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"La libertà innanzi tutto e sopra tutto"
Benedetto Croce «Il Giornale d'Italia» (10 agosto 1943)

Perché reagiamo così? La psicologia della carica esplosiva che rovina le relazioni, il problema è ciò che ci portiamo dentro

La verità è che molto spesso siamo noi a trascinarci dietro una quantità tale di cariche emotive irrisolte da rendere instabili tutte le connessioni

27 Giugno 2025

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Fonte: Pixabay

C’è una verità scomoda che, prima o poi, la vita ci sbatte in faccia: quando abbiamo una reazione spropositata, il problema non è mai ciò che accade fuori. Il problema è ciò che ci portiamo dentro.

Non è l’evento esterno, il collega, il partner, il genitore, il vicino che “ci fa arrabbiare”. È la carica esplosiva non risolta che stiamo ancora trascinando con noi. Lo stimolo esterno è solo il dito che preme il grilletto. Ma la munizione… quella è già lì, pronta da tempo.

Il grilletto non è il problema. La pallottola sì.

Se provocati, possiamo passare la vita a lamentarci del mondo, delle persone, delle loro mancanze. Oppure possiamo porci una domanda molto più scomoda, ma infinitamente più trasformativa:

“Qual è la carica esplosiva che sto ancora portando dentro di me?”
“Qual è il trauma irrisolto che questo evento ha appena attivato?”

Perché la verità è brutale, ma liberante: se non ci fosse quella carica, lo stesso stimolo passerebbe sopra di noi come il vento sulle foglie.

Perché reagiamo così tanto… per così poco?

Quando qualcosa di apparentemente banale ci fa scattare, è il segnale chiaro che lì sotto cova un contenuto sommerso. Una memoria emotiva non digerita. Una ferita antica. Un nodo irrisolto che si riattiva nelle dinamiche quotidiane, soprattutto nelle relazioni più intime: coppia, famiglia, amicizie, lavoro. E si manifesta continuamente. Con rabbia. Con rancore. Con eccessiva difesa. Con silenzi punitivi. Con chiusure, rotture, conflitti che sembrano scoppiare dal nulla. Ma il nulla non esiste. Quel nulla sono le nostre ombre.

Le relazioni non finiscono per colpa degli altri. Finiscono per la bomba che portiamo dentro.

La maggior parte delle persone è convinta che siano gli altri a farle soffrire. Che siano gli altri a essere tossici, cattivi, egoisti, insensibili.

La verità è che molto spesso siamo noi a trascinarci dietro una quantità tale di cariche emotive irrisolte da rendere instabili tutte le connessioni.

• Se non hai lavorato sul senso di abbandono, ogni distanza dell’altro sarà una ferita intollerabile.
• Se non hai guarito la paura di non essere abbastanza, ogni critica diventerà un attacco devastante.
• Se non hai integrato il trauma del rifiuto, ogni “no” suonerà come una condanna esistenziale.

In questo modo, non viviamo più il presente, ma reagiamo al passato. Viviamo come se ogni persona fosse il riflesso deformato di chi ci ha feriti ieri.

La responsabilità scomoda… e salvifica. Smettere di pensare che siano gli altri a innescare la nostra rabbia, il nostro dolore o la nostra ansia è il primo passo verso la libertà.

Non significa giustificare comportamenti scorretti, ma comprendere che la qualità della nostra vita relazionale non dipende dagli altri. Dipende da quanta polvere da sparo abbiamo ancora dentro.

Finché non disinneschiamo la bomba, ogni relazione sarà un campo minato.
Il trauma non elaborato è una miccia sempre accesa.

• Lo capisci quando reagisci troppo.
• Lo capisci quando perdi il controllo senza sapere perché.
• Lo capisci quando sei ipersensibile a certe parole, certi toni, certi atteggiamenti.

Il problema non è ciò che fanno gli altri. È ciò che quelle azioni risvegliano dentro di te.

Cosa fare? Il lavoro più urgente della nostra vita.

Il lavoro non è cambiare il mondo. Non è cambiare gli altri. Non è trovare persone perfette.
Il lavoro è disinnescare la bomba. È sedersi accanto alle proprie ferite. È smettere di evitarle. È smettere di proiettarle fuori, sugli altri. È ascoltarle, guardarle, accoglierle, integrarle. Solo allora potremo rispondere, invece che reagire. Solo allora il presente smetterà di essere un film girato nel passato.

Una scelta di libertà. Una scelta di amore.

Non è facile. È il lavoro più duro che esista. Ma è anche l’unico che ha senso. Perché non riguarda solo noi. Riguarda ogni persona che amiamo, ogni relazione che vogliamo costruire, ogni futuro che desideriamo generare.

Se non disinneschiamo la bomba che portiamo dentro, continueremo a costruire guerra. Nelle coppie, nelle famiglie, nella società, ovunque.

Se invece la disinneschiamo, possiamo finalmente costruire pace. Dentro e fuori.
Per riflettere, per crescere, per trasformare.

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di Edoardo Trifirò – Psicologo e consulente in sessuologia

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