18 Maggio 2025
L’invenduto dell’asta serale di Sotheby’s a New York dedicata all’arte moderna ha scosso il mercato come un profit warning. Il busto Grande tête mince (1955) di Alberto Giacometti – valutato oltre 70 milioni di dollari – non ha trovato compratori, chiudendo con una sola offerta insufficiente da 64,25 milioni. La mancata vendita è significativa perché riguarda uno dei nomi più solidi nel paniere degli artisti “blue chip”, quelli considerati più stabili e liquidi per gli investitori. In un contesto macro di rialzo dei tassi e riposizionamento dei portafogli, l’arte high-end mostra un rallentamento. “Il fallimento del Giacometti è un segnale forte: anche l’arte di primissima fascia non è più al riparo dalla selettività del mercato”, ha spiegato Peter Bentley Brandt, advisor per ArtNews. Le aste svolgono oggi un ruolo strategico, i risultati di vendita influenzano direttamente stime assicurative, valutazioni patrimoniali e decisioni di cessione o holding da parte di collezionisti, trust e fondazioni. Nonostante il caso Giacometti, Sotheby’s ha chiuso la serata con 186,4 milioni di dollari di aggiudicazioni (incluse commissioni), evidenziando una performance solida nella fascia medio-alta del mercato. Tra i lotti più richiesti, Homme assis di Pablo Picasso ha raggiunto 15,1 milioni, Leaves of a Plant di Georgia O’Keeffe ha superato i 13 milioni dopo una competizione vivace, mentre La Traversée difficile di René Magritt ha sfiorato la stima minima con 10,04 milioni. Il quadro complessivo suggerisce una polarizzazione del mercato: rallenta la fascia ultra-high, mentre si rafforza l’interesse per opere con valutazioni comprese tra i 5 e i 10 milioni di dollari – considerate più liquide, meno esposte a fallimenti d’asta e con potenziale di rivalutazione maggiore.
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