire dai loop narrativi, riprogettare l’identità

Il salto evolutivo che non possiamo più rimandare

28 Giugno 2025

La vita non è una corsa, la società della prestazione e i cinque rimpianti fondamentali: una riflessione urgente sulla salute mentale

fonte: pixabay

La storia che si ripete

Avete mai osservato quella scena?

La nonna che racconta, per l’ennesima volta, la stessa storia: stesse pause, stesse inflessioni, lo stesso sorriso sul finale.

E il nipote che sbuffa: “Ma nonna, me l’hai già raccontata mille volte…”.

Sembra tenerezza.

Sembra nostalgia.

Sembra il passato che si ostina a non voler morire.

E invece è molto di più.

È il segreto più rimosso — e imbarazzante — del funzionamento della mente umana.

È il linguaggio ricorsivo.

Il cuore della mente (e la sua trappola)

Il linguaggio ricorsivo non è un difetto. È il cuore stesso del nostro pensiero.

Un meccanismo potente, creativo, essenziale che plasma le nostre vite più di quanto riconosciamo.

È ciò che ci permette di costruire pensieri complessi, narrazioni e culture.

Ma è anche ciò che, se lasciato senza coscienza, ci incatena ai nostri copioni esistenziali trasformando la nostra identità in un disco rotto.

Ripetiamo chi siamo, perché abbiamo bisogno di crederci.

Ripetiamo ciò che conferma la nostra storia, perché tutto ciò che la contraddice ci spaventa e ci disorienta.

Quando la ripetizione incontra la paura, nasce il bias di conferma:

il processo per cui selezioniamo inconsapevolmente solo ciò che rafforza le nostre convinzioni.

La combinazione tra linguaggio ricorsivo e bias di conferma è la matrice — invisibile e potentissima — che plasma ogni nostra visione del mondo.

Nel bene. E nel male.

La trappola invisibile

Quando reagiamo in modo sproporzionato a qualcosa — una critica, uno sguardo, una frase oppure un gesto — il problema non è (solo) fuori.

È dentro.

È la ferita non elaborata.

È il trauma silente che si riattiva.

È la tensione non risolta che cerca un bersaglio.

La realtà, spesso, non fa altro che premere il grilletto.

Ma il proiettile è già nella nostra tasca.

E allora reagiamo.

E mentre reagiamo, costruiamo narrazioni per giustificare la reazione.

E mentre le ripetiamo, finiamo per crederci.

E più ci crediamo, più dimentichiamo di vederle come narrazioni e iniziamo a scambiarle per 

Il carburante del pensiero tribale

Il bias di conferma è un dispositivo di risparmio cognitivo.

Il cervello, per non andare in crisi, cerca coerenza.

L’identità, per restare integra, deve essere confermata e rafforzata.

È così che:

• si radicano ideologie,

• si cristallizzano identità,

• si tengono in piedi relazioni tossiche e narrazioni distorte,

• si alimentano guerre, divisioni e polarizzazioni.

È il collante che tiene insieme il nostro senso di sé.

Ma può diventare anche la gabbia che impedisce ogni reale trasformazione.

L’AI come specchio (non neutrale)

L’intelligenza artificiale non è un oracolo.

Non è magica.

È uno specchio deformante della mente umana.

Impara da noi.

E cosa assorbe?

• il nostro linguaggio ricorsivo,

• i nostri bias cognitivi,

• le nostre paure e pregiudizi.

Se l’essere umano non evolve, l’AI non farà altro che amplificare su scala globale i nostri stessi errori. La sua “intelligenza” sarà il riflesso delle nostre limitazioni non superate.

Il vero salto è cognitivo, non tecnologico

Il futuro non si gioca sull’AI.

Si gioca su di noi.

Serve un’evoluzione del pensiero umano, non solo delle macchine.

Occorre disinnescare la ricorsività patologica e potenziare la coscienza.

Serve un passaggio:

• dal pensiero ricorsivo a quello generativo,

• da un’identità rigida a una identità fluida, dialogica, relazionale,

• da un sistema chiuso di conferme a un pensiero critico, creativo e flessibile.

Il manifesto del pensiero generativo

• Io non sono il mio passato.

• Non sono la mia storia.

• Non sono il mio trauma.

• Non sono il mio copione narrativo.

• Non sono ciò che ho creduto di essere per sopravvivere.

• Io sono il respiro che attraversa tutto questo — e che può generare qualcosa di nuovo.

La vera libertà non è scegliere cosa fare.

È scegliere cosa pensare.

È scegliere cosa raccontare di sé a sé stessi.

Perché ogni volta che ripeti chi sei, senza metterlo in discussione, stai scolpendo la tua prigione.

Il futuro che ci aspetta

Il futuro dell’umanità — e dell’intelligenza artificiale — dipende dalla nostra capacità di uscire dai loop narrativi che ci tengono fermi.

Non ci serve un’AI super intelligente.

Ci serve un essere umano finalmente più libero dalla schiavitù invisibile del proprio stesso pensiero.

Occorre rallentare.

Acquisire coscienza dei nostri assunti di base.

Riconsiderarli.

Ripensarsi.

Ridefinirsi.

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Rifletti. Condividi. Trasforma.

di Edoardo Trifirò – Psicologo e consulente in sessuologia

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